Выбрать главу

Jaiber Comesichiama scrollò le spalle e continuò il suo lavoro. Sherkaner non disse altro ma sembrava sconfortato. Questo era il meglio che potesse fare.

Così Unnerbai tornò al posto di comando, dove almeno c’era un’illusione di progressi.

Victreia Smait rientrò un’ora dopo il tramonto. Esaminò in fretta i rapporti negativi, con aria molto innervosita. — Ho lasciato Belga giù in città, con la polizia. Dannazione, la sua radio non è migliore dei loro telefoni.

Unnerbai si spruzzò sugli occhi un detergente che non sostituiva una buona nottata di sonno. — Neppure al colonnello Vilunder piace il suo complicato equipaggiamento. — In un’altra epoca Belga Vilunder sarebbe stata efficiente, in questa… be’, lei non era la sola a detestare le meravigliose complicazioni della vita moderna.

Victreia Smait sedette accanto al suo vecchio sergente. — Però ha tolto il grosso del lavoro dalla nostra schiena. Rachner ha fatto sapere qualcosa?

–È giù, al servizio di sicurezza dell’Alleanza. — In effetti il giovane maggiore non legava molto con lui.

— Lui è molto sicuro che si tratta di una manovra politica dei Kindred. Io non lo so. Ci sono immischiati, ma… lo sapevi che il direttore del museo è un tradizionalista? E l’artropode che lavorava nel magazzino del museo è scomparso. Belga ha scoperto che è un tradizionalista anche lui. In città il loro gruppo di attivisti è numeroso e ben organizzato. Io credo che alcuni di costoro abbiano aperto la strada ai Kindred. — La sua voce era pacata, serena. Molto tempo più tardi Hrunkner avrebbe ricordato che invece il corpo di lei era teso come una molla d’acciaio.

Per sua sfortuna in quel momento Hrunkner era distratto. Per tutta la notte aveva vagliato rapporti, alzandosi solo per guardare fuori nel buio. Per tutta la notte aveva agognato le fredde profondità della terra, pregando per la piccola Viki, per Gokna, Brent e Jirlib. Con voce triste disse, quasi a se stesso: — Io li ho visti crescere e diventare ragnetti veri, ragnetti che chiunque poteva amare. È facile credere che abbiano l’anima anche loro.

— Che vuoi dire? — La rigidità della voce del generale non penetrò nella stanchezza di Hrunkner. In seguito avrebbe avuto anni per ripensare a quella conversazione, per immaginare i modi in cui avrebbe potuto evitare il disastro. Ma la mancanza di sonno lo stordiva, così mormorò: — Non è colpa loro se sono nati fuori-fase.

— Non è colpa loro se i miei malsani ideali modernisti li hanno uccisi? — La voce di Victreia Smait era un sibilo rovente. Stavolta Unnerbai se ne accorse, nonostante la stanchezza. Il generale stava tremando.

— No, io… — Ma era già irrevocabilmente troppo tardi.

Victreia Smait balzò in piedi. Alzò un lungo braccio e lo percosse sulla testa, come uno staffile. — Vattene via da qui!

Unnerbai vacillò indietro. La sua visione sul lato destro era una rossa nebbia agonizzante. Gli ufficiali e i graduati della sala s’erano voltati, sorpresi e sbalorditi.

Il generale avanzò verso di lui. — Tradizionalista! Traditore! — Le sue mani scattavano come se volessero colpirlo ancora. — Per anni hai finto di essere un amico, ma ci disprezzavi e odiavi quel che stavamo facendo. Ora basta. — Si fermò e ripiegò le braccia sui fianchi. Hrunkner vide che ora controllava la rabbia, vide che era fredda e razionale… e questo gli fece più male del colpo ricevuto sull’occhio. — Prendi la tua morale stantia e vattene. Subito.

L’atteggiamento di lei era quello che Hrunkner aveva visto due o tre volte, durante la Grande Guerra, quando s’erano trovati con le spalle al muro ma lei non aveva ceduto. Cercare di spiegarsi sarebbe stato inutile. Unnerbai chinò il capo, tentato di mormorare: Mi dispiace. Non volevo fare del male. Io voglio bene ai tuoi figli. Ma li aveva accusati di non avere un’anima, e sapeva che lei non lo avrebbe ascoltato.

Si volse, passò davanti ai membri dello staff perplessi e ammutoliti, e uscì dalla porta.

