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— Nessuno vuole farvi del male. Sarete trasferiti in un altro posto, e vi daremo del cibo. State tranquilli. — La voce della caposquadra aveva un tono ragionevole e rassicurante, ma quando entrò aveva il fucile spianato.

Gokna e Viki si tuffarono su di lei con tutta la violenza possibile. Il fucile della caposquadra si girò dalla parte del battente, in cerca di Brent. Per un momento Viki vide qualcuno più indietro, un maschio armato di un grosso fucile, poi lei e Gokna si abbatterono sulla schiena dell’aracnide e il loro peso la schiacciò al suolo, facendole sfuggire l’arma dalle mani. Ma l’altro si gettò avanti. Ci fu uno sparo assordante e Gokna ne fu colpita in pieno; pezzi di chitina e schizzi di sangue imbrattarono la parete opposta del locale.

Poi Brent gli fu addosso.

La femmina che Viki aveva fatto cadere la spinse via, mandandola a sbattere la testa contro lo stipite della porta. Tutto diventò grigio e confuso dopo quel momento. Poi intorno a lei risuonarono altre grida, altri rumori, altri spari.

Viki non era stata ferita, a parte una piccola emorragia interna che i medici poterono controllare facilmente. Jirlib aveva riportato numerose ammaccature nella chitina e tre braccia slogate. Il povero Brent era ridotto peggio.

Quando quel giovane maggiore di nome Thract ebbe finito di fare domande, Viki e Jirlib ebbero il permesso di visitare Brent in infermeria. Papà era già lì, appollaiato su un trespolo accanto al letto. Erano a casa da ormai tre ore, ma Papà appariva ancora stordito. Brent era disteso su una spessa imbottitura, con un sifone d’acqua a portata delle mani nutritive. Le mosse in un debole sorriso nel vederli entrare. — Ora sto meglio. Non ho niente. — Solo due gambe rotte e un paio di fori di pallottole.

Jirlib gli diede una pacca sulle spalle.

— Dov’è mamma? — domandò Viki.

Papà aveva la voce rauca. — È di sopra. La vedrai più tardi. Cerca di capire, sono successe troppe cose. Tu sai che a fare questo non sono stati solo dei criminali o dei balordi, vero?

Viki annuì. Non un solo criminale era sopravvissuto alla sparatoria. Thract aveva detto che uno si era suicidato per non essere catturato vivo. — Erano Kindred. Oh, Papà… d’ora in avanti niente sarà più lo stesso, per noi!

Papà parve ripiegarsi su se stesso. — Figli miei, mi dispiace. Non avrei mai voluto che vi accadesse qualcosa di male. Da oggi in poi dovremo pensare a…

— Ma ora Gokna è morta! — All’improvviso la sua armatura di calma forzata si squarciò, e Viki pianse. Sibilando disperatamente corse fuori e salì per le scale, ignorando quelli che allungavano una mano o dicevano qualcosa per consolarla.

Quando fu in camera sua sbatté la porta. Per qualche istante rimase lì, stordita da quella corsa. Poi si guardò attorno, i segni della presenza di Gokna erano dappertutto, ed erano segni di una presenza viva. Ma lei non c’era più. Non avrebbero più parlato, più giocato, neppure più litigato. Per un momento fu sul punto di voltarsi e fuggire da quella stanza. Era come se un buco mostruoso si fosse aperto nel suo corpo, strappandole via metà delle braccia e delle gambe. Non c’era posto dove quell’angoscia non l’avrebbe seguita. Viki si gettò su una stuoia e restò lì a lungo, scossa da tremiti.

Più tardi, nel pomeriggio, una mano grattò alla porta. — Victreia, possiamo parlare un momento? — Mamma.

Un po’ sollevata Viki andò ad aprire e poi si fece indietro, a testa china. — Credevo che tu fossi molto occupata, stasera. — Notò che indossava l’uniforme nera, con le mostrine ultraviolette e rosse. Non aveva mai visto il generale in uniforme lì a Principalia, anche a Comando Territoriale si vestiva così solo in occasione dei colloqui coi suoi superiori.

Sua madre entrò nella stanza. — Abbiamo fatto dei gravi sbagli — disse. — Ormai non possiamo più riportare indietro Gokna. Ma possiamo ricordarla, e amare il suo ricordo, e fare in modo che una cosa tanto terribile non accada mai più.

— Sì, Mamma.

