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— Sì. — Rita gettò uno sguardo a Jau. — Be’, allora presumo che non potremo impadronirci di tutto usando le loro reti di computer. Supponiamo di doverci schierare a favore di un gruppo, per giocare il nostro gioco di potere. Chi sosterremo?

33

Diamante Uno era largo oltre due chilometri, di gran lunga il più grosso degli asteroidi dell’ammasso. Col passare degli anni, nel suo interno cristallino direttamente sotto Hammerfest era stato scavato un labirinto di stanze e corridoi. I livelli superiori erano laboratori e uffici. Più in basso c’era l’appartamento privato di Tomas. Ancora più sotto c’era l’ultima aggiunta a quell’habitat: uno spazio vuoto a forma lenticolare largo duecento metri. Realizzarlo era costato caro: quasi tutti gli escavatori termici erano adesso fuori uso, e senza pezzi di ricambio. Ma Qiwi non si lamentava; in effetti quella era stata anche una sua idea.

I tre esseri umani erano sperduti come formiche in quel salone. — È impressionante, vero? — disse Qiwi, con un sorriso.

Nau guardava in alto. Ancora non se n’era accorto ma aveva perso il senso dell’equilibrio e si stava capovolgendo all’indietro. — Sì, anche vedendolo proiettato sulle lenti a contatto non avevo questa sensazione di spazio.

Qiwi rise e lo rimise in verticale con una pacca. — Ti confesso una cosa. Quando ho trasmesso quella proiezione non avevo acceso le luci. — Nei fori del soffino c’erano lampade che creavano riflessi arcobaleno nel cristallo. — Sarà il nostro parco più bello. Non il più grande, ma grazie al lavoro di mio padre…

Tomas andò a mettere una mano su una spalla di Ali Lin. — Sì.

Sarà il migliore, pensò Qiwi. Papà era sempre stato un geniale realizzatore di habitat verdi. Non aveva fatto altro, in quei quindici anni della sua vita soggettiva, da focalizzato. E quando l’Esilio sarà finito, Papà, quando sarai finalmente libero, allora capirai quali meraviglie hai creato per noi. Si volse a Nau. — Che ne diresti di avere un lago?

— Cosa? Qui dentro? — si stupì lui.

— Non è impossibile. Di sopra abbiamo molta acqua, e potremmo usare questa caverna come magazzino. Possiamo scavare una spiaggia, e mettere intorno una tappezzeria-video per avere degli sfondi. In quanto a tenere stabile la massa d’acqua con questa micro-gravità, a bordo delle navi ci sono dei sistemi di valvole autoregolate che potremmo montare qui.

Tomas rise. — Vuoi stabilizzare ciò che vi è di meno stabile nel cosmo, Qiwi, eh? D’accordo, se vuoi farlo provaci pure.

Lei scrollò le spalle. — È possibile farlo. Se ci accontentiamo di una piccola spiaggia.

Tomas si girò verso di lei, e all’improvviso la ragazza non ebbe più visioni marine davanti agli occhi; soltanto una caverna spoglia. Ma sapeva di aver fatto balenare quella visione anche negli occhi di lui, e sapeva di averlo compiaciuto. — Sarebbe meraviglioso, sì… ma costerà un sacco di lavoro. — Lavoro di non-focalizzati, intendeva, altrimenti non ne avrebbe parlato. Neanche Tomas pensava ai focalizzati come a persone vere.

— Non causerò ritardi ai lavori importanti. Montare le valvole è cosa breve. Localizzatori ce n’è in abbondanza. E la manodopera… la gente mi deve un sacco di favori.

Dopo un po’ Nau portò la sua donna e la testarapida fuori dalla caverna. Qiwi l’aveva sorpreso ancora, e forse più di altre volte. E dannazione, questa era un’altra ragione per usare i localizzatori anche ad Hammerfest. I tecnici della Reynolt non avevano ancora dato il via libera per quei congegni; possibile che fossero tanto complicati? Me ne occuperò più tardi. Qiwi diceva che avrebbero potuto avere un lago stabile anche coi vecchi localizzatori degli Emergenti.

Salirono ai piani superiori, rispondendo ogni tanto al saluto di un tecnico, e scaricarono Ali Lin nel parco che usava come ufficio.

— Devi andare al provvisorio, Qiwi?

— Sì, ho un paio di cosette da fare. Devo vedere certa gente. — Qiwi aveva i suoi commerci, i suoi accordi, i beni di consumo da smistare dappertutto.

