Lo sguardo della donna si alzò su di lui. — Bene. Lei è qui per espormi i dettagli di quei localizzatori.
Pham annuì. Strano. Gli occhi di lei non guardavano esattamente nei suoi; gli esaminava la faccia, la fronte, le labbra, e con estrema attenzione, ma era come se volesse evitare il contatto umano con lui. Nessuna comunicazione a livello emotivo. Tuttavia lui ebbe la spiacevole sensazione che potesse vedere dietro la sua maschera.
— Sentiamo, quali sono i loro standard sensoriali?
Lui borbottò una risposta generica, dicendosi ignorante dei particolari.
La Reynolt non parve prendersela. Gli rivolse una serie di domande in tono calmo, un po’ sprezzante. Poi disse: — Questo non è sufficiente. Ho bisogno del manuale tecnico.
— Sicuro, è per questo che sono qui. Il manuale si trova sul chip dei localizzatori stessi, cifrato in codice, ma sotto le istruzioni d’uso che i tecnici sono autorizzati a leggere.
Di nuovo quello sguardo scrutatore. — Lo cercheremo. Finora non abbiamo visto nessun manuale.
Questa era la parte pericolosa. Nel caso migliore Nau e Brughel avrebbero deciso che Trinli era un vecchio rimbecillito che non sapeva ciò che diceva… in quello peggiore, che lui conosceva troppi segreti per un semplice armiere, e questo sarebbe stato un guaio. Pham indicò uno dei visori sulla scrivania. — Mi permette?
La Reynolt spinse un visore verso di lui e se ne mise davanti agli occhi uno identico, regolandolo per la condivisione delle immagini. Pham disse: — Il codice di accesso è lungo. Spero di ricordarlo… — In effetti lo aveva scritto nel suo stesso corpo, ma questo non poteva dirglielo. Ne provò alcuni sbagliati, e si mostrò seccato e irritabile quando non ebbero effetto. Una persona normale avrebbe reagito con impazienza, o riso.
La Reynolt non reagì in nessun modo. Restò seduta ad aspettare. Ma dopo un po’ disse: — Lei mi fa perdere tempo. Non finga di essere incompetente. Lei non lo è.
Se n’è accorta. Fin da quando erano partiti da Triland, nessuno aveva mai capito che lui portava una maschera. Aveva sperato di disporre di qualche anno ancora; una volta che gli Emergenti avessero cominciato a usare i localizzatori lui avrebbe potuto costruirsi un’altra copertura. Dannazione. Poi ricordò ciò che Silipan aveva detto. Anne Reynolt non poteva sapere tutto. Molto probabilmente stava pensando che lui era un informatore di quelli che non vuotavano mai completamente il sacco, per avere sempre qualche freccia al loro arco.
— E va bene — grugnì, battendo il codice giusto.
Dalla biblioteca della flotta provenne un semplice permesso di accesso a una sub-sezione contenente i dati di certi chip. Un menu colorato ruotò nell’aria davanti a loro. C’erano i tasti di accesso ai dati più intimi di quel tipo di chip e ai suoi componenti.
— Così va meglio — disse la Reynolt. Azionò una delle scelte del menu e i due si trovarono a galleggiare in mezzo a cifre e grafici.
— Come lei ha detto alla riunione, qui ci sono delle possibilità tecniche multispettro… ma sono molto più elaborate di quel che ci ha lasciato capire — commentò la donna dopo un poco.
— Vi ho detto che sono ottimi. Questi sono solo dettagli.
La donna passò da una sezione all’altra dei dati, rivelandosi molto più competente del previsto. Ora sembrava quasi eccitata. Ciò che vedeva era assai più evoluto dei prodotti analoghi degli Emergenti. — Un localizzatore, con un controllo esteso sui sensori e la capacità di operare autonomamente. — E finora aveva visto solo la parte che Pham le permetteva di vedere.
— Dovrete alimentarli dall’esterno, con pulsazioni d’energia.
— Meglio così. Questo servirà a limitarne le funzioni finché non li avremo capiti meglio.
Anne Reynolt chiuse il contatto con la biblioteca, e i due furono di nuovo nell’ufficio dalle pareti spoglie. Pham si accorse di sudare.
Lei rifletté qualche momento. — L’inventario dice che in magazzino ci sono parecchi milioni di localizzatori, in aggiunta a quelli già incorporati nell’hardware della flotta.
— Sicuro. Disattivati occupano solo pochi litri di spazio.
