Da lì a non molto Pham vide che Trixia Bonsol veniva portata fuori in barella. Era sempre viva. La Reynolt in persona usci con lei, per tenerla sotto controllo.
Trud Silipan la seguì alla porta. D’un tratto l’uomo si ricordò dei due ospiti che aveva condotto lì. Si girò e fece loro un cenno. — Fine dello spettacolo, Trinli. Andiamo.
— Non ti senti bene, Trud? — chiese lui, vedendo che era pallido.
Silipan scrollò le spalle, accigliato. — Prendete un taxi e tornate al temporaneo. Tu, Vinh, non provare a seguire la tua testarapida. Chiaro? — Poi si allontanò e sparì dietro la Reynolt.
Pham e Vinh risalirono dalle viscere di Hammerfest, da soli a parte la presenza certa dei localizzatori-microspie di Brughel. Pham notò che il giovanotto sembrava essersi calmato. Quel giorno doveva essersi preso il calcio nello stomaco peggiore da anni a quella parte, forse da dopo la morte di Diem. La faccia del ragazzo era molto simile a quella di gente che lui aveva ben conosciuto in un lontano passato. Gli ricordava quella di Ratko Vinh, quando Ratko era giovane, e anche quella di Sura Vinh, alla quale lui era stato molto legato. Quello non era un pensiero piacevole. Forse il mio subconscio sta cercando di dirmi qualcosa… Non solo lì alla clinica, ma per tutto quel Turno. Il giovanotto gli gettava spesso strane occhiate, non tanto sprezzanti quanto calcolatrici. Pham cercò di ricordare se poteva aver lasciato cadere la maschera “Trinli” in un momento cruciale. Certo era un rischio mostrarsi così interessato al Focus. Ma aveva l’amicizia con Trud a fargli da copertura in questo. No, anche quando erano nella clinica e lui si concentrava sulla Reynolt e sul mistero della Bonsol, anche allora Vinh non l’aveva guardato che con vago stupore: il vecchio buffone preoccupato solo che quel disastro rovinasse le manovre organizzate con Silipan. E tuttavia gli sembrava che Vinh avesse visto qualcosa di sospetto in lui. Come? E cosa gli conveniva fare?
Emersero dalla sommità del corridoio verticale e scesero verso i portelli dei taxi. I bassorilievi dei focalizzati erano dappertutto, anche sui pavimenti e sui soffitti. In certi punti la parete di diamante era molto sottile, e la luce di Arachna lo attraversava con una tonalità azzurra, più o meno intensa a seconda dello spessore. Un tempo Pham Nuwen avrebbe amato quei bassorilievi, ma ora sapeva com’erano stati fatti. Alcune testerapide erano morte lì, dopo essere state sfruttate per anni. Le altre stavano lavorando a turno continuato altrove, nei corridoi inferiori. Quando avrò preso la situazione in mano, le cose andranno diversamente. Il Focus era una cosa terribile. Doveva essere usato solo per le effettive necessità.
Svoltarono in un corridoio tappezzato in listelli di legno cresciuto nelle idroponiche. Oltre la curva di fondo c’era l’appartamento di Tomas Nau.
E ad aspettarli c’era Qiwi Lin Lisolet. Forse li aveva visti lasciare la clinica sugli strumenti di sorveglianza di Nau. A ogni modo li aspettava da abbastanza tempo da essere stata attratta coi piedi sul pavimento dalla microgravità degli asteroidi
— Ezr, per favore. Possiamo parlare solo per un momento? Non era mia intenzione che questo programma radiofonico si rivelasse così dannoso per…
Vinh aveva alzato la testa nell’accorgersi che in corridoio c’era qualcuno. Per qualche istante continuò a fluttuare all’altezza che l’avrebbe portato a passare sopra la ragazza. Invece di risponderle strinse i denti. Poi si spinse via dal soffitto con un gesto brusco e fluttuò verso di lei alzando un braccio come se volesse colpirla con un ceffone.
— Ehi, cosa… — esclamò Pham, ma si costrinse a restare indietro esibendo un’aria impotente. Quel giorno aveva già trattenuto una volta il giovane dal mettersi nei guai, e se l’avesse fermato ancora gli annusatori di Brughel ci avrebbero trovato qualcosa di sospetto. D’altra parte Pham aveva visto Qiwi lavorare all’esterno. La ragazza era in condizioni fisiche migliori di chiunque a L1, e aveva la destrezza di un’acrobata. Forse a Vinh avrebbe fatto bene vedere che non poteva sfogare la sua rabbia su di lei.