— D’accordo. Ho apprezzato molto quello che hai fatto, mia cara. — Nau le gettò un bacio visibile in tutto il corridoio degli uffici.

— Grazie. — Il sorriso di lei lo stupì. Qiwi aveva passato da un pezzo la trentina, ma anelava ancora la sua approvazione. — Ci vediamo stasera.

Qiwi fluttuò via evitando la gente con agili spinte. Era molto robusta e praticava tutti i giorni arti marziali nella centrifuga a 2 G. Questo era quanto le restava dell’influenza di sua madre. Senza dubbio tutta l’energia che spendeva dalla mattina alla sera rappresentava una sorta di sublimazione dell’ansia di compiacere lo spirito di sua madre.

Nau guardò su per il pozzo. Quelli che scendevano mettevano molta cura nell’evitarlo. La figuretta della ragazza sparì in una diramazione. Qiwi era probabilmente la sua proprietà più preziosa, dopo Anne Reynolt. Ma la Reynolt l’aveva più o meno avuta in regalo, mentre Qiwi era stato lui a crearla: una persona intelligente e capace, non-focalizzata, che da anni lavorava instancabilmente per lui. Possederla, manipolarla, era una sfida che non lo annoiava mai. E c’era sempre il gradevole sapore del pericolo. La ragazza era capace di uccidere. Questo ne aumentava ancora il valore.

Qiwi gli aveva insegnato a manovrare le menti libere. Suo Zio Alan e il partito dei Nauly avevano prosperato sul potere dato dagli schiavi focalizzati. E la stella OnOff?… più lui ne sapeva, più si convinceva che su quel pianeta o in quella stella dovevano esserci delle meraviglie nascoste, forse diverse dai tesori che avevano creduto di trovarci ma ugualmente grandi. La strana biologia del pianeta, l’anomala orbita intragalattica della stella, erano cose che andavano oltre la sua comprensione ma lo eccitavano.

E fra poco i Ragni avrebbero avuto un’economia industriale a cui attingere. Quel sistema solare poteva diventare il centro di un grande impero umano.

E Qiwi? Nau si augurava che gli durasse fino al termine dell’Esilio. C’erano molte cose in cui sarebbe stata utile, mentre prendevano i Ragni sotto controllo. Ma la maschera mostrava delle crepe. Il lavaggio mirato della memoria non era mai perfetto. Qiwi ogni tanto aveva dei ricordi che lui aveva creduto amputati. A meno di tagliare via vaste zone di encefalo, Anne Reynolt non poteva eliminare ciò che chiamava “echi neurali residui”. Inoltre, anche con le più astute manipolazioni… come avrebbe potuto farle accettare le misure che progettava di prendere contro i Ragni? O l’allevamento di giovani umani destinati alla focalizzazione? No, inevitabilmente e con rammarico lui avrebbe dovuto eliminare Qiwi. Nel frattempo lei poteva essergli ancora utile. Per mettere al mondo dei figli, ad esempio. Il suo impero avrebbe avuto bisogno di eredi.

Qiwi entrò nel bar di Benny duemila secondi più tardi. In quel Turno il locale lo gestiva lui, non suo padre. Meglio così. Per un poco parlarono di birra. Poi: — Santo cielo, Benny, vuoi davvero buttare via questa tappezzeria-video? Funziona ancora.

Lui scosse il capo. — È roba vecchia di decenni. — Le indicò un punto che riceveva in permanenza un’immagine di Arachna, e lei poté vedere un sistema nuvoloso che stava per raggiungere Principalia. I ricevitori funzionavano ancora, infatti, ma la definizione era scadente e sui colori più intensi c’erano strane distorsioni.

— D’accordo. Abbiamo delle strisce tolte dalle pareti della Mano invisibile. Ma è roba che ti costerà dei soldi. — Ritser Brughel avrebbe ringhiato la sua contrarietà anche se non sapeva cosa farsene e aveva dimenticato la loro esistenza. Brughel vedeva la Mano Invisibile come il suo regno personale. Qiwi lesse la lista che Benny le aveva consegnato. Il cibo esaurito era tutta roba prodotta nelle idroponiche del provvisorio. Gas e carburante, aha. Come al solito Benny voleva aggirare Gonle Fong rifornendosi direttamente dall’impianto di lavorazione delle materie prime. Benché i due fossero amici, quando si trattava di soldi non conoscevano nessuno.