— Voi Qeng Ho siete stati sciocchi a non usarli fin dal nostro primo incontro, per estendere su di noi un controllo spionistico.
Pham si accigliò. — Noi armieri sapevamo di doverlo fare. E in una situazione militarmente pericolosa avremmo convinto il comandante…
Ma quei particolari non erano nel Focus di Anne Reynolt. La donna gli accennò di tacere. — Sembra che ne avremo più che abbastanza per i nostri scopi.
La faccia di Pham rifletté un’espressione di incomprensione. Si limitò a stringersi nelle spalle.
— Lei ha reso possibile l’inizio di una nuova epoca nel controllo dei personale, armiere.
Pham guardò quei freddi occhi azzurri e annuì. Sperava che lei non capisse quanto fosse vero ciò che aveva appena detto. Ma d’un tratto si rese conto di quanto poteva essere importante quella donna nei suoi piani. Anne Reynolt dirigeva quasi tutte le testerapide. Anne Reynolt era l’alter-ego di Nau, al controllo di tutte le operazioni. Anne Reynolt capiva il funzionamento del sistema degli Emergenti al livello che occorreva a un rivoluzionario per scardinare quel sistema dall’interno. E Anne Reynolt era una testarapida. Lei poteva immaginare ciò che gli passava per la testa… oppure poteva essere la chiave per distruggere Nau e Brughel.
Il silenzio e la tranquillità non erano mai assoluti in un habitat di quel genere. Il provvisorio dei Qeng Ho era largo appena un centinaio di metri, e la gente, col solo fatto di muoversi, creava vibrazioni che si ripercuotevano in ogni angolo. La piccola cabina di Pham Nuwen non offriva più quiete delle altre. Lui galleggiava nella penombra, fingendo di dormire. La sua vita segreta gli stava dando molto da fare. Gli Emergenti non lo sospettavano, ma erano stati attirati in una trappola più profonda di quanto sapesse perfino un comandante di flotta Qeng Ho. Era una delle piccole assicurazioni sulla vita che Pham aveva messo in opera molti secoli addietro.
Quanto tempo sarebbe occorso alla Reynolt e a Brughel per insegnare alla loro gente l’uso esteso dei localizzatori? Quella sera, poco prima di andare a letto, Pham aveva notato i primi moscerini entrare attraverso il ventilatore. C’era da presumere che in quel momento gli Emergenti stessero cominciando a calibrare il sistema. Con un po’ di fortuna, entro breve tempo avrebbero tolto di mezzo tutte le loro vecchie microspie per sostituirle col nuovo e ben più efficace sistema.
Un granello di polvere che tale non era si posò sulla sua guancia destra. Lui mosse la mano come per scacciarlo, e in quel gesto lo spostò accanto all’occhio. Pochi minuti dopo se ne infilò un altro entro il canale auricolare dell’orecchio destro. Era ironico, dopo tutti gli sforzi che gli Emergenti avevano fatto per liberarsi di tutti gli interfaccia sospetti di origine Qeng Ho.
I localizzatori potevano fare tutto ciò che Pham aveva detto a Nau. Erano ideali per lo spionaggio, proprio come occorreva al caponave. Avevano singolari capacità di analisi e potevano comunicare fra loro. Ma il vero segreto dei localizzatori Qeng Ho stava nel fatto che con loro non era necessario alcun interfaccia, né per l’input, né per l’output. Chi conosceva quel segreto poteva accedere alla rete dei localizzatori direttamente, lasciare che contattassero il suo corpo, che ricevessero istruzioni e gli fornissero informazioni. Ora non importava più che gli Emergenti avessero smantellato ogni interfaccia Qeng Ho. Ora un vasto interfaccia Qeng Ho era tutto intorno a loro, pronto a servire chi conosceva i suoi segreti.
Per accedere ai localizzatori occorrevano alcune conoscenze speciali e un po’ di concentrazione. Non era cosa che potesse accadere per caso. Pham si rilassò sull’amaca, un po’ per fingere di essere scivolato nel sonno, un po’ per prepararsi al lavoro. Gli occorreva un particolare schema di pulsazioni cardiache, un particolare ritmo di respiro. Lo ricordo ancora, dopo tutto questo tempo? Quel breve attimo di panico lo colse di sorpresa. Un granello accanto all’occhio, un altro nel canale auricolare; questo doveva bastare per l’orientamento degli altri localizzatori che già fluttuavano nella stanza. Non occorreva altro.