Ma Qiwi non si difese, non si mosse neppure. Vinh le sferrò un ceffone così forte che li fece girare entrambi, in senso opposto, come due trottole. — Sì, possiamo parlare! — La voce di Vinh era stridula. Rimbalzò verso di lei e la colpì ancora. E neppure stavolta Qiwi si difese, né alzò una mano per proteggersi il viso.
Pham Nuwen non poté impedirsi di spingersi avanti. Qualcosa in lui stava imprecando per il rischio a cui esponeva anni di faticose finzioni solo per difendere una donna. Ma lo stesso qualcosa rideva di quel rischio.
Il tuffo di Pham non fu ben calibrato, comunque riuscì a investire Vinh con una spallata e lo mandò a sbattere contro una parete. Il giovanotto cercò di girare su se stesso ma il solo risultato di quel movimento fu che colpì la parete con la testa. Se ci fosse stato il diamante si sarebbe spaccato il cranio, ma anche sul legno fu un colpo duro. Quando rimbalzò via aveva lo sguardo vacuo, e alcune gocce di sangue galleggiavano dietro di lui.
— Mettiti con quelli grossi come te, Vinh! Vigliacco bastardo! Tu e la tua famosa famiglia di grandi mercanti siete spazzatura, ecco cosa siete! — La rabbia di Pham era reale… ma era rabbia contro se stesso, per il rischio a cui stava mettendo la sua copertura.
Pian piano negli occhi di Vinh tornò la lucidità. Guardò Qiwi, quattro o cinque metri più in là. La ragazza gli restituì lo sguardo con una strana espressione fra sconvolta e determinata. Poi il giovane si girò verso Pham e lo fissò con odio. Non aveva tutti i torti. Forse le telecamere di Brughel non avevano mostrato ogni particolare della cosa, ma lui sapeva quanto fosse stato calcolato l’attacco di Pham. Per un momento i due uomini si fronteggiarono, quindi Vinh si spinse via verso i portelli dei taxi. Era la ritirata di un uomo battuto e umiliato, ma Pham sapeva che la faccenda non sarebbe finita lì. Dunque avrebbe dovuto fare qualcosa con Ezr Vinh.
Qiwi fece per seguire il giovane, ma dopo una decina di metri ci ripensò e tornò indietro verso uno dei corridoi laterali.
Pham le si avvicinò. Sapeva che gli conveniva andarsene; c’erano delle telecamere che lo osservavano, e per il personaggio Trinli la cosa migliore era stare alla larga da Qiwi. Allora cosa dirle che non fosse sospetto? — Non preoccuparti. Non vale la pena che te la prenda per quel Vinh. Non ti darà più fastidio, te lo garantisco io.
La ragazza si girò a guardarlo. Ormai somigliava molto a sua madre. Nau l’aveva fatta restare di Turno quasi senza sosta. Aveva le lacrime agli occhi. — Io non volevo ferirlo. Dio, non so cosa farei se Trixia m-morisse. — Si scostò i capelli neri dalla faccia. Adulta o no, in quel momento aveva l’espressione di una bambina. — Molto… molto tempo fa io ammiravo Ezr Vinh più di chiunque, a parte i miei genitori. Ci tenevo alla sua opinione. E poi gli Emergenti ci hanno attaccato, e Jimmy Diem ha ucciso mia madre e tutti gli altri e… ora viviamo tutti sulla stessa barca. Non possiamo permetterci altri morti. — Scosse il capo. — Lei sa che Tomas non ha più voluto andare in sonno freddo dopo il massacro di Diem? Ha vissuto ogni secondo di questi anni. Tomas è così serio, un lavoratore. Lui crede nel Focus, ma è aperto a nuovi modi di fare le cose. — Stava dicendo a lui quel che avrebbe voluto dire a Ezr. — Il bar di Benny non esisterebbe senza Tomas. Non ci sarebbe il commercio di molte cose, come ad esempio i bonsai. Poco per volta riusciremo a convincere gli Emergenti a pensarla come noi. Un giorno Tomas libererà mio padre e Trixia e tutti gli altri focalizzati. Un giorno…
Pham avrebbe voluto poterla confortare. Lui era l’unica persona, oltre agli assassini, a sapere cos’era realmente successo a Jimmy Diem, e a sapere ciò che Nau e Brughel stavano facendo a Qiwi Lin Lisolet. Avrebbe dovuto darle una pacca su una spalla e andarsene, invece rimase lì con aria imbarazzata e confusa. Sì, un giorno. Un giorno, bambina, sarai vendicata.