Quando Rachner Thract seppe che Victreia Smait era rientrata si affrettò a raggiungerla al posto di comando. Nell’atrio incrociò Hrunkner Unnerbai. L’ex sergente aveva perso le sue arie da vecchio trombone; si dirigeva all’uscita con andatura stanca, e su un lato della testa aveva un lungo segno bianco.

Rachner lo salutò educatamente: — Tutto bene? — ma Unnerbai passò oltre ignorandolo come un osprech sordo avrebbe ignorato un contadino. Per un momento lui fu tentato di fermare il vecchio artropode, poi ricordò che aveva da fare e proseguì in fretta.

— Sembra che il rapimento sia uno dei sintomi che la fazione chiamata Misure Estreme ha ormai il controllo dei Kindred — riferì Rachner al generale. — Ieri almeno cinque della fazione moderata dei Profondi sono stati fucilati, compresi Klingtram e Sangst, e purtroppo anche Droobi. Quelli rimasti al potere sono elementi attratti dal rischio.

— Capisco — disse il generale Smait. — Tuttavia siamo ancora lontani dal momento politico in cui una guerra porterebbe loro qualche beneficio.

— È vero, signora. La strategia dei Kindred sembra quella di destabilizzare il mondo civile il più possibile prima della Tenebra, per poi attaccare chiunque resterà sveglio. Signora… alcuni agenti Tiefer ci confermano che Pedure è a capo delle operazioni esterne dei Kindred. Noi credevamo erroneamente che fosse una semplice simpatizzante, ma a questo punto dobbiamo presumere che sia collegata ai rapitori, o addirittura abbia organizzato lei stessa l’operazione. È molto probabile che si voglia colpire suo marito, poiché Sherkaner Underhill è stato l’autore dei successi strategici dell’Alleanza…

Il generale tamburellava sul tavolo con una mano. — Sì… continui, maggiore, la prego.

— Ciò che pensano i miei analisti — disse Rachner, — è che Pedure non abbia visto alcun inconveniente nel rapire i vostri figli, ma diversi vantaggi. Nel caso per lei più favorevole può portarli in un luogo sicuro e usarli con comodo per fare pressione su di lei e suo marito… diciamo per anni. È ragionevole che presuma che con questo ricatto voi non riuscireste a lavorare come in passato.

Victreia Smait agitò un braccio. — Se ce li rimandasse a pezzi, a intervalli studiati… — La sua voce non riuscì a fingersi calma. — Credo che lei abbia ragione sulla Pedure. Sappiamo che si è informata a lungo su me e mio marito. Va bene. Voglio che lei e Belga Vilunder…

Uno dei telefoni sulla scrivania tintinnò. Era una linea interna. Il generale allungò un paio di braccia e sollevò il cono. — Qui Smait.

Ascoltò per qualche momento, poi le sue mani nutritive si aprirono di scatto. — Loro cosa? Ma… Sì, Sherkaner, ti credo. Sì, Jaiber ha fatto bene a passarlo a Belga.

Riappese il ricevitore e si volse a Thract. — Sherkaner ha trovato la chiave del codice. Ha decifrato le trasmissioni captate questa notte. Non ne è sicuro, ma è probabile che i nostri ragnetti siano prigionieri qui in città, sulla cima della Torre Piazza. — Balzò giù dal trespolo e fece segno al capo del suo staff. — Chiamate il colonnello Vilunder. Andiamo in centro.

30

Shynkrette andava avanti e indietro nel suo “posto di comando”. Stava ancora riflettendo sui capricci della fortuna. Quella missione era stata programmata come una lunga serie di appostamenti, per non meno di cento giorni, e invece loro avevano colpito il bersaglio neppure dieci giorni dopo l’inizio. L’intera operazione era stata un alternarsi di colpi di fortuna e dannati inconvenienti.

E adesso a che punto erano? Le promozioni andavano a chi riportava un successo concreto, e al momento non si poteva ancora parlare di successo, visto che erano inchiodati lì. Ma lei era sopravvissuta a momenti più difficili. Che Berkir e Fremm fossero rimasti schiacciati sotto quella scaffalatura era colpa della scalogna e della disattenzione. L’errore peggiore era aver lasciato vivi due testimoni… o almeno, il peggiore che poteva essere addebitato a lei. D’altra parte loro avevano sei giovani, e almeno quattro di essi erano figli di Underhill. L’allontanamento dal museo era andato liscio, ma il loro contatto all’aeroporto aveva segnalato l’arrivo di veicoli sospetti. La polizia dell’Alleanza era stata troppo veloce, e probabilmente per colpa dei due testimoni rimasti vivi.