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27

I mezzi pubblici di Principalia erano molto diversi dalle automobili o dagli aeroplani su cui Viki aveva viaggiato. Lì le persone erano strettamente impacchettate una accanto all’altra. Le reti di corda, simili ai gimnoti per i piccoli, suddividevano tutta la lunghezza dell’autobus in spazi larghi appena quanto il corpo di un adulto. I passeggeri allungavano però in modo odioso le braccia e le gambe fuori dalle reti, per reggersi a ogni supporto. L’unico ad avere un trespolo decente per sedersi era il conduttore.

La gente stava però lasciando molto più spazio del necessario a Viki e ai suoi quattro fratelli; specialmente a lei e Gokna, che come taglia fisica erano piuttosto chiaramente due fuori-fase. Be’, che rabbrividiscano pure. Non me ne importa, pensò Viki. Smise di scrutare i passeggeri e guardò la strada.

Con tutti i lavori che stavano facendo nel sottosuolo, c’erano molte zone dove le riparazioni stradali venivano ignorate. Ogni buca che l’autobus prendeva faceva ondeggiare la gente appesa alle reti, e questo era divertente. Poi la strada migliorò; stavano entrando nel quartiere più moderno della città. Viki riconobbe le insegne luminose sui grattacieli intorno a loro, grandi corporazioni come la Energia Applicata e la Radiofonica Reale. Alcune delle maggiori industrie dell’Alleanza non sarebbero neanche esistite se non fosse stato per suo padre. Vedere tutta la gente che entrava e usciva da quei grandi palazzi la rendeva orgogliosa. Papà era importante per molti altri, non solo per loro.

Appeso alle reti di corda accanto a lei, Brent si girò per accostare la testa alla sua. — Sai una cosa? Credo che qualcuno ci stia seguendo.

Anche Jirlib sentì quelle parole, e parve prenderle sul serio.

— Seguendo l’autobus, vuoi dire?

— Seguendo noi. Due furgoni erano parcheggiati davanti a casa e ci sono venuti dietro fino alla fermata dell’autobus quando siamo usciti. Ora li abbiamo ancora alle spalle.

Per un attimo Viki ebbe un lieve fremito di paura, poi capì come stavano le cose e rise. — Credevi davvero che potessimo uscire di casa senza che Papà lo sapesse? Il capitano Douneng del servizio di sorveglianza lo ha informato, e lui ha mandato una squadra a tenerci d’occhio.

— Quei furgoni non sembrano della sorveglianza — disse Brent.

Il Museo Reale era al capolinea degli autobus che portavano nel centro di Principalia. Viki e i suoi tre fratelli furono depositati a pochi passi dalla larga scalinata di ingresso.

Per qualche momento Viki e Gokna restarono senza parole dinanzi ai poderosi archi di pietra. Nel programma radiofonico avevano parlato di quel posto, ma non c’erano mai stati. Il Museo Reale aveva solo due piani, e i moderni grattacieli lo facevano sembrare basso, ma in quell’edificio c’era qualcosa di molto importante. A parte le fortificazioni, quella era la più antica costruzione rimasta intatta in superficie nella regione di Principalia negli ultimi cinque cicli del sole. C’erano state riparazioni e qualche ampliamento, ma il museo restava ancora com’era stato progettato al tempo di Re Lingarm. Viki cercò di immaginare cosa doveva sopportare quel grande palazzo nei giorni in cui il sole tornava alla vita, investito dalle feroci radiazioni solari e da venti che soffiavano alla velocità del suono. Dunque perché il Re Lingarm aveva voluto costruirlo in superficie? Per sfidare la Tenebra e la Luce, naturalmente. Per elevarsi dai nascondigli del sottosuolo e dominare.

— Ehi, voi due! Vi siete addormentate? — le raggiunse la voce di Jirlib. Lui e Brent erano già all’ingresso. Viki e Gokna salirono la scalinata, per una volta incapaci di replicare a tono.

Jirlib proseguì, brontolando contro chi era capace solo di sognare a occhi aperti, e Brent attese che le sorelle fossero entrate e le seguì.

Nell’ombra del vasto atrio i rumori della città erano lontani. Due soldati delle Truppe Reali in alta uniforme erano di guardia ai lati del portone, appollaiati in silenzio in due nicchie-da-agguato. Più avanti c’era il guardiano reale, il bigliettaio. Sull’antico muro dietro il suo chiosco c’erano le targhe delle mostre d’arte ospitate in quei giorni dal museo. Jirlib aveva smesso di borbottare e andò a girare intorno a una statua a dodici colori dal titolo Concetto d’Artista rappresentante un Distorto di Khelm. Viki poté così constatare che le assurdità dell’arte moderna erano penetrate anche nei musei. Ma non c’erano solo i Distorti. Il programma del museo per quella stagione era Le Bizzarrie della Scienza, in tutti i loro aspetti. Le targhe dicevano che gli argomenti erano Le Stregonerie della Profondità, la Videomanzia, l’Autocombustione e — dannazione — i Distorti di Khelm. Jirlib sembrava incurante dei commenti dei fratelli sul suo hobby. Gli bastava che fosse stato ritenuto degno di essere ospitato in un museo.

Le tendenze artistiche più attuali erano ospitate in un’ala nuova. Qui i soffitti erano alti, e tubi a specchio proiettavano la luce solare in nebulosi coni sui pavimenti di marmo. I quattro fratelli erano soli, e il ticchettio dei loro piedi sembrava amplificato. Viki era stupita dal proliferare di paccottiglia artistica che si vedeva attorno. Papà pensava che quella roba fosse divertente, «come la religione, ma non così mortale». Sfortunatamente Jirlib aveva occhi solo per il suo genere di paccottiglia. A lui non importava che Gokna fosse interessata agli esempi di autocombustione in corso dietro schermi protettivi. Non gli importava che Viki volesse vedere i tubi proiettori di immagini nella sala della videomanzia. Jirlib andò dritto verso gli esempi di Distorti, e lui e Brent fecero in modo che le sorelle restassero sempre con loro.

Be’, pazienza. In effetti Viki era attratta dai Distorti. Jirlib si interessava a quella roba da molto tempo, e quel giorno avevano occasione di vedere meglio di cosa si trattava.

L’ingresso della sala era tappezzato dal pavimento al soffitto di scintillanti foraminiferi diamantati, che un tempo erano stati gli esseri viventi più comuni del pianeta. Poi, cinquanta milioni di anni addietro, erano scomparsi di colpo, e di essi restavano soltanto gli scheletri in uno strato geologico. Zio Hrunkner diceva che questa loro scomparsa dava da pensare, quando si rifletteva alle idee di Papà sui cicli del sole.

— Muoviamoci — li incitò Jirlib indicando la porta sul fondo, dove c’era il cartello dei Distorti di Khelm. I quattro ticchettarono fino all’ingresso in penombra, parlando a sussurri nel silenzio. Non c’era nessun altro visitatore. Nella sala, un singolo cono di luce solare scendeva da un tubo a specchio sui tavoli centrali. Le pareti erano al buio, illuminate qua e là da minuscole lampade colorate.

Mentre i quattro entravano nella sala, Gokna mandò uno squittio di sorpresa. C’erano delle figure nell’ombra, alquanto più alte di un aracnide adulto. Si reggevano su tre sole zampe, e le loro braccia anteriori sembravano gli arti di uno Sfrondatore. Era proprio il tipo di essere vivente che Chundra Khelm affermava fosse l’antenato dei suoi Distorti.

Viki lesse il cartellino accanto alla figura e sorrise. — Roba impressionante, eh? — disse alla sorella.