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Nel complesso fu una buona seduta. E al termine Trixia fece una cosa che lo sorprese e lo deliziò. Senza smettere di parlare allungò una mano e prese una pasta. Tolse l’involucro aderente al vassoio e ne annusò l’aroma, come se sapesse bene quale piacere si provava nel mangiare quelle piccole delicatezze. Poi si ficcò la pasta in bocca, tutta quanta, facendosi colare sui mento lo zucchero candito e la crema. Per un momento Ezr pensò che si sarebbe strozzata, ma lei masticò, inghiottì, e alla fine sospirò con un sorriso soddisfatto. Era la prima volta in tutti quegli anni che Ezr la vedeva felice per qualcosa che non riguardasse il Focus.

Anche le sue mani avevano smesso di muoversi, per una decina di secondi. Poi disse: — Bene. Che altro c’è?

Occorse qualche istante perché la domanda penetrasse nello stupore di Ezr. — Ah, uh… — Sulla sua lista non c’erano più argomenti. Ma che gioia! Le paste avevano fatto il miracolo. — S-solo un’altra cosa. Trixia. Una cosa che tu devi sapere. — Una cosa che forse sei finalmente in grado di capire. — Tu non sei una macchina. Sei un essere umano.

Ma quelle parole non ebbero alcun effetto. Forse lei non le udì neppure. Le sue dita avevano ripreso a battere tasti, e il suo sguardo era perduto su qualcosa che lui non poteva vedere. Ezr attese per un poco, ma quel suo mutamento nel livello di attenzione sembrava svanito. Con un sospiro si mosse verso la porta della stanzetta.

Fu allora, una ventina di secondi dopo le sue parole, che Trixia girò la testa. Sul volto di lei c’era di nuovo un’espressione, e stavolta si trattava di sorpresa. — Sul serio? Io non sono una macchina?

— Non sei una macchina. Tu sei una persona vera.

— Oh. — Di nuovo disinteresse. Lei tornò alle finestre colme di dati, mugolando cose incomprensibili ai suoi colleghi testerapide. Ezr prese il vassoio e scivolò fuori in silenzio. Anni addietro era stato ferito, addoloralo, da quei bruschi addii. Ma… per le testerapide quella era la normalità. Una normalità che tuttavia lui aveva infranto per qualche istante. Fluttuò via lungo i corridoi a sezione circolare. Di solito quegli stretti budelli in cui si passava a stento gli davano ai nervi. Ogni due metri la porta di un’altra cella, a destra, a sinistra, in alto, in basso. Nessuno aveva mai attacchi di claustrofobia, lì dentro? E se ci fosse stato bisogno di evacuare l’habitat in fretta? Ma quel giorno… d’un tratto senti un eco, e si accorse che stava fischiettando.

Anne Reynolt lo intercettò mentre usciva nel pozzo centrale di Hammerfest. Indicò il vassoio a cui aderiva la pasta rimasta. — Questa la prendo io.

Al diavolo. Ezr aveva pensato di metterla in frigo per portarla a Trixia l’indomani. Diede il vassoio alla bionda. — È andato tutto bene. Lo leggerà nel mio rapporto.

— Credo che lei possa venire a farmi rapporto subito, nel mio ufficio. — La Reynolt indicò verso il fondo del pozzo, afferrò un corrimano e si spinse avanti, girata a testa in giù. Ezr la seguì. La luce di OnOff scintillava attraverso pannelli di diamante. Poi intorno a loro ci fu la massa di Diamante Uno e la luce artificiale. Sui bassorilievi scolpiti nel cristallo c’erano tracce di sporco, dove la gente appoggiava le mani più spesso. Ormai non restavano più abbastanza testerapide per i semplici lavori di manutenzione, Sul fondo svoltarono e scesero ancora, fra corridoi e uffici ormai ben noti a Ezr. La clinica del Focus. Lì c’era stato una sola volta. Era sempre sorvegliata, ben monitorata, ma non proibita a tutti. Pham ci andava regolarmente. Grande amico di Trud Silipan. Ma a Ezr non piaceva. Era il posto dove rubavano l’anima.

L’ufficio della Reynolt era in fondo al corridoio, oltre una semplice porta. La “Direttrice delle Risorse Umane” sedette dietro la scrivania e aprì la confezione della pasta. — Appetitoso. Ma lo zucchero candito e la crema non sono nella lista dei cibi permessi, signor Vinh. Devo notare che lei non desiste dai suoi tentativi di risvegliare l’amore della dottoressa Bonsol.

