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«Perché non me lo esponete?» disse Gogan, con il tono caldo e comprensivo di un froidi che indaga sulla grave neurosi di un paziente.

Un’ora dopo, verso la fine della sua giornata di lavoro, Quellen seppe da Koll che non era stato deciso ancora niente circa il caso Mortensen. Koll ne aveva parlato a Spanner e poi a Gogan; e adesso Gogan stava parlandone a Kloofman. Dopodiché, uno di Loro avrebbe fatto sapere il Suo Parere, nel giro di pochi giorni. Intanto, Quellen doveva starsene tranquillo, evitando qualsiasi azione. Cera tutto il tempo che si voleva, dato che la partenza di Mortensen, secondo i documenti, sarebbe avvenuta il 4 maggio.

Quellen non si sentì affatto compiaciuto di avere suscitato quel vespaio. L’idea di prendere Mortensen era indubbiamente brillante, ma qualche volta era pericoloso dimostrarsi troppo intelligenti. Non se ne ricavava mai niente di buono. Quellen sapeva di avere messo in imbarazzo Koll e, a lume di naso, avrebbe giurato che a sua volta Koll aveva messo in imbarazzo Gogan, il quale ora stava seccando Kloofman. Tutto questo voleva dire che la brillante proposta di Quellen stava provocando un mucchio di seccature su su, fino alle più alte sfere. Quando era più giovane e roso dall’ambizione di essere promosso alla Settima Classe, Quellen non avrebbe chiesto di meglio per attirare su di sé l’attenzione dei superiori. Ma adesso apparteneva alla Settima Classe, aveva realizzato il suo sogno di possedere un appartamento tutto per sé, e altre promozioni gli avrebbero dato ben poco. Per di più, il rifugio segreto africano gli pesava sulla coscienza. L’ultima cosa che voleva, era che un membro dell’Alto Governo dicesse: Quellen è molto intelligente… scoprite tutto quello che c’è da sapere sul suo conto. Invece, Quellen era felice se nessuno si occupava di lui.

Tuttavia, non aveva potuto fare a meno di proporre l’affare Mortensen. Doveva adempiere alle responsabilità ufficiali, e la gravità della sua infrazione alla legge lo rendeva ancora più consapevole dei suoi doveri.

Prima di tornare a casa, Quellen chiamò Stanley Brogg.

«Abbiamo già teso la rete, capo» lo informò il suo assistente, appena entrato. «Questione di giorni, forse di ore, e poi scopriremo il responsabile.»

«Bene» disse Quellen. «Ma ho escogitato un altro modo per scoprirlo. Tuttavia bisogna procedere con cautela, perché la mia proposta non è stata ancora approvata. Un certo Donald Mortensen partirà per il passato il 4 maggio prossimo. L’ho scoperto nei documenti che mi avete dato. Controllate chi è e chi sono i suoi amici. Ma agite con molta discrezione. Non si può ancora intervenire ufficialmente.»

«Benissimo.»

«Mi raccomando, discrezione. Se quell’uomo scopre che stiamo interessandoci a lui, potrebbe suscitare un vespaio d’inferno. Potremmo anche essere destituiti, o peggio. Perciò state ben attento: girategli intorno, ma senza entrare in contatto diretto. Altrimenti ve la vedrete brutta.»

Con un sorriso bieco, Brogg replicò: «Volete dire che mi fareste retrocedere di un paio di classi?»

«Probabilmente.»

«Non credo che lo fareste, Sovrintendente. Non a me.»

Quellen fissò negli occhi il grassone. Brogg era diventato impertinente, da un po’ di tempo, approfittando in modo eccessivo del potere che aveva su di lui. Il fatto che avesse scoperto per caso l’esistenza della villa segreta in Africa, era il suo più grande cruccio.

«Uscite» ordinò «e ricordate di andare cauto con Mortensen. Può darsi che l’Alto Governo non dia la sua approvazione, e sarà finita per noi, se Loro scopriranno che abbiamo messo sul chi vive Mortensen.»

«Capisco» disse Brogg, e uscì.

Quellen rimase in dubbio se avesse fatto bene o no a dare il via a Brogg. Cosa sarebbe successo se, tramite Gogan, Loro avessero comunicato di lasciar in pace Mortensen?

