— Voi siete cosa? — aveva esclamato Unnerbai. Intorno a loro stava scrosciando una pioggia calda; forse non aveva capito bene.
— Mi hai sentito, Hrunkner. Il generale e io siamo moglie e marito. — Underhill stava sogghignando come un idiota.
Victreia Smait aveva alzato una mano puntuta. — Una cosa, però. Non chiamarmi generale.
Di solito Unnerbai era capace di mascherare le emozioni, ma Underhill s’era accorto di averlo lasciato sbalordito e il suo sogghigno s’era allargato. — Sicuramente sapevi che c’era qualcosa fra noi anche prima della Grande Tenebra, no?
— Be’… –
Sì, anche se era stato improbabile che ne venisse fuori qualcosa, quando la passeggiata nella Tenebra di Sherkaner si prospettava come una specie di suicidio. Lui s’era anzi sentito triste per quei due.
In effetti avevano formato una squadra formidabile. Sherkaner Underhill aveva più idee brillanti di chiunque il sergente avesse conosciuto, ma molte erano poco pratiche, se non altro perché irrealizzabili entro la durata della vita di una persona. D’altra parte Victreia Smait aveva intuito per quelle che avrebbero avuto un risultato nella pratica. Se lei non fosse stata nel suo ufficio quel pomeriggio di tanti anni prima lui, Unnerbai, avrebbe rimandato a calci il povero Underhill fino a Principalia… e il piano per vincere la guerra non sarebbe mai esistito. Dunque, se non fosse stato per il periodo da loro scelto, quella notizia non lo avrebbe sorpreso. E se Victreia Smait era il nuovo direttore del Servizio Informazioni dell’Alleanza, la patria non avrebbe potuto che guadagnarci. — Ma i figli? Non ora, naturalmente.
— Ecco, il generale è incinta. Io avrò due figli sulla mia schiena, fra meno di un anno.
Unnerbai s’era accorto di essere imbarazzato al punto di succhiarsi le mani nutritive. Le aveva abbassate, gorgogliando qualcosa di incomprensibile. Per qualche minuto avevano viaggiato in silenzio, con la pioggia calda che scrosciava sui finestrini. Come possono fare una cosa simile ai loro figli?
Alla fine il generale Smait aveva detto con calma: — Questo è un problema per lei, Hrunkner?
Unnerbai s’era portato di nuovo le mani nutritive alla bocca. Lui conosceva Victreia Smait da quando lei era giunta a Comando Territoriale, una tenente giovane e snella, troppo giovane, nata evidentemente fuori-fase. E tuttavia così ben istruita da essere ammessa alla scuola ufficiali. A quei tempo girava voce che Victreia fosse figlia di un ricco pervertito della Costa Orientale, la cui famiglia lo aveva diseredato e fingeva che lei non fosse neppure nata. Unnerbai ricordava le battute maliziose e i pettegolezzi che l’avevano seguita ovunque per il primo quarto di anno. In effetti, il primo sintomo che fosse destinata a qualcosa di grande era stato il coraggio e l’intelligenza con cui fronteggiava l’ostracismo dato a chi nasceva nel periodo socialmente sbagliato.
Infine Unnerbai aveva ritrovato la voce. — Uh, nessun problema, signora, glielo assicuro. Non volevo mancarle di rispetto. È solo che io sono stato educato a pensare in un certo modo. — Su come la gente per bene dovrebbe vivere. La gente per bene concepiva i figli negli anni del Sole Calante, e li partoriva con il Nuovo Sole.
Il generale Smait non aveva risposto, ma Underhill gli aveva dato una pacca sul guscio. — Non preoccuparti, sergente. Tu non hai visto la reazione dei miei cugini. Ma aspetta e vedrai; le cose cambieranno. Quando avremo tempo ti spiegherò perché le vecchie regole non hanno più senso. — E quella era la cosa più inquietante di Sherkaner Underhill; probabilmente lui era in grado di spiegare il loro comportamento… e di restare indifferente e distaccato dinanzi alla rabbia che avrebbe causato nel prossimo.
Ma quell’imbarazzante momento era passato. Se quei due riuscivano a sopportare la sua mentalità rigida e diretta, Unnerbai avrebbe fatto del suo meglio per ignorare i loro… capricci. Il cielo sapeva se durante la guerra lui non aveva sopportato cose peggiori. Inoltre Victreia Smait era il tipo che riusciva a crearsi una sua etica, e una volta creata era profonda e sincera più di quella di chiunque altro.
