Le chiacchiere tornarono agli argomenti importanti del giorno. Jau Xin voleva trovare una donna disposta a trasferirsi dal Turno A al Turno B. Sua moglie aveva lavorato per tanto tempo in un altro Turno che alla fine lo aveva lasciato. Era una delle cose che ancora dovevano essere chiarite col caponave o col vice caponave, ma qualcuno disse che diverse donne Qeng Ho avevano già ottenuto favori del genere, in cambio di altre prestazioni. — Questi dannati Mercanti mettono il prezzo su tutto — brontolò Silipan.
Trinli colse l’occasione per raccontare loro la storia — vera, in realtà, ma con tali assurdità che tutti la credettero inventata — di una missione nello spazio comandata da lui. — In quel viaggio di cinquanta anni-luce avevamo solo quattro gruppi a fare i turni di veglia. Alla fine dovetti cambiare il regolamento e permettere di avere figli durante la missione. Tutti mi furono riconoscenti, al punto che…
Silipan gli diede di gomito nelle costole.
— Ehi, quando si parla del diavolo… ecco la tua cara amica. — Ci furono alcune risate. Tutti sapevano che Qiwi Lin Lisolet lo aveva sostituito.
La ragazza era appena entrata nel locale; si girò a mezz’aria e scese accanto a Benny dietro il bancone. — Allora, Benny, hai avuto quelle cassette. Gonle può trovarti altri due… — La sua voce si abbassò e fu sommersa dalle altre. Qiwi sembrava comunque molto occupata in qualche suo affare con Benny Wen.
— Buona quella — grugnì Silipan. — Fra le femmine che sanno a chi rivolgersi per avere favoritismi, lei è la campionessa. — La cosa era ampiamente nota, ma l’uomo continuò. — Vi dirò una cosa, di questa Qiwi Lisolet. Voi sapete che io dirigo le testerapide per conto della Reynolt; forniamo assistenza agli annusatori di Ritser Brughel. Io ho parlato con quei ragazzi. La nostra signorina Lisolet è sulla loro lista. È coinvolta in più ruberie di quanto potreste immaginare. — Indicò i mobili intorno a sé. — Ad esempio, da dove pensate che venga tutta questa plastica? Ora che ha avuto il vecchio lavoro di Pham Trinli, risterza le materie prime come piace a lei, e ruba una parte della produzione per venderla a gente come Benny.
Uno degli altri Emergenti alzò il bulbo di birra. — E Benny la rivende a gente come noi.
Tutti risero, ma Pham Trinli non li stava ascoltando. Nel guardare Qiwi Lin Lisolet vedeva, in un certo senso, se stesso. La persona che lui era stata molto, molto tempo prima. Qiwi aveva otto o nove anni, gli sembrava, all’inizio di quel viaggio, ed era cresciuta fra le stelle insieme alle squadre di turno, invece di dormire per tutto il tempo come la maggior parte degli altri. Ora si trovava immersa in una cultura completamente nuova per lei, e tuttavia sopravviveva e sapeva affrontane le sfide e i cambiamenti. Era una vincente.
Pham dimenticò i compagni di bevute. Non stava più guardando neppure. Qiwi Lin Lisolet. La sua mente era tornata a un passato distante più di tremila anni, tre millenni che per lui erano trascorsi durante tre secoli di vita soggettiva.
Camberra. Pham aveva tredici anni ed era il figlio più giovane di Tran Nuwen, Re delle Terre del Nord. Pham era cresciuto fra intrighi di palazzo, veleni e sanguinosi episodi di cappa e spada, in un freddo castello di pietra sulla costa di un mare selvaggio. Se la sua vita si fosse svolta lì, lui sarebbe finito vittima di qualche tranello… o forse sarebbe diventato Re. Ma all’età di tredici anni il suo mondo era cambiato. Un mondo che ricordava la radio e il volo soltanto nelle leggende era stato contattato da una flotta di commercianti interstellari, i Qeng Ho. Pham ricordava ancora la spianata che i propulsori delle loro navette avevano sgombrato dalle erbacce, a sud del castello. In un solo anno la politica feudale di Canberra era stata sovvertila.
