Quando il giovanotto si fu scostato, uscì dalla sua mente. Trixia era più… focalizzata… di quanto l’avesse mai vista.
Ed Ezr Vinh cominciò a capire.
La guardò per un poco, vide gli schemi espandersi nelle finestre, le scelte originare modifiche, gli elenchi grafici cambiare. Infine le chiese, con voce priva di vita. — Allora, come vanno le cose, Trixia?
— Bene. — La risposta fu immediata, il tono esattamente quello più distratto della vecchia Trixia. — I libri della biblioteca dei Ragni sono meravigliosi. Ora ho una comprensione dei loro grafemi. Nessuno ha mai visto una cosa simile, fatto una cosa simile. I Ragni non vedono come noi. Il processo di percezione occhio-cervello è più complicato per loro. Se non fosse stato per i loro libri io non avrei mai immaginato il concetto di grafemi scissi. — La sua voce era distante, un po’ eccitata. Nel parlare non guardava lui, e continuava a toccare le opzioni. Con gli occhi più abituati a quella penombra Ezr notò piccoli particolari che lo spaventarono. La tuta da lavoro di lei era fresca, ma sul davanti c’erano macchie di sugo. I suoi capelli, benché tagliati corti, erano spettinati e untuosi. Una briciola di cibo — o un pezzetto di muco — era appiccicato al suo labbro superiore.
Non è neppure in grado di lavarsi? Ezr si volse alla porta. Il cubicolo non era neppure grande a sufficienza per tre persone, e la Reynolt era rimasta a fluttuare sulla soglia, con una mano sullo stipite. Li stava guardando entrambi con interesse professionale. — La dottoressa Bonsol ha ottenuto buoni risultati, migliori di quelli dei nostri linguisti, che pure sono focalizzati fin dalla scuola superiore. Grazie a lei avremo la conoscenza della loro lingua scritta ancor prima che i Ragni tornino alla vita.
Ezr toccò ancora una spalla di Trixia, e di nuovo lei si scostò. Non era un moto di ripugnanza o di paura, ma la reazione che si poteva avere verso un insetto molesto. — Ti ricordi di me, Trixia? — Non ci fu risposta, ma lui fu certo che ricordava… solo che non era un ricordo abbastanza importante da meritare un commento. Era una principessa stregata, e solo il malvagio stregone poteva svegliarla. Ma quella stregoneria non sarebbe avvenuta se lui avesse ascoltato i sospetti della principessa, e se fosse stato d’accordo coi Consiglieri che volevano l’attacco preventivo. — Mi dispiace molto, Trixia.
La Reynolt disse: — Per oggi può bastare così, direttore di flotta. — Gli accennò di uscire dalla stanzetta.
Ezr si fece indietro. Lo sguardo di Trixia non lasciò il lavoro. Era stata anche la sua capacità di concentrazione ad attrarlo. La ragazza era una trilandese, una dei pochi che s’erano uniti alla spedizione Qeng Ho senza portarsi dietro una piccola famiglia o essersi fatta degli amici intimi. Lei aveva sognato di apprendere tutto su dei veri alieni, di studiare cose che gli umani non avevano mai visto. Il suo sogno l’aveva indotta a sfidare le distanze e i tempi del viaggio interstellare. Ora aveva quello per cui s’era tanto sacrificata… e nient’altro.
Sulla porta Ezr si voltò a guardarle la testa, da dietro. — Sei felice? — le domandò con voce debole, senza aspettarsi davvero una risposta.
La ragazza non si voltò, ma il contatto delle sue dita sulle finestre s’interruppe. Se la faccia e il contatto di Ezr non le avevano fatto alcuna impressione, le parole di una domanda sciocca l’avevano colpita. Da qualche parte dentro di lei quelle parole, filtrate attraverso strati di Focus, furono analizzate rapidamente. — Sì, molto. — E il lavoro delle sue dita ricominciò.