In quanto a Underhill… la sua attenzione era già altrove. Quel tremito nervoso lo faceva apparire anziano, ma la sua mente era limpida — o bizzarra — come sempre. Balzava da un’idea all’altra, mai riposando come sarebbe stato normale. La pioggia s’era fermata, e soffiava un vento caldo e secco. Mentre entravano nel territorio più irregolare, Unnerbai controllò l’orologio e cominciò a contare quante stranezze l’altro avrebbe snocciolato nei minuti successivi. (1) Indicando le prime piante corazzate della boscaglia, Underhill si chiese cosa sarebbe successo se anche la razza dei Ragni fosse rinata da spore dopo ogni Tenebra, invece di emergerne già adulta e coi figli. (2) Apparve uno squarcio fra le nuvole più avanti, fortunatamente parecchi chilometri fuori dal loro percorso. Per un poco sulla vettura scese una luce così intensa che dovettero chiudere le tendine da un lato. Più a monte della loro zona la luce diretta stava cuocendo i pendii delle montagne, e Sherkaner si domandò perché non si costruivano “fabbriche a caldo” sui monti, usando la differenza di temperatura per alimentare con l’elettricità i centri abitati della pianura. (3) Un essere vivente di colore verde attraversò la strada evitando per miracolo l’auto; Sherkaner prese anche questo come spunto per dire qualcosa sull’evoluzione e l’automobile. E Victreia commentò che l’evoluzione era un’arma a doppio taglio. (4) Underhill aveva però un’idea per dei mezzi di trasporto molto più sicuri delle auto e degli aerei. — Dieci minuti da Principalia a Comando Territoriale, venti minuti per attraversare il continente. Basta scavare dei tunnel in linea retta da un posto all’altro, svuotarli dell’aria, e lasciare che la gravità faccia il resto del lavoro. — Sull’orologio di Unnerbai c’era stata una pausa di cinque secondi, la prima. Poi: — Oops, qui c’è un piccolo problema. La soluzione tempo-minimo da Principalia a Comando Territoriale significherebbe scendere molto nel sottosuolo… almeno mille chilometri. Non potrei mai convincere il Comando a finanziarla.
— Su questo hai ragione — disse Victreia, e i due si lanciarono in una discussione sui percorsi ottimali nel sottosuolo e i loro vantaggi su quelli aerei. Venne fuori che l’idea dei tunnel era tutta da scartare.
Unnerbai smise di seguire le loro chiacchiere. Ma Underhill era molto curioso sul suo lavoro in campo edile, ed era un buon ascoltatore, e le sue domande gli diedero delle idee che non gli sarebbero mai venute. Un paio sembravano buone per fare denaro in fretta. Molto denaro. Mmh.
Victreia Smait osservò: — Ehi, a me fa comodo che questo sergente sia povero, perché abbia bisogno della paga militare. Non me lo mettere su una cattiva strada!
— Scusami, cara. — Ma Underhill non aveva un tono di scusa. — E passato del tempo, eh, Hrunkner? Avremmo dovuto vederci più spesso in questi ultimi anni. Ricordi la mia grande idea sul futuro?
— L’idea di colonizzare la Tenebra?
— Sì, proprio quella!
— Io ricordo solo che prima di cacciarci in quella profondità da bestie nel territorio Tiefer dicesti che questa è l’ultima Tenebra che la società attraverserà dormendo. In ospedale, dopo il risveglio, ne parlasti ancora. Tu dovresti scrivere romanzi di fantascienza, Sherkaner.
Underhill mosse una mano come se quello fosse un complimento immeritato. — In realtà se ne è già scritto in diversi romanzi, ma la nostra epoca potrebbe essere quella capace di realizzarlo.
Unnerbai scrollò le spalle. Lui aveva camminato nella Grande Tenebra; il pensiero lo faceva ancora rabbrividire. — Sono certo che ci saranno altre spedizioni nella Tenebra, più numerose e meglio equipaggiate della nostra. È un’idea eccitante, e scommetto che il general… scusi, il maggiore Smait, ha già fatto i suoi piani. Riesco perfino a immaginare che si combatteranno delle battaglie importanti nella Profonda Tenebra.