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Viki vide Jirlib fremere mentre le implicazioni di ciò che aveva detto gli apparivano chiare, ma rimase calma. Altre risatine li distrassero da quei pensieri foschi. Alequere e Birbop non prestavano alcuna attenzione ai loro discorsi. Avevano scoperto la corda che Brent aveva in una tasca. Birbop ne afferrò un capo e balzò al suolo tirandosene dietro un capo come se gliela volesse arrotolare intorno alle gambe. Poi, prima che potessero fermarlo, si arrampicò su per le saldature e le piccole flange per tubi e cavi che sporgevano dalla parete, ancora in parte smontate, e con la rapida indifferenza degli sciocchi che non sanno ciò che fanno salì sempre più su, fino alla griglia verticale. Giunto là, per tornare giù non ebbe altra scelta che passare la corda di Brent sopra uno dei supporti che fermavano la griglia, e si calò lungo di essa fino al suolo.

L’intera operazione s’era svolta fra le strida eccitate di sua sorella Alequere e gli avvertimenti e gli ordini gridati da tutti gli altri, spaventati al pensiero che precipitasse. Ma quando il piccolo furfante fu di nuovo al sicuro fra le mani di Jirlib, si trovarono con una corda collegata alla sommità della loro prigione e cominciarono a pensare a come potevano utilizzarla.

Gokna e Viki discussero su chi di loro due avrebbe fatto il passo successivo. Fu Viki a vincere, grazie al fatto che pesava un po’ meno della sorella. Brent si tolse quindi la blusa e strappò via le fodere dell’imbottitura, che unite per le cuciture formarono una specie di bandiera di forma irregolare lunga quasi quattro braccia.

Gokna le porse la corda raddoppiata. — Credi che reggerà?

— Questa non si rompe — le assicurò Brent. — L’ho intrecciata io stesso, con del filo plastico che ho preso nel laboratorio.

Viki si tolse la blusa, afferrò l’improvvisato stendardo con le mani nutritive e cominciò ad arrampicarsi. Nella sua visione posteriore gli altri rimpiccolirono rapidamente. Soltanto allora le venne da pensare a cosa sarebbe successo se uno dei loro carcerieri fosse entrato proprio in quel momento a controllarli. L’improvvisa paura la fece irrigidire, ma si fece coraggio e continuò l’ascesa. Ancora un piccolo sforzo…

Spinse le braccia anteriori attraverso la griglia verticale e si aggrappò alla meglio, a contatto dell’aria aperta. Non c’era nessuna sporgenza su cui puntellarsi, e le sbarre erano troppo vicine perché uno di loro potesse scivolare all’esterno, ma… ah, la vista che si godeva da lì. Erano sulla cima di uno dei giganteschi edifici nuovi, alto almeno trenta piani. Il cielo s’era rannuvolato, e il vento soffiava con più forza. La visuale verso il basso era in parte ostruita dal tetto del grattacielo, ma davanti a lei Principalia si stendeva come un modellino di legno. Da lì vedeva piuttosto bene una delle strade più frequentate, gli autobus, le automobili, la gente.

Se solo avessero alzato lo sguardo verso di lei… Viki sporse la fodera della blusa fuori dalla griglia e la svolse. Per poco il vento non gliela strappò di mano. Lei la tenne ferma e poi la legò alla griglia in quattro punti, con attenzione. Ora il vento faceva sventolare energicamente la stoffa sottile, sbattendola qua e là.

Un ultimo sguardo alla libertà: in distanza le colline sembravano confondersi con le nuvole basse e pesanti. C’era un’altura, tutto intorno alla quale saliva a spirale una strada, fitta di palazzi, e sulla cima un edificio ben noto. La casa sulla collina! Da lì poteva vedere casa sua!

Viki scese lentamente dall’apertura chiusa con la grata, sentendosi finalmente rinfrancata e sicura di sé. Ce l’avrebbero fatta! Brent tirò giù la corda e se la mise in una tasca della blusa priva di fodera. Poi sedettero nella penombra che s’infittiva, chiedendosi quando si sarebbero fatti vivi i loro rapitori e discutendo su quali potevano essere le intenzioni di quella gente. Verso sera cominciò a cadere una fitta pioggia, ma il lieve rumore della stoffa che sbatteva contro la parete esterna era un conforto.

Poco dopo la mezzanotte il vento strappò i nodi che la fissavano alla griglia, e la bandiera si perse nell’oscurità.

