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Viki mise la testa nell’ufficio di suo padre al pianterreno e poi andò nella sala di ritrovo dei tecnici, ma senza trattenersi a lungo. Aveva scommesso con Gokna che Papà non si sarebbe nascosto, ma ora capiva che quel giorno “non nascosto” non impediva l’opzione “difficile da trovare”. Attraversando i laboratori trovò le tracce tipiche del suo passaggio: studenti anziani in vari stadi di stupore che d’un tratto s’illuminavano alla sorpresa di una rivelazione. “Influsso Underhill” lo chiamavano loro. Se uno andava in giro con l’aria molto pensosa era probabile che lui gli avesse detto qualcosa di singolare.

Il nuovo laboratorio segnali era all’ultimo piano della casa, sotto un tetto gremito di antenne. Viki trovò Jaiber Landeru sulla scale, che stava scendendo. L’artropode non mostrava alcun sintomo dell’Influsso Underhill. Peccato.

— Salve, Jaiber. Hai visto mio…

— Sì. Sono tutti su in laboratorio. — Lui agitò una mano dietro di sé.

Aha! Ma Viki non riprese subito il cammino. Se il generale era già lì, forse lei avrebbe potuto sapere qualcosa in anticipo. — Allora cos’è successo, Jaiber?

Come c’era da aspettarsi, Jaiber rispose per quel che riguardava il suo lavoro. — Un dannato contrattempo. Ho montato solo stamattina le mie nuove antenne studiate apposta per il collegamento con Comando Territoriale. Dapprima la sintonia era buona, poi ho cominciato ad avere interferenze di quindici secondi sulla lunghezza d’onda di altre due stazioni che si trovano nella stessa direzione. Volevo domandare a tuo padre… — Viki Io seguì giù lungo la scala, emettendo suoni comprensivi alle incomprensibili chiacchiere del tecnico sugli strati di amplificatori e i difetti delle piastre di allineamento. Senza dubbio Jaiber era rimasto lusingato dall’interesse di Papà, e Papà era stato lieto di una scusa per isolarsi in un laboratorio. E poi Mamma lo aveva pescato…

Viki lasciò che Jaiber scendesse nel suo ufficio e riprese a salire le scale, stavolta girando verso l’ingresso di servizio del laboratorio. In fondo al corridoio c’era una luce. Ah! La porta era semiaperta. Si sentiva la voce del generale. Viki scivolò accanto alla porta.

— … è questo che non capisco, Sherkaner. Tu sei una persona intelligente. Perché a volte riesci a comportarti come un idiota?

Victreia Seconda esitò, quasi tentata di andarsene. Mai aveva sentito Mamma così arrabbiata. Le faceva… male. D’altra parte, Gokna avrebbe fatto qualsiasi cosa per sentire il suo racconto. Viki avanzò ancora, inclinando la testa per guardare dentro dalla fessura. Il laboratorio era come lei lo aveva visto l’ultima volta, pieno di oscilloscopi e registratori ad alta velocità. Quasi tutti gli apparecchi di Jaiber erano ancora coperti; dunque Mamma era arrivata prima che cominciassero a occuparsi davvero di lavoro. Adesso lei stava di fronte a Papà, impedendo ai suoi occhi migliori di vedere Viki. E mi sembra anche di essere nel punto cieco di Mamma.

— Sono stato davvero così fallimentare? — disse Papà.

— Peggio!

Sherkaner Underhill parve piegarsi sotto lo sguardo rovente del generale. — Non so cosa dirti. Quell’aracnide mi ha colto alla sprovvista col suo commento su Brent. Avrei dovuto aspettarmelo. Ne avevamo parlato, tu e io. Ne avevo anche parlato con Brent. Eppure non ho saputo uscirne bene. Mi sono confuso.

— Non è questo il problema, Sherkaner. Hai reagito bene, e ti sei saputo spiegare. Ma alla fine ti sei lasciato attirare in una…

— A parte l’astronomia, ho detto solo cose che avevamo preparato per il programma l’anno prossimo.

— Ma le hai dette tutte insieme!

