— Già, non credevo… — Poi anche Gokna lesse il cartellino. — Ehi, ma questo è un falso.
— Non è un falso — la corresse Jirlib, — ma una ricostruzione scientifica in base a ipotesi accurate. — Ma Viki notò la delusione nella sua voce. Si aggirarono nella sala, e per qualche minuto quelle figure furono misteri che fluttuavano oltre le loro capacità di comprensione. Li c’erano tutti e cinquanta i tipi razziali descritti da Khelm. Ma si trattava di modelli rozzi, forse fatti costruire addirittura per qualche corso mascherato. Jirlib sembrava ripiegarsi su se stesso mentre passava dall’uno all’altro leggendo i cartellini. Le descrizioni erano ampie. “L’antica razza che precedette la nostra…” “Le creature che davano la caccia agli aracnidi nei tempi preistorici…” “… in qualche remota profondità potrebbero esserci ancora questi esseri, ibernati, in attesa di uscire a riprendere possesso del mondo”. L’ultimo cartellino era accanto alla ricostruzione di un mostro simile a un’enorme tarantola posizionata come sul punto di staccare la testa all’osservatore. Era roba fatta per impressionare e basta, senza fondamento scientifico. Perfino Chundra ammetteva che quelle ipotetiche remote profondità dovevano trovarsi al di sotto dello strato dei foraminiferi. Se i Distorti erano esistiti davvero, essi risalivano a oltre cinquanta milioni di anni addietro… estinti milioni di anni prima che apparissero i più primitivi proto-aracnidi.
— Credo che li abbiano messi qui per prendere in giro i visitatori, Jirlib — commentò Viki, seccata. Non le piaceva che degli estranei si facessero gioco dei membri della sua famiglia.
Jirlib fu cupamente d’accordo. — Sì, forse hai ragione. Più li guardo, più sembrano delle buffonate. — Si fermò davanti all’ultimo cartellino. — Ehi… qui lo ammettono, perfino! Leggete cosa dice: «Se siete arrivati fino a questo punto avete capito come siano sciocche le affermazioni di Chundra Khelm. Ma allora cosa sono i Distorti? Dei falsi provenienti da uno scavo archeologico dove nessuno ha capito cosa stava estraendo dal suolo? Delle rocce che hanno assunto casualmente forma quasi aracnoide? A voi giudicare…» La voce di Jirlib si affievolì mentre il suo sguardo si spostava su alcune lastre di roccia vivamente illuminate, finallora nascoste da un paravento.
Jirlib si avvicinò rapidamente a quei reperti, mormorando fra sé per l’eccitazione. Ogni lastra era separata dalle altre, e tutte ricevevano la luce trasversalmente. Non sembravano molto diverse da comuni lastre di marmo rossiccio, ma quando Jirlib sospirò fu per la meraviglia. — Questi sono i veri Distorti. Le bestie che nessuno fuorché Chundra Khelm ha mai scoperto.
Se qualcuno le avesse lisciate meglio le lastre sarebbero state graziose. C’erano strisce e macchie che sembravano carbone incorporato nella roccia. Se uno usava l’immaginazione poteva figurarsi che fossero forme contorte, con fauci e artigli. Però non somigliavano a niente che fosse mai stato vivo. Jirlib e Gokna si incantarono a guardarle.
Dopo un poco Viki rivolse loro un cenno che era anche un sorrisetto e si allontanò verso l’uscita. Brent non si mosse né la richiamò, forse perché era di umore bizzarro oppure s’era perso anche lui in un sogno a occhi aperti su quelle lastre di pietra. Finché lei restava in vista probabilmente non si sarebbe allarmato. Viki attraversò l’arcata e andò nella sala della videomanzia.
I primi oggetti in mostra erano dipinti e mosaici vecchi di generazioni. Il concetto alla base della videomanzia risaliva a molto prima dei tempi moderni, alla credenza superstiziosa che se uno riusciva a dipingere perfettamente il suo nemico avrebbe avuto un potere su di lui. L’idea aveva issato la creazione di molte opere d’arte, nuove tecniche del colore e studi della prospettiva. Ma i dipinti più evoluti mostravano solo una frazione di tutte le sfumature di colore che un aracnide poteva vedere. La moderna videomanzia dichiarava che la scienza poteva riprodurre la forma naturale perfetta, quella cioè osservata con la prospettiva di tutti gli occhi di un aracnide. Papà diceva che sarebbe stata la tecnica a fare piazza pulita di quei concetti arcaici.