29

Il Diritto di Petizione al caponave era una tradizione rispettata. Aveva solide basi storiche, anche se Tomas Nau era certo che secoli addietro, durante l’Era della Pestilenza, le petizioni venivano concesse solo per motivi propagandistici. In tempi più moderni il Diritto di Petizione era stato il modo preferito di suo zio Alan per incrementare la sua popolarità e costruire calunnie sulle fazioni rivali.

Era una tattica intelligente, a patto che uno fosse più accorto di suo zio Alan nel distinguere fra un postulante autentico e un sicario prezzolato. Nei ventiquattro anni trascorsi dal loro arrivo a OnOff, Tomas Nau aveva accolto una dozzina di petizioni. Nessuna tuttavia gli era mai stata presentata con carattere di urgenza, come quel giorno.

Seduto dietro la scrivania del suo ufficio Nau guardò i cinque postulanti. Correzione: rappresentanti dei postulanti. Dichiaravano di parlare a nome di un centinaio di persone, riunitesi appena 8 Ksec prima. Nau sorrise e accennò loro di prendere una sedia. — Direttore dei piloti Xin. Lei è il più anziano, mi sembra. Prego, esponga la vostra petizione.

— Sì, caponave. — Xin guardò la sua amica. Rita Liao. Erano entrambi tipici Emergenti, le cui famiglie avevano offerto alla patria focalizzati e Seguaci per oltre trecento anni. Gente come loro era l’ossatura della società, e trattare con loro era facile. O meglio, niente era ahimè facile lì, a venti anni-luce dal mondo civile. Xin gettò un’occhiata nervosa a Kal Omo. Questi gli restituì uno sguardo molto freddo, e Nau rimpianse di non aver avuto il tempo di preparare una scusa. Con Brughel fuori Turno, nessuno avrebbe potuto biasimarlo se avesse deciso di respingere la petizione.

— Come lei sa, caponave, molti di noi sono impegnati nelle analisi del materiale che proviene dal pianeta. Molti altri hanno un comprensibile interesse in ciò che i Ragni stanno…

Nau gli elargì un sorriso gentile. — Lo so. Siete sempre nel locale di Benny ad ascoltare le traduzioni.

— Sì, signore. Tutti apprezziamo molto L’Ora della Scienza dei Piccoli, e le traduzioni di materiale storico. Questo ci aiuta nelle nostre analisi. Così… — Parve cercare le parole. — Non so come dirlo. È che i Ragni hanno un intero mondo, laggiù, e qualche volta sembrano talmente… — Veri, Nau pensò che avrebbe detto. — Voglio dire, abbiamo finito con l’affezionarci ad alcuni di quei Ragni bambini.

Come noi volevamo. Le traduzioni erano trasmesse in differita, ora. Non si era ancora scoperto cos’avesse causato la regressione del virus cerebrale, né se la cosa fosse davvero collegabile a quella trasmissione doppiata in diretta. Anne Reynolt giudicava che il rischio non superasse quello di altre operazioni. Nau allungò una mano alla sua destra e sfiorò dolcemente quella di Qiwi. Lei gli restituì il sorriso. I Ragni bambini s’erano dimostrati di notevole importanza nella gestione del personale; questo lui non l’avrebbe capito se non fosse stato per Qiwi Lisolet. La ragazza era stata utile. Guardandola, parlandole, ingannandola… c’era sempre qualcosa da imparare. Avere dei figli, dei bambini, sarebbe stato impossibile con le limitate risorse di L1, perciò qualcosa doveva sostituirli. Ideando i doppiaggi di quel programma Qiwi gli aveva offerto la soluzione. — Tutti noi proviamo simpatia per quei ragnetti, direttore dei piloti. La vostra petizione ha a che fare col loro rapimento?

— Sì, signore. Sono trascorsi settanta Ksec dal fatto. I Ragni dell’Alleanza stanno usando le loro risorse tecniche e organizzative più intensamente che in passato. Finora questo non gli è servito a niente, però le nostre testerapide stanno ricavando molti dettagli. Insieme alle trasmissioni a onde corte dell’Alleanza l’etere è pieno di messaggi Kindred codificati. Anche loro li ricevono, e non hanno modo di decifrarne una parola. Ma per noi gli algoritmi kindred sono un gioco da bambini. Negli ultimi 40 Ksec noi… io ho messo al lavoro alcuni traduttori e analisti, e ora penso di sapere dove sono tenuti i Ragni rapiti. Cinque analisti danno per certo che…