— L’amore per me o quello per i dolciumi?

La Reynolt gli elargì un sorrisetto. Il suo sarcasmo sarebbe stato sprecato con una qualsiasi testarapida, ma non con lei, che almeno lo capiva e forse perfino lo apprezzava. Però non le faceva alcun effetto. — Magari con l’odore… è così? Immagino che lei abbia rovistato nei testi di neurologia Qeng Ho, e trovato che le vie olfattive possono dare accesso ai centri di coscienza superiori. Mmh? — Per un istante lo sguardo di lei lo esaminò come un insetto su un vetrino di microscopio.

Questo è esattamente ciò che ho letto. E la crema era una cosa che Trixia non aveva mai assaggiato da quando l’avevano focalizzata. Per un attimo i muri intorno alla coscienza di lei s’erano assottigliati come un velo. Per un attimo Ezr l’aveva quasi toccata.

Scrollò le spalle. La Reynolt era molto acuta. Se si fosse data la pena di farlo, avrebbe potuto leggergli fino in fondo ai pensieri. Forse poteva leggere anche in quelli di Pham Nuwen. Se Brughel avesse un annusatore bravo quanto lei, io e Pham saremmo morti da un pezzo.

Anne Reynolt distolse lo sguardo, e per un po’ guardò solo quel che era proiettato sulle sue lenti a contatto. Poi disse: — Il suo sciocco tentativo di oggi non ha causato inconvenienti. In un certo senso il Focus è uno stato molto stabile. Lei può credere di vedere dei cambiamenti nella dottoressa Bonsol, ma rifletta: negli ultimi anni tutti i migliori traduttori hanno imparato a esibire emozioni sintetiche. Se questo comincia a danneggiarli, non abbiamo che da portarli giù in clinica e sintonizzarli di nuovo… A ogni modo, se lei insisterà nel manipolare la dottoressa Bonsol, le sarà proibito di frequentarla.

Era una minaccia più che sufficiente per piegarlo, ma Ezr cercò di ridere. — Cosa, non mi farete eliminare?

— Non sia drammatico, signor Vinh. La sua conoscenza della società umana all’Era dell’Alba la rende prezioso qui. Lei lavora bene come interfaccia fra i miei quattro gruppi… e so che il caponave tiene presente i suoi consigli. Ma non faccia errori. Io posso fare a meno di lei nel reparto traduttori. Mini ancora la stabilità della Bonsol e non la vedrà più fino al termine della missione.

Quindici anni? Venti?

Ezr la guardò, e non ebbe dubbi sulla verità di quelle parole. Che implacabile creatura era questa donna. Spesso s’era chiesto come doveva essere stata prima. Non era il solo a domandarselo. Trud Silipan elargiva le sue speculazioni ai clienti di Benny. Il partito degli Xevalle era stato il secondo in ordine di potenza sul mondo degli Emergenti, e a quel tempo lei era fra i personaggi di maggiore spicco nonostante la sua giovane età. Probabilmente dava dei punti anche a gente come Tomas Nau, in quanto a efferatezza. Almeno una di loro era stata punita; schiacciata da quelli della sua razza. Dal suo seggio alla sinistra del Demonio a semplice strumento di un demonio minore, Anne Reynolt era caduta da molto in alto.

Ma qualunque cosa fosse stata, adesso era fin troppo pericolosa per Ezr Vinh.

Quella notte, da solo nella sua stanza, Ezr riferì di quell’incontro a Pham Nuwen. — Ho avuto la certezza che se la Reynolt fosse trasferita al reparto di Brughel capirebbe tutto di lei e di me in pochi Ksec.

La risala di Nuwen fu un ronzio distorto in un orecchio di Ezr. — È un trasferimento che non avverrà mai. Lei è l’unico elemento che tiene in funzione le testerapide. Prima del loro attacco aveva uno staff di quattrocento non-focalizzati ad aiutarla, oggi è buzzt.

— Non ho capito l’ultima parola.

— Ho detto che deve appoggiarsi su personale non addestrato.

Il ronzio dipendeva dalla cattiva qualità dell’interfaccia vocale, e c’erano volte in cui neppure facendosi ripetere le cose Ezr riusciva a capire. Ma era un grosso miglioramento rispetto al codice di segnali luminosi palpebrali che avevano usato all’inizio.