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Quei locali progettati come uffici occupavano l’intero perimetro esterno della Torre Piazza, alta venticinque piani. Da lì si aveva un’ottima vista delle attività cittadine, salvo che direttamente verso il basso. In un certo senso erano prigionieri lì (chi s’era mai nascosto salendo verso il cielo?). In un altro… Shynkrette si fermò accanto al sergente della sua squadra. — Dennei, cosa dice Trivelle?

Il sergente si tolse la cuffia telefonica dalla testa. — Nell’atrio a pianterreno c’è la solita attività. Ha accolto poco fa alcuni clienti, un vecchio artropode e altri dell’ultima generazione. Desiderano affittare dei locali a uso ufficio.

— Va bene. Digli di portarli al terzo piano. Se vogliono vedere qualcos’altro, che trovi una scusa per farli tornare domani. — E l’indomani, Profondità permettendo, Shynkrette e la sua squadra non sarebbero più stati lì. Avrebbero già lasciato la città se non fosse stato per la tempesta di quella notte. Il Reparto Operazioni Speciali dei Kindred poteva fare delle cose, con gli elicotteri, che l’Alleanza non si sognava neppure… E poi, se la fortuna continuava a essere dalla loro parte, in un altro paio di giorni lei e la squadra sarebbero rientrati in patria con le loro prede. Il libro di dottrina Kindred era molto permissivo circa la tortura e la decapitazione degli infedeli. Dopo questa operazione, l’Onorevole Pedure ne avrebbe scritto un nuovo capitolo. Certo avrebbe saputo come utilizzare quei sei giovani, magari un pezzo alla volta.

La mente di Shynkrette accantonò quel pensiero. Lei faceva parte del circolo interno di Pedure fin dalla Grande Guerra, ma preferiva fare il lavoro dell’Onorevole sul campo che aiutarla nelle sale di tortura dei Kindred. In quelle sale si finiva per non capire più cosa fossero la verità e il peccato, e morire era una faccenda sporca.

Shynkrette si spostò da una stanza all’altra, esaminando le strade attraverso le lenti di un ingranditore. Ma… uh, dannazione, c’era un convoglio di mezzi della polizia diretto da quella parte. I loro fari gialli erano inconfondibili. Quelli erano furgoni muniti di armi pesanti, noti per la loro capacità di terrorizzare i criminali costringendoli a una resa immediata. Quei fari gialli (e le sirene, che certo fra poco avrebbero cominciato a suonare) erano l’inizio di un’intimidazione. Ma con loro la polizia stava facendo un brutto sbaglio. Shynkrette si gettò il fucile sulla schiena e corse via nel corridoio centrale.

— Sergente! Porta la squadra di sopra. Immediatamente!

Dennei la guardò con stupore. — Trivelle dice di aver sentito delle sirene, ma si stavano allontanando da qui.

Una coincidenza? Forse la polizia aveva individuato qualcosa di sospetto da un’altra parte. Shynkrette restò qualche momento indecisa. Dennei alzò una mano e continuò: — Ma dice anche che tre impiegati hanno lasciato le sale di vendita, forse per andare in bagno.

Questo non le diceva molto. Shynkrette accennò al sergente di alzarsi. — Chiedi a Trivelle di lasciarli perdere e di salire. Digli che siamo in Allarme Cinque. — C’era sempre un piano alternativo, o così si diceva per fare una truce battuta di spirito, alle Operazioni Speciali. Erano ancora in tempo per prendere delle contromisure. Ad esempio, sarebbe stato facile uscire dall’edificio e confondersi fra la folla dei passanti. Nel caso peggiore non si dovevano lasciare prove del coinvolgimento dei Kindred. Ma se lei avesse calcolato bene le sue mosse poteva ancora esserci un successo parziale.