— Tuo padre… noi abbiamo voluto tenervi fuori da certi problemi, come quelli politici, almeno finché foste stati più grandi. Oggi mi accorgo che lasciandovi nell’ignoranza vi abbiamo esposto a un grave rischio.

— Non è colpa vostra, Mamma. Io… farò quello che sarà necessario. Basta che tu me lo dica.

— I cambiamenti nella vostra vita non saranno poi così grandi. Vi farò dare un’istruzione militare, e anche un po’ di addestramento fisico. Ma tu e i tuoi fratelli più giovani avete ancora molto da studiare sui libri. I veri cambiamenti dovranno avvenire dentro la vostra testa, e nel nostro modo di trattarvi. Nel mondo d’oggi ci sono dei rischi nuovi e mortali, che voi dovrete capire. Io spero che non ci saranno più momenti drammatici come stamattina per voi, ma alla lunga i pericoli che dovrete affrontare saranno ancora maggiori. Mi dispiace, ma non ci sono mai stati tempi pericolosi come questi.

Viki cercò di restituirle un sorriso. — L’importante è che la nostra famiglia sia unita.

Il generale annuì. — Lo è, non dubitarne. Ora ci sono soltanto cinque di voi, Viki. Sette, con me e tuo padre. Siamo una squadra, e tu lo hai capito. Ciò che ancora non sai è come ci comportiamo col resto del mondo. Lascia che ti dica la mia fredda opinione professionale su una cosa: voi siete migliori degli altri, e potete migliorare ancora. Io volevo posporre ancora per qualche anno certi argomenti importanti e delicati, ma le cose sono cambiate in fretta. Se verranno presto i tempi che temo, voglio che voi cinque sappiate cosa sta succedendo. Voglio che voi siate in grado di reagire nel modo giusto anche se tutti gli altri non sapranno dove sbattere la testa.

Victreia Seconda era grande abbastanza per conoscere il significato dei giuramenti militari e della catena di comando. — Tutti gli altri? Io… — Indicò le mostrine dei gradi sull’uniforme di sua madre.

— Sì. Io ho giurato fedeltà per la vita alla Corona. Ma sto dicendo che possono venire tempi in cui… in breve, servire la Corona vuol dire agire anche fuori dalla catena di comando. — Sorrise nel vedere la perplessità di lei. — Alcune delle cose che si leggono sui romanzi sono vere, Viki. Il capo del Servizio Informazioni dell’Alleanza ha un’autorità particolare… ma ho già tralasciato i miei impegni troppo a lungo. Ho una riunione. Presto tu e io ne riparleremo.

Quando il generale fu uscita, Viki camminò avanti e indietro nella sua stanzetta. Era ancora stordita dal dolore, ma cominciava a uscire dall’incubo. C’era ancora il futuro, e la speranza. Lei e Gokna avevano giocato allo spionaggio, qualche volta.

Ma mamma non parlava mai del suo lavoro. I progetti di costruzioni, come quelli di cui si occupava Hrunkner Unnerbai, le erano sempre sembrati più reali. Ora…

Per un poco Viki giocò con la casa delle bambole di Gokna. Lei e sua sorella non avevano mai parlato di politica; erano cose per adulti. Quel giorno la squadra di Mamma aveva subito la prima perdita. Ma ora tutti sapevano che era una squadra. Jirlib e Brent, Rhapsa, il piccolo Hrunkner, Victreia Smait e Sherkaner. Avrebbero imparato ad agire insieme. E alla fine, questo sarà sufficiente.

31

Per Ezr Vinh gli anni passavano in fretta, e non solo perché il suo Turno lo lasciava in sonno freddo per tre quarti del tempo reale. Dal giorno dell’attacco degli Emergenti era già trascorso un terzo degli anni della sua vita soggettiva. Erano gli anni che lui s’era ripromesso di pazientare, senza mai cedere alla tentazione di cercare di distruggere Tomas Nau e salvare il salvabile. Erano gli anni che lui aveva immaginato pieni di tormento e di dolore.

Sì, aveva giocato il suo gioco con snervante pazienza. E di dolore ce n’era stato fin troppo… oltre alla vergogna. Tuttavia in quegli ultimi tempi la sua paura era rimasta lontana, in disparte. Solo il sapere che stava lavorando per Pham Nuwen gli dava la sicurezza che alla fine loro avrebbero vinto. Ma la sorpresa maggiore gli era venuta da una consapevolezza che ogni tanto metteva fuori la testa, lasciandolo a disagio: quegli anni erano più soddisfacenti di ogni altro periodo della sua vita. Per quale motivo?