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Il loro entusiasmo contagiò Viki. Alequere e l’altro ragnetto — Birbop? — erano simpatici come Rhapsa e il piccolo Hrunk, ma erano anche diversi. Finalmente ora avrebbero potuto conoscere altri giovani. Per Viki era come se una porta chiusa da tanto tempo si fosse aperta, lasciando entrare i colori del sole.

S’incamminarono lentamente attraverso la sala della videomanzia. Gokna e Trenchet Suabisme discussero di varie possibilità. Gokna caldeggiava l’idea che la casa sulla collina diventasse un luogo d’incontro per tutte le famiglie fuori-fase. Viki sospettava però che questo non sarebbe piaciuto a Papà e al generale, anche se per ragioni diverse. Ma come ipotesi, quella di un luogo d’incontro aveva un senso e meritava di essere sviluppata. Viki seguì gli altri senza prestare troppa attenzione a ciò che dicevano. Giocherellare e far complimenti alla piccola Alequere era proprio uno spasso. Preferiva di gran lunga divertirsi con quei ragnetti che andare a calpestare la prima neve, come aveva sospirato quel mattino nel vedere che le Montagne Dirupate s’erano imbiancate.

Poi, oltre le chiacchiere, sentì il ticchettio di molti piedi sul pavimento di marmo. Quattro persone? Cinque? Stavano per arrivare lungo lo stesso corridoio che avevano seguito loro pochi minuti prima. Chiunque fossero, avrebbero avuto un’interessante sorpresa: sei giovani fuori-fase tutti insieme, dai più piccoli ai più grandi.

Quattro di quei nuovi visitatori del museo erano adulti della generazione attuale, grossi come quelli della scorta di Mamma. Non rallentarono il passo ne si mostrarono sorpresi nei vedere i giovani. Indossavano bluse anonime come quelle che si potevano vedere ogni giorno per strada. Quella che sembrava il loro caposquadra era una aracnide dell’ultima generazione con l’aria di un ufficiale in borghese. Viki avrebbe dovuto sentirsene sollevata; quelli erano probabilmente i militari che secondo Brent li avevano seguiti. Ma non riconobbe nessuno di loro…

Il capo, una femmina, si fermò davanti a loro in atteggiamento fermo e sicuro, quindi rivolse un gesto tranquillizzante a Trenchet Suabisme. — Voi due potete andare. Ora possiamo occuparcene noi. Il generale Smait vuole che tutti e sei i suoi figli siano riportati nella zona sorvegliata.

— Co-cosa? Io non capisco. — Trenchet Suabisme alzò le braccia, confusa.

I cinque sconosciuti si mossero avanti, mentre la caposquadra continuava a fare gesti tranquillizzanti, ma le loro spiegazioni non avevano senso. — Due guardie non sono abbastanza per sei giovani. Dopo che siete usciti abbiamo capito che avrebbero potuto esserci dei problemi. — Un paio di aracnidi si spostarono fra i due Suabisme adulti e i giovani. Viki si sentì spinta gentilmente ma fermamente contro Jirlib e Gokna. Il personale di sua madre non aveva mai agito così. — Scusate, ma questa è un’emergenza…

Alcune cose accaddero contemporaneamente. Trenchet e Alendon Suabisme cominciarono a gridare, spaventati e irritati. I due sconosciuti più grossi li spinsero indietro allontanandoli dai giovani. Uno di costoro stava frugando nel suo paniere.

— Ehi, qui ce ne manca uno! — Brent.

In alto, quasi sopra di loro, qualcosa si stava muovendo. La mostra della videomanzia consisteva in torreggianti scaffalature colme di tubi. Con inesorabile lentezza lo scaffale più vicino s’inclinò verso il pavimento, in una galassia di tubi colorati e crepitii di metallo che si schiantava. Viki vide per un momento Brent che si spostava dalla sommità di uno scaffale a quello accanto.

Quando i videotubi scoppiarono a dozzine, facendo schizzare attorno grandini di schegge con un fracasso assordante, Viki scivolò al suolo. Lo scaffale era caduto fra lei e i Suabisme… e dritto addosso a due dei robusti sconosciuti. Sul marmo si allargò un rivolo di sangue, e lei ansimò inorridita. Due mani anteriori immobili sporgevano da sotto i rottami, e a pochi centimetri da esse giaceva una grossa pistola a canna mozza.