Mentre correvano su per le scale, Dennei estrasse il fucile e un coltello da combattimento. Il successo in una situazione di Allarme Cinque comprendeva la necessità di perdere qualche minuto per eliminare gli ostaggi, facendoli a pezzi in modo molto sanguinoso. Evidentemente Pedure pensava che questo avrebbe terrorizzato a morte qualche alto personaggio dell’Alleanza. A Shynkrette sembrava una cosa stupida, ma lei ammetteva di non conoscere tutti i fatti. Poco importava. Alla fine della guerra lei aveva partecipato al massacro di oltre centomila persone ibernate in una profondità. Niente poteva essere più disgustoso di una cosa del genere, anche se i beni rubati laggiù avevano finanziato la rinascita dei Kindred.

All’inferno, probabilmente lei stava facendo un favore a quei giovani: così avrebbero evitato di far conoscenza con la Onorevole Pedure.

Per tutta la mattina Brent era rimasto disteso sul pavimento. Sembrava ancora più scoraggiato di Viki e Gokna. Jirlib almeno poteva distrarsi facendo giocare i due piccoli. Erano entrambi di pessimo umore e continuavano a chiamare il loro padre; non volevano avere niente a che fare con le femmine più grandi. L’ultima volta che i loro carcerieri avevano portato loro qualcosa da mangiare era stato il pomeriggio precedente.

Un raggio di sole scendeva obliquamente dalla grata, illuminando le rozze pareti metalliche di quella prigione. Era quasi mezzodì quando Brent alzò una mano. — Sento delle sirene — disse, dopo oltre un’ora che non apriva bocca. — Appoggiate il venire al suolo e ascoltate.

Gokna e Viki si sdraiarono, Jirlib azzittì i piccoli per quanto era possibile.

— Sì, sento.

— Queste sono sirene della polizia, Viki. Senti il thump thump?

Gokna si alzò in piedi e corse alla porta. Viki, stesa sul pavimento, si girò verso di lei. — Stai ferma, Gokna!

Ora anche i piccoli tacevano. C’erano altri rumori: il ronzio dei ventilatori da qualche parte nell’edificio, i vaghi rumori del traffico esterno… ma anche lo scalpiccio di molti piedi in corsa, su per le scale.

— Si avvicinano — disse Brent.

— Loro… loro vengono a prenderci.

— Sì. — Brent fece una delle sue solite pause ottuse. — Sento anche altri che arrivano, più silenziosi o più in basso dei primi.

Poco importava. Viki corse alla porta e si arrampicò accanto a Gokna. Quel che si proponevano di fare era pietosamente inetto, ma non avevano altra scelta. Prima Jirlib aveva detto che lui era più grosso, e che poteva ottenere di più gettandosi dall’alto. Vero, ma se quelli avessero sparato lui era il solo che poteva tenere i piccoli lontani e al riparo col suo corpo. Così Gokna e Viki si inerpicarono fino a tre braccia dal suolo sulle sporgenze, ai due lati della porta.

Brent si alzò e corse ad appiattirsi accanto al battente, dove questo lo avrebbe parzialmente nascosto nell’aprirsi all’interno. Jirlib restò dov’era, coi piccoli fra le braccia, senza più cercare di calmarli, Ma all’improvviso i due tacevano. Forse avevano capito. Forse era una cosa istintiva.

Viki sentì dei passi oltre la parete. Due persone. Una disse qualche parola in tono secco, e lei riconobbe la voce della caposquadra dei rapitori. La chiave girò nella serratura. Jirlib fece spostare i due piccoli dietro di sé. Viki e Gokna stavano usando la corda di Brent per reggersi alle sporgenze metalliche, ma erano in posizione precaria. Le due sorelle si scambiarono uno sguardo. Per colpa loro i figlioletti di una coppia innocente stavano rischiando la vita. Adesso loro dovevano fare il possibile per difenderli.

La porta si aprì con un cigolio metallico. — Per favore, non fatemi del male — disse Brent, dietro il battente. Il suo tono era poco espressivo come sempre, e inoltre Brent non avrebbe supplicato né Dio né il Diavolo di salvargli l’anima. Ma per qualche motivo quelle parole parvero inzuppate d’abbietto spavento.