Comunque Brogg sapeva il fatto suo… anche troppo. E in realtà non c’era molto tempo a disposizione, se il Governo dava la sua approvazione. Quellen non poteva starsene con le mani in mano e, per ora, aveva fatto tutto il possibile. Fu tentato di scaricare quella sporca faccenda sulle spalle di Brogg e di tornarsene in Africa, ma pensò che sarebbe stato troppo pericoloso. Chiuse l’ufficio e si avviò verso la più vicina rampa di taxiespresso, per tornare a casa. Nelle prossime settimane avrebbe potuto tornarsene ogni tanto in Africa per un paio d’ore, ma non più, perché fino a quando il caso dei saltati non fosse risolto, doveva rimanere in Appalachia sempre a disposizione.

Appena a casa, si accorse di non avere niente da mangiare nella dispensa. Era meglio provvedere subito, pensò, considerando che doveva rimanere a lungo in Appalachia. Talvolta faceva le ordinazioni per telefono, ma quel giorno preferì scendere personalmente, deciso a riempire la dispensa come se prevedesse un lungo assedio. Mentre si trovava sulla rampa mobile, notò un individuo dall’aria dimessa, con una tunica rossa scolorita, che stava salendo. Non lo conosceva, ma non c’era da stupirsi, perché la popolazione di Appalachia era talmente numerosa che si finiva per conoscere solo poca gente: i parenti, i vicini, e qualche commerciante, come il guardiano dell’emporio vicino.

L’uomo dall’aria dimessa lo stava fissando in modo strano, come se volesse comunicargli qualche cosa con gli occhi. Quellen si sentiva in preda a un profondo disagio. Nel corso del suo lavoro era venuto a conoscere i diversi tipi di molestatori che si potevano incontrare per strada. A parte i soliti maniaci sessuali, c’era gente che si avvicinava a qualcuno per iniettargli a tradimento qualche droga infernale come l’elidone, o i tipi, ancor più pericolosi, che trasmettevano per contatto dei carcinogeni, o ancora gli agenti segreti che riuscivano a infilare, senza farsene accorgere, una sonda elettrica nella carne; e questa sonda avrebbe poi trasmesso ogni parola detta. Erano cose che succedevano tutti i giorni.

«Prendi e leggi» mormorò l’uomo dall’aria dimessa.

Lo urtò come per sbaglio, e gli infilò in mano una minischeda. Quellen non ebbe modo di evitare il contatto. In quell’attimo, lo sconosciuto avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa: nel giro di un minuto, il calcio contenuto nelle sue ossa avrebbe potuto sciogliersi come gelatina, o il suo cervello fuoriuscire dal naso, tutto per soddisfare l’insano desiderio di un pazzo criminale. Ma, a quanto pareva, l’uomo si era limitato a passargli un foglietto. Quellen svolse la scheda, dopo che l’altro era ormai scomparso in cima alla rampa, e la lesse.

DISOCCUPATO?
PARLANE A LANOY.

Era tutto. Istantaneamente, il lato professionale di Quellen prese il sopravvento. Come quasi tutti coloro che violavano la legge mentre avrebbero dovuto tutelarla, era pronto a notare le infrazioni altrui, e c’era qualcosa che puzzava d’illegale in quel messaggio. Che si trattasse di un’agenzia di collocamento? Ma il problema dell’occupazione era nelle mani del Governo. Quellen si voltò di scatto nella speranza di rintracciare l’uomo dalla tunica rossa. Riuscì a scorgere da lontano un lembo di tunica svolazzante, ma subito scomparve anche quella. Chissà dov’era diretto!

Disoccupato? Parlane a Lanoy.

Quellen si chiese chi potesse essere quel Lanoy e quale magico rimedio avesse da offrire. Decise di parlarne a Leeward e a Brogg, perché indagassero in merito.

Dopo essersi infilato in tasca la scheda. Quellen entrò nell’emporio. La porta si aprì automaticamente per lasciarlo passare. Numerosi robot erano intenti a catalogare le merci, a disporle sugli scaffali, a preparare le ordinazioni. L’ometto dal viso arrossato che dirigeva l’emporio salutò Quellen con insolita effusione. Naturalmente si trattava solo di un individuo di “rappresentanza” perché tutto il lavoro veniva svolto dai calcolatori. Ma quale massaia avrebbe desiderato spettegolare con un calcolatore?