Viki s’incamminò fra rastrelliere piene di videotubi. Un centinaio mostravano dei paesaggi, offuscati e imprecisi… ma nei tubi più perfezionati si vedevano colori che solo certe lampade speciali potevano rivelare. Ogni anno quegli oggetti miglioravano. La gente parlava già di immagini radiofoniche. Quell’idea affascinava la piccola Victreia.
In fondo alla sala, da qualche parte, c’era un mormorio di voci che le ricordavano gli incerti tentativi di Rhapsa e di Hrunk. Viki s’immobilizzò per lo stupore. Trascorse qualche secondo e due piccoli entrarono da un corridoio laterale. Per un allucinato istante lei pensò che Rhapsa e Hrunk li avessero seguili fin lì. Ma poi vide due adulti sconosciuti entrare dietro di loro, e notò che i due piccoli erano ancor più giovani dei suoi fratelli minori.
Viki squittì un’esclamazione eccitata e si precipitò verso i due piccoli. Gli adulti restarono paralizzati per la sorpresa a quella vista, ma subito afferrarono i loro piccoli e uscirono in fretta.
— Aspettate! Aspettate, per favore! Voglio soltanto parlare con voi. — Viki costrinse le sue zampe a un passo tranquillo e sollevò le mani nutritive in un sorriso amichevole. Dietro di lei Gokna e Jirlib avevano lasciato la sala dei Distorti e stavano guardando la scena con ottuso stupore.
I due adulti si fermarono, poi tornarono indietro lentamente. Sia Viki che Gokna erano evidentemente fuori-fase. Questo sembrò essere di incoraggiamento alla coppia sconosciuta più che le parole.
Si presentarono in modo cortese e formale. Trenchet Suabisme era una progettista della Costruzioni Mondo Nuovo; suo marito Alendon era sorvegliante nella stessa ditta. — Oggi ci è parsa una giornata adatta per venire al museo, visto che la maggior parte della gente che non lavora è in montagna, a giocare con la prima neve. Anche voi avete colto questa occasione?
— Oh, sì — disse Gokna. — Ma siamo contenti di avervi incontrato. Come si chiamano i vostri piccoli? — Era strano trovarsi con degli sconosciuti che sembravano più familiari di chiunque altro. Anche Trenchet e Alendon avevano l’aria di pensare la stessa cosa. I due piccoli si agitavano energicamente fra le loro braccia, rifiutando di salire sulla schiena di Alendon. Dopo qualche momento i genitori li rimisero al suolo, Subito i piccoli balzarono fra le braccia di Gokna e di Viki. Ciangottavano senza interruzione parole senza senso, e i loro occhi da bambini ruotavano qua e là con eccitata curiosità. La femmina che si stava arrampicando addosso a Viki — Alequere, si chiamava — non poteva avere più di due anni. Per qualche motivo né Rhapsa né Hrunk erano mai stati cosi vivaci e carini. Naturalmente, quando loro avevano due anni Viki ne aveva soltanto sette e pretendeva per sé tutta l’attenzione altrui. Quei piccoli erano molto diversi dai quieti e malinconici fuori-fase che lei aveva conosciuto.
La cosa più imbarazzante fu la reazione dei due adulti quando seppero chi erano Viki e i suoi fratelli. Trenchet Suabisme restò ammutolita per qualche secondo. — Io… io suppongo che avremmo dovuto immaginarlo subito. Chi altri potevate essere? Sapete, quand’ero adolescente ascoltavo sempre il vostro programma alla radio. Sembravate così spaventosamente giovani. I soli fuori-fase che io avessi mai conosciuto. Quel programma mi piaceva molto.
— Sì, anche a me — aggiunse Alendon. E sorrise, mentre Alequere andava a infilarsi dentro una tasca della blusa di Viki. La piccola ne riemerse con la testa e agitò le mani nutritive. Viki gliele stuzzicò con una delle sue. Scoprire che qualcuno aveva ascoltato e raccolto i messaggi di suo padre la inorgogliva, ma… — È triste sapere che dovete evitare la gente. Vorrei che ci fossero altri come voi e i vostri piccoli.
Con sua sorpresa Trenchet ridacchiò. — I tempi stanno cambiando. Sempre più gente aspetta di poter restare sveglia durante la Tenebra, e anche altri cominciano a capire che certe regole dovranno essere modificate. Avremo bisogno di figli già cresciuti per portare avanti i lavori necessari. Noi conosciamo altre due coppie della Mondo Nuovo che hanno avuto figli fuori-fase. — Diede una pacca sulle spalle a suo marito. — Non saremo soli per sempre.