Poi il tempo riprese a scorrere, Viki fu afferrata per il dorso e trascinata via da quello sconquasso. Sull’altro lato dello stesso individuo che s’era impadronito di lei, Gokna e Jirlib stavano gridando. Ci fu un orrido scricchiolio. Gokna ebbe un urlo strozzato e Jirlib tacque.

— Caposquadra, cosa facciamo con quei…

— Lascia perdere! Li abbiamo presi tutti e sei. Muovetevi. Andiamo!

Mentre veniva portata fuori dalla sala Viki si contorse per guardare indietro. Ma gli sconosciuti stavano abbandonando i loro due compagni feriti, e lei non riuscì a vedere dove fossero i Suabisme oltre lo scaffale rovesciato.

28

Quello era un pomeriggio che Hrunkner Unnerbai non avrebbe mai dimenticato. In tutti gli anni dacché conosceva Victreia Smait non l’aveva mai vista così vicina a perdere il controllo. Poco dopo mezzogiorno la chiamata radio con cui Sherkaner aveva infranto tutte le priorità militari aveva portato notizia del rapimento. Il generale Smait aveva immediatamente convocato il suo staff in una riunione d’emergenza, e Hrunkner Unnerbai s’era visto improvvisamente trasformato da un direttore di progetti in qualcosa di simile a… un sergente. Era corso all’aeroporto per far mettere in pista il trimotore del generale, quindi aveva messo al lavoro tutto il personale per i controlli di sicurezza. Non intendeva permettere che il generale corresse rischi inutili. Le emergenze di quel genere erano proprio il tipo di diversioni che al nemico piaceva creare, e quando tutti pensavano che niente contasse più che risolverle ecco che allora i sicari colpivano il loro vero bersaglio.

Il trimotore li portò in meno di due ore da Comando Territoriale a Principalia. Ma l’aereo non era un centro di comando volante; cose simili erano troppo costose per i loro fondi attuali. Così per due ore il generale dovette accontentarsi di un collegamento radio. Due ore lontana da Comando Territoriale e da Principalia, due ore per macerarsi con l’angoscia e l’incertezza. Era metà del pomeriggio quando atterrarono, e poi occorse un’altra mezzora per raggiungere la casa sulla collina.

L’auto era appena entrata nel parcheggio quando Sherkaner Underhill uscì dalla porta e li incitò a muoversi. Afferrò Hrunkner per un braccio e si rivolse al generale: — Hai fatto bene a portare con te Hrunkner. Avrò bisogno di entrambi. — Attraversò l’atrio e li condusse nel suo ufficio al pianterreno.

Nel corso degli anni Hrunkner aveva avuto occasione di vedere Underhill nelle più diverse situazioni: nei laboratori di Comando Territoriale durante la guerra coi Tiefer, nella spedizione nel vuoto attraverso la Tenebra Profonda, nelle riunioni in cui si decidevano importanti novità tecniche o economiche. Underhill non aveva sempre la meglio ma era immancabilmente pieno di sorprese e immaginazione. Tutto era un grande esperimento e una meravigliosa avventura. Anche quando falliva, vedeva il fallimento come una tappa verso altri esperimenti. Ma quel giorno… Sherkaner Underhill aveva conosciuto la disperazione. Si accostò a Victreia Smait, col tremito delle braccia e della testa più pronunciato che mai. — Dev’esserci un modo di trovarli. Deve esserci. Io ho dei calcolatori, e il collegamento a microonde con Comando Territoriale. — Tutte le risorse che in passato lo avevano servito così bene. — Riuscirò a salvarli. So che posso farlo.

Victreia Smait restò immobile qualche momento. Poi si strinse a lui e gli accarezzò il pelame sul dorso. La sua voce fu morbida come quella di un soldato che consolasse un camerata dopo aver visto cadere i compagni in battaglia. — No, mio caro. Tu non puoi fare più di tanto. — Fuori stava scendendo il tramonto. Hrunkner poteva avvertire la loro paura. Poi di colpo Underhill si appoggiò a lei a corpo morto. Nella stanza ci fu soltanto il sibilo del suo pianto. Dopo un poco il generale alzò una mano e accennò a Hrunkner di lasciarli soli.