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E il loro successo finale poteva essere assai più grande di quel che lui aveva detto a Brughel. Più grande di quanto suo zio Alan aveva mai immaginato. Era una visione che sarebbe sfuggita allo stesso Nau, se non fosse stato per quel suo incontro coi Mercanti.

Zio Alan aveva sempre considerato con prudenza e attenzione ogni minaccia, e rispettato la tradizione balacreana delle operazioni di sicurezza preventiva. Ma neppure zio Alan s’era mai reso conto che loro stavano facendo i tiranni nell’orto di casa: Balacrea, Frenk e Gaspr. Lui aveva appena parlato a Brughel della storia di Camberra; c’erano molti altri esempi che avrebbe potuto usare, ma Camberra era il suo preferito. Mentre i suoi pari studiavano la storia degli Emergenti, integrata con poche sciocchezze di strategia locale, lui aveva studiato la storia dello Spazio Umano. Anche una catastrofe come l’Epidemia aveva analogie e precedenti su una scala così vasta. I conquistatori su scala spaziale facevano impallidire i balacreani. Così Tomas Nau s’era istruito sui grandi strateghi, da Alessandro il Macedone a Tarf Lu e Pham Nuwen. Di tutti costoro, Pham Nuwen, il più grande dei Qeng Ho, era il modello a cui Nau s’ispirava di più.

In un certo senso era stato Nuwen a creare i moderni Qeng Ho. Le trasmissioni dei Mercanti ne descrivevano la vita nei dettagli, ma c’erano altre versioni spesso contraddittorie. Alcuni dicevano che Nuwen fosse nato su Camberra prima dell’arrivo dei Qeng Ho, altri che si fosse unito ai Qeng Ho solo in età matura. Per alcuni secoli aveva costruito e plasmato quello che era un autentico impero mobile fra le stelle. Era stato l’Alessandro dello Spazio Umano, anche se, come Alessandro, il suo impero s’era subito frammentato. A quel tempo gli erano mancati gli strumenti necessari per consolidarlo.

Nau gettò un ultimo sguardo all’immagine bianca e azzurra di Arachna che spariva dietro Hammerfest. Ora aveva un sogno. Per il momento ne aveva parlato solo a se stesso. Da lì a pochi anni lui avrebbe sottomesso una razza non umana, una razza che un tempo aveva viaggiato fra le stelle. Da lì a pochi anni si sarebbe impadronito di tutti i segreti tecnici della flotta Qeng Ho. Con queste armi sarebbe diventato un secondo Pham Nuwen, e avrebbe potuto costruire un impero fra le stelle. Ma il sogno di Tomas Nau andava anche oltre, perché lui disponeva già dello strumento che era mancato a Nuwen e a Tarf Lu e a tutti gli altri. Il Focus.

La realizzazione di quel sogno era lontana metà di una vita, oltre la fine dell’Esilio, in un’epoca che lui non riusciva ancora a immaginare. A volte si chiedeva se non era una pazzia spingere i suoi progetti fin là. Ma quel sogno bruciante illuminava le sue notti.

Con il Focus, lui avrebbe potuto dominare a fondo tutto ciò che sarebbe riuscito a ottenere. L’Impero degli Emergenti di Tomas Nau avrebbe dilagato nello Spazio Umano. E sarebbe stato l’unico capace di vivere per sempre.

17

Ufficialmente, questo era certo, la birreria di Benny Wen non esisteva. Lavorandoci nel tempo libero Benny aveva liberato e ripulito alcuni spazi non utilizzati fra i palloni interni. Con l’aiuto di suo padre li aveva poi ammobiliati, aggiungendoci un bancone, sistemi per la pulizia a zero-G e una tappezzeria-video.

Dalle pareti sporgevano ancora infissi che non potevano essere asportati, ma erano stati dipinti a colori vivaci.

Allorché il suo Turno era in attività, Pham Trinli trascorreva buona parte del suo tempo libero oziando in quel locale. E di tempo libero ne aveva molto, da quando Qiwi Lisolet aveva dovuto sostituirlo alla stabilizzazione del materiale sfuso a causa di un lavoro alquanto rabberciato.

L’odore dell’orzo e del luppolo giunse alle nari di Trinli mentre apriva la porta per entrare. Alcune gocce di birra zigzagarono nell’aria e furono risucchiate dal filtro sopra la porta.