I Qeng Ho avevano investito denaro in quella spedizione formata da tre grandi astronavi, convinti che i coloni avessero sviluppato interessanti novità tecnologiche dai tempi del loro arrivo sul pianeta. Scoprire che neppure il regno del padre di Pham poteva rifornirli di carburante era stata una brutta sorpresa. Due delle astronavi erano state costrette a restare in orbita, in attesa di tempi migliori. La terza era ripartita, per una missione di recupero che comunque si prospettava altrettanto lunga. E Pham era stato condotto via su quell’astronave, non come ostaggio ma per volontà di suo padre, che contava di usarlo per stabilire un legame permanente coi mercanti interstellari. Le cose non erano andate esattamente così. Secoli dopo Pham era tornato su Camberra, abbastanza ricco da comprare metà del pianeta, ma non aveva trovato più nessuna traccia della sua famiglia e delle persone che aveva amato, salvo un breve accenno a suo padre sui libri di storia. Tutto era stato inghiottito dal tempo e dimenticato.
Come Qiwi Lin Lisolet, anche Pham era diventato adulto nel vuoto fra le stelle. E come Qiwi, aveva perso le sue radici e non apparteneva più a nessun luogo e nessun popolo.
Qualcuno lo stava scuotendo per una spalla. — Ehi, Trinli… Trinli! Non ti senti bene? — Era Jau Xin, e lo scrutava con aria preoccupata.
— Uh? Oh, sicuro, sto benissimo. — Trinli si schiarì la voce. — Stavo solo pensando, tutto qui.
Quella frase provocò qualche risata intorno al tavolo. — Sognare a occhi aperti è una brutta abitudine, vecchio mio — disse Xin. — L’aveva anche mio zio Ector. Un giorno, dovendo uscire nello spazio per delle riparazioni, andò a sedersi nel compartimento stagno e diede il via al ciclo. Solo mentre il portello esterno si apriva, si accorse all’improvviso di essersi dimenticato qualcosa. Lo trovarono alla deriva tre giorni dopo. Senza la tuta a pressione.
In effetti, il vizio di sognare a occhi aperti Pham l’aveva avuto fin da quando aveva lasciato Camberra. A volte s’immergeva del tutto nei ricordi o nei suoi piani, come gli altri s’immergevano nei video, e invece di tirarne fuori un guadagno, questo gli era servito a perdere qualche buon affare. Gettando un’occhiata al banco vide che Qiwi se n’era andata. Fra gli Emergenti la povera ragazza aveva trovato solo morte e inganni, ma sembrava che se la stesse cavando bene.
— Stiamo cominciando ad avere delle ottime traduzioni — disse Trud Silipan. Il discorso era passato sui Ragni. — Io sono responsabile dei traduttori testerapide della Reynolt. — In realtà l’uomo era più un inserviente che un Dirigente, ma nessuno glielo fece notare. — Ogni giorno si accumulano altre notizie sulla civiltà di queste creature, secondo me piuttosto disgustose.
— C’è una cosa che non capisco — disse Marc Ermin. — Tutti dicono che questa è una colonia tornata allo stato primitivo. Ma se i Ragni si trovano anche in altri posti dello spazio, perché non abbiamo mai captato le loro trasmissioni?
— È una cosa di cui abbiamo già parlato — disse Trinli. — Arachna deve essere per forza una colonia. Le condizioni sono troppo ostili alla vita. Non che non possa nascere anche qui, visto che nasce perfino sui meteoriti, ma dopo qualche decennio viene subito uccisa.
— Forse i Ragni non usano la radio — disse un altro.
— Questi la usano. Lo spazio era pieno delle loro onde radio già quando siamo partiti per questo viaggio.
— Può darsi che la loro civiltà sia lontana. Noi possiamo ricevere onde ancora decifrabili solo da questa fettina della galassia.
— Oppure sono così progrediti che hanno smesso di usare la radio.
Era una discussione vecchia, uno dei misteri che avevano attratto gli esseri umani a organizzare una missione verso OnOff. Di certo anche questo aveva contribuito alla decisione di Trinli di unirsi a essa.
E in effetti Trinli aveva trovato qualcosa di nuovo, qualcosa di tanto rilevante da fargli apparire secondario l’enigma dell’origine dei Ragni. Aveva trovato il Focus. Con il Focus, gli Emergenti potevano trasformare le loro menti più brillanti in autentiche macchine per pensare. E ora gaglioffi come Trud Silipan potevano sfiorare un tasto e ottenere una traduzione. Un mostro come Tomas Nau poteva avere occhi che sorvegliavano per lui, giorno e notte, e mani instancabili e fedeli al suo servizio. Il Focus dava agli Emergenti un potere che nessun padrone di schiavi aveva mai avuto, e una sottigliezza di analisi sconosciuta a qualsiasi cervello umano o artificiale. Molti tiranni del passato dovevano aver sognato qualcosa di simile, ma nessuno l’aveva mai avuto.