— … lo so, Pedure ha cominciato a parlare come una persona curiosa e ragionevole. Come Hrunk o i giovani qui alla casa sulla collina. Mi ha posto alcune questioni interessanti e io ho preso il via. Ma la sai una cosa? Resto ancora convinto che questa Pedure sia una artropode intelligente e dalla mente elastica… se avessi avuto altro tempo, sono certo che avrei saputo convincerla.

La risata del generale fu secca, amara. — Dio delle Profondità, sei proprio uno sciocco! Sherk, io… — Mamma allungò una mano a toccarlo. — Scusa. Strano, non tratto neppure quelli del mio staff come tratto te, quando mi arrabbio.

Papà mormorò qualcosa nel tono che usava quando parlava con Rhapsa e il piccolo Hrunk. — Il motivo lo sai, mia cara. Tu mi ami come ami te stessa. E mi tratti come tratti te stessa.

— Dentro di me. Io mi tratto così solo in silenzio, e dentro di me.

Per un poco tacquero, e Victreia Seconda desiderò aver perso la sua scommessa con Gokna. Ma quando Mamma parlò ancora la sua voce era quasi normale. — Il passo falso l’abbiamo fatto entrambi, su questa faccenda. — Aprì la serratura della sua borsa da viaggio e ne tirò fuori dei documenti. — Secondo il programma dell’anno prossimo, L’Ora della Scienza dei Piccoli dovrà introdurre i vantaggi e le nuove possibilità della vita durante la Tenebra, in parallelo con i primi grossi contratti di costruzioni edili. Abbiamo previsto varie conseguenze politiche e militari, certo, ma non ce le aspettavamo in questo periodo.

— Conseguenze militari? Oggi?

— Manovre politiche pericolosissime, comunque. Tu sai che questa artropode, questa Pedure, è di Tiefstadt.

— Sì, il suo accento è evidente.

— La Onorevole Pedure è Terza Chierica della Chiesa della Tenebra, e non dimentica gli interessi di Tiefstadt. Ma noi sappiamo che fa parte anche dell’Azione Divina.

— I Kindred.

— Proprio loro. Dopo la fine della guerra noi abbiamo stabilito relazioni amichevoli coi Tiefer, ma i Kindred stanno cominciando a far pendere il piatto della bilancia in un’altra direzione. Hanno già parecchie nazioni minori sotto controllo. Ufficialmente l’Azione Divina è una setta legittima della Chiesa, ma…

In fondo al corridoio, alle spalle di Viki, qualcuno accese le luci. Mamma alzò una mano e s’irrigidì. Ooops. Forse aveva notato l’ombra di lei, che ora veniva proiettata sulla porta semiaperta. Senza voltarsi Victreia allungò una mano in quella direzione. — Seconda! Chiudi quella porta e vai subito in camera tua!

La risposta di Viki fu un mormorio imbarazzato. — Sì, madre.

Mentre accostava il battente udì la voce di lei borbottare un commento: — Dannazione. Spendo cinquanta milioni all’anno per non far intercettare i nostri messaggi, e mia figlia mi spia ogni volta che le fa comodo.

In quel momento la clinica sotto Hammerfest era un posto molto affollato. Nelle precedenti visite di Pham Trinli c’erano stati solo Silipan, un tecnico o due e un paio di pazienti. Quel giorno… forse solo l’esplosione di una bomba avrebbe causato più agitazione fra i focalizzati. Entrambe le unità MRI erano occupate. Uno dei tecnici stava preparando Xopi Reung per la MRI; la donna cacciava gemiti e cercava di opporre resistenza. In un angolo Dietr Li (il fisico?) era legato mani e piedi e mugolava fra sé.

Anne Reynolt s’era agganciata con un piede a una ringhiera del soffitto, così poteva stare a testa in giù sopra le MRI senza essere d’impaccio ai tecnici. Non si voltò a guardarli quando entrarono. — Va bene, induzione completa. Tenetela per le braccia. — Uno dei tecnici spinse la sua paziente nel mezzo della stanza. Era Trixia Bonsol. La donna si guardò attorno, senza riconoscere nessuno di quelli che vedeva, e cominciò a singhiozzare disperatamente.