— Ehilà, Pham. Dove diavolo t’eri cacciato? Prendi una sedia. — I frequentatori del bar di Benny erano seduti presso il soffitto della sala giochi. Il loro tono era amichevole, ma in realtà lo stavano prendendo in giro. Trinli indirizzò loro un cenno di saluto e andò a sedersi allo stesso tavolo. Avrebbe preferito mettersi dall’altra parte della sala, ma gli altri tavoli erano occupati.

Trud Silipan agitò una mano verso il gestore, che fluttuava dietro il bancone. — Ehi, Benny, ragazzo, manda un po’ di roba e qualche birra da queste parti. E aggiungine una grossa per il nostro genio militare, che deve lubrificarsi la lingua.

Tutti risero, anche perché la replica del vecchio alla battuta fu un grugnito di indignazione. Trinli aveva lavorato duro per farsi la fama di uno che le sparava grosse sul proprio passato. Volevate sentire il resoconto di un’azione militare sanguinosa? Bastava sedersi nella stessa stanza con Pham Trinli quando aveva un globo di birra in mano. Naturalmente se avevate una certa esperienza di cose del genere potevate capire che erano storie in buona parte inventate… o che, quando non lo erano, la parte dell’eroe l’aveva in realtà fatta qualcun altro. Trinli si guardò attorno. Come al solito, più di metà dei clienti erano Emergenti della classe sociale dei Seguaci, ma nei loro gruppetti c’erano anche dei Qeng Ho. Erano trascorsi oltre sei anni dalla Riaccensione e dal “massacro di Diem”, ma per la maggior parte dei presenti erano meno di due anni di vita. I Qeng Ho superstiti s’erano adattati. Non si poteva dire che fossero stati assimilati dagli Emergenti ma, come Trinli, erano diventati parte integrante dell’Esilio.

Hunte Wen fluttuò attraverso la sala, con una reticella piena di bulbi e le tavolette di dolciumi che lui e Benny si procuravano illegalmente. Le chiacchiere tacquero un momento intanto che distribuiva le ordinazioni, ricevendone in cambio una firma sui pagherò stampati da lui.

Pham prese un bulbo di birra. Il contenitore era nuovo. Benny aveva dei parenti con le squadre che lavoravano sulle materie prime. L’impianto per il trattamento dei gas inghiottiva aria-neve, ghiaccio, terreno scavato dagli asteroidi di diamante, e produceva una quantità di sostanze compresa la plastica per i bulbi e i mobili.

Quel giorno sui bulbi c’era un’incisione artistica: “Birreria del Diamante Spaziale”, e Trinli la osservò con un sorriso mentre beveva. La novità era stata notata anche dagli altri, e Silipan commentò: — Ehi, Hunte, l’hai fatto tu questo disegno?

Il più anziano dei due Wen sorrise e annuì.

— Non credevo che tu fossi un artista. Mi sembrava che fossi una specie di scienziato, prima che ti de-focalizzassero.

— Un astrofisico. Io… uh, non ricordo molto di quella roba, adesso. Sto cercando di imparare altre cose.

Gli Emergenti chiacchierarono con Hunte Wen per qualche minuto. Erano cordiali — salvo Silipan — e sembravano sinceramente interessati alla salute mentale dell’anziano Qeng Ho. Trinli non aveva conosciuto Hunte Wen prima dell’attacco, ma gli avevano detto che era uno studioso di carattere cordiale. Be’, il carattere cordiale gli era rimasto. Sorrideva molto, anche se con l’aria di scusarsi di qualcosa. La sua personalità era come un vaso che fosse stato fatto a pezzi e poi incollato alla meglio; dava un’impressione di fragilità.

Wen intascò i pagherò e fluttuò verso il banco. Si fermò a mezza strada, girandosi verso la tappezzeria-video di una parete su cui si vedeva la collinetta del materiale sfuso e il sole, e rimase lì. Sembrava dimentico di tutto, catturato dai misteri della stella OnOff. Trud Silipan ridacchiò e si rivolse a Trinli. — Peggio di un ubriaco, eh? La maggior parte dei de-focalizzati non sono così.

Benny Wen lasciò il bancone e portò suo padre in un’altra stanza. Benny era uno degli arrabbiati, probabilmente il più noto fra quanti avevano fatto parte del complotto di Diem.