Ezr rientrò nel provvisorio senza ricordare nulla del viaggio di ritorno. Non avrebbe saputo dire se l’aveva fatto insieme alla Reynolt o da solo. Riemerse da quella nebbia quando per poco non si scontrò con Benny Wen, in fondo al corridoio dei compartimenti stagni.
Benny voleva parlare con lui. — Siamo tornati qui più in fretta di quanto avrei creduto. Non immagini quanto siano veloci i piloti che Xin ha portato con sé. — Abbassò la voce. — Una di loro era Ai Sun. Te la ricordi, no? Lavorava sulla Mano Invisibile, una dei navigatori. Una della nostra gente. Ma… dentro è come morta, Ezr. Proprio come gli altri piloti, e i programmatori Emergenti. Xin ha detto che è stata focalizzata. Quando gli ho chiesto cosa significa, lui mi ha detto di domandarlo a te. Ezr, tu sai che mio padre è ad Hammerfest. Ora, cosa…
Questo fu tutto ciò che Ezr ricordò, prima di ripiombare in quella nebbia. Forse aveva gridato qualcosa a Benny, forse lo aveva spinto via. Lei stesso spiegherà il Focus alla sua gente, e lo faccia in modo che anch’essi sappiano adattarsi, affinché quel che resta delle nostre spedizioni possa sopravvivere.
Quando Ezr tornò alla ragione…
Stava fluttuando da solo nel parco centrale, senza sapere come c’era arrivato. Tutto intorno a lui le chiome fronzute degli alberi estendevano i rami fino a sfiorarlo, sopra e sotto e ai lati. C’era un vecchio detto: senza una fossa batterica gli umani non potevano avere un habitat; senza un parco gli umani non potevano avere un’anima. Anche sulle naviram in viaggio fra le stelle c’erano sempre i bonsai del comandante. Nei grandi provvisori e negli habitat più antichi intorno a Camberra e Namquem, il parco era lo spazio più vasto all’interno della costruzione, chilometri e chilometri di natura verde. Ma anche i parchi più piccoli erano progettati con la millenaria esperienza tecnica dei Qeng Ho. Questo dava l’impressione di una foresta sterminata, con creature grandi e piccole in attesa dietro ogni albero. Mantenere l’equilibrio ecologico fra le creature viventi del parco era uno dei più difficili impegni del provvisorio.
Fra la vegetazione stagnava una greve penombra, più oscura nella direzione definita il “basso”. In quella opposta c’era un’illusione di cielo azzurro, oltre le piante. Ezr fluttuò in cerca del terreno per essere a contatto di qualcosa di solido. Non fu un tragitto lungo; il parco era largo in realtà solo una dozzina di metri. Lui si ancorò all’erba presso un tronco d’albero e ascoltò i rumori della vegetazione nella sera. Un pipistrello saettò nel cielo, e da qualche parte un nido di farfalle tintinnava dolcemente. Il pipistrello era probabilmente una proiezione. Un parco così piccolo non poteva permettersi animali di quella taglia, ma le farfalle tintinnanti erano vere.
Per un poco i pensieri si allontanarono da lui, nella quiete…
… e quando tornarono erano un groviglio di spine. Jimmy era morto. E Tsufe, e Pham Patil. Nella loro follia s’erano portati dietro centinaia d’altri, compresi quelli che ora avrebbero saputo cosa fare. Eppure io sono ancora vivo.
Appena mezza giornata prima, sapere quel che era successo a Trixia lo avrebbe reso folle di rabbia. Ora quella rabbia si smorzava contro la sua vergogna. Lui aveva la sua parte di responsabilità per il massacro avvenuto sulla Tesoro Lontano. Se Jimmy avesse avuto un po’ più di “successo” anche Hammerfest avrebbe fatto la stessa fine. Era stato un maniaco, complice di altri pazzi scatenati, per arrivare a un atto maligno di quel genere? No, no, no! E tuttavia, come risultato finale, Jimmy aveva ucciso buona parte dei superstiti del primo attacco a tradimento. E ora io devo fare ammenda. Devo spiegare il Focus alla mia gente, in modo che lo accettino e che quanto resta dei nostri due gruppi possa sopravvivere.