Koll lo guardò bieco. Quellen sapeva che la sua presenza imponeva al suo superiore di dominare l’ira. Se lui non fosse entrato, si sarebbero scambiati insulti e accuse.
«Ma perché, Spanner, perché?» chiese Koll controllandosi a stento. «Se lasciamo correre, le cose restano come sono. Nell’ottantasei se ne sono andati in quattromila, nell’ottantasette novemila, e cinquantamila nell’ottantotto. E quando avremo i dati dell’anno scorso, la cifra sarà ancora più alta. Guardate… qui dice che nei primi ottant’anni del passato ne sono arrivati più di un milione, e in seguito c’è stato un continuo aumento, sino alla fine del periodo interessato. Pensate alla popolazione che perdiamo! È magnifico! Non possiamo permetterci di farla restare qui, visto che abbiamo la possibilità di liberarcene, e soprattutto dal momento che la storia dice che ce ne siamo liberati.»
«La storia dice anche che dopo il 2491 hanno smesso di andare nel passato. Il che significa che l’anno venturo avremo preso i responsabili» osservò Spanner. «E quindi li prenderemo. È scritto. Non ci resta che ubbidire. Il passato è un libro chiuso.»
«Davvero?» rise Koll, ma più che una risata, la sua, pareva un latrato. «E se non lo risolviamo? E se i saltati continuano ad andare indietro nel tempo?»
«Ma non è così. Lo sappiamo. Tutti i saltati che sono giunti nel passato provenivano dagli anni che vanno dal 2486 al 2491. È scritto» ripeté cocciuto Spanner.
«Può darsi che le notizie siano false.»
«L’Alto Governo vuole che questo traffico cessi. Perché devo stare a discutere con voi, Koll? Se volete sfidare la storia, affar vostro, ma volete sfidare anche il Governo? No, non possiamo permettercelo…»
«Ma per liberarci di qualche milione di prolets…»
Spanner brontolò, stringendo più forte il fascio di schede. Quellen, che si sentiva un intruso, guardava ora l’uno ora l’altro.
«Va bene» disse lentamente Spanner. «Sono d’accordo con voi che è un vantaggio perdere tutti quei prolets, anche se, dalle informazioni in nostro possesso, risulta che queste perdite cesseranno. Voi dite che dovremmo lasciare le cose come stanno, altrimenti altereremmo il passato. Io sono del parere contrario. Ma lasciamo perdere. Non voglio discutere su questo punto, visto che sembrate tanto sicuro. Per di più, pare che voi consideriate la faccenda come un ottimo sistema per ridurre la popolazione. E su questo sono d’accordo con voi, Koll. Non mi piace tutta questa ressa più di quanto piaccia a voi, e ammetto che la situazione oggi rasenta l’assurdo. Ma riflettete: noi siamo costretti ad agire, perché è illegale, immorale, e via dicendo che qualcuno tragga profitto alle nostre spalle dai viaggi nel tempo. Bisogna farli smettere. Cosa ne pensate, Quellen? In fin dei conti la cosa riguarda il vostro lavoro.»
L’essere interpellato direttamente fece trasalire Quellen. L’uomo stava ancora chiedendosi se avrebbe fatto bene o no a intervenire nella discussione: tutti quei discorsi non gli erano ancora ben chiari. Si limitò quindi a sorridere scuotendo la testa.
«Non avete opinioni in merito?» chiese aspro Koll.
Quellen lo guardò. Non riusciva a sostenere lo sguardo su quegli occhi duri e incolori, per cui si limitò a fissare gli zigomi del suo superiore. E tacque.
«Non avete opinioni in merito, Quellen? Peccato; non è da voi.»
Quellen trattenne un brivido. «Temo di non aver seguito da vicino gli ultimi casi dei saltati. Come sapete, sono stato occupato in certi progetti che…»
Lasciò la frase a metà, con la sensazione di fare la figura dello stupido. Probabilmente i suoi assistenti erano informatissimi. Si rammaricò di non essersi mai preso la briga di chiedere informazioni a Brogg. Ma non era possibile prevedere tutto.
«Sapete almeno che, dal principio dell’anno, migliaia di prolets sono svaniti nel nulla, Quellen?» domandò Koll.
«No signore. Cioè, volevo dire, sì, signore. È che non ho avuto l’occasione di occuparmene.»
Il suono incerto della sua voce lo sgomentò. È una scusa debole, Quellen, si disse. Molto debole. In realtà, non sai niente di questa faccenda, perché passi tutto il tuo tempo libero in quel bel rifugio di là dall’oceano. Ma Stanley Brogg probabilmente conosce tutti i particolari. Brogg è molto efficiente.
«Allora, dove credete che siano finiti?» chiese Koll. «Pensate forse che siano saliti sullo stat e se ne siano andati altrove in cerca di lavoro? Magari in Africa?»
La freccia andò a segno.
Quellen restò senza fiato, turbato, prima di rendersi conto che Koll aveva tirato alla cieca. Cercò di nascondere la reazione, e finì col rispondere: «Non ne ho idea, signore.»
«Allora non avete letto molto bene i libri di storia, Quellen. Pensate, giovanotto: qual è stato l’avvenimento storico più importante degli ultimi cinque secoli?»
Quellen si mise a pensare. Qual era stato? L’intesa? L’insediamento dell’Alto Governo? La scomparsa delle nazioni? Lo Stat? Era seccatissimo per l’abilità di Koll di trasformarlo in uno scolaretto idiota. Quellen sapeva di non essere uno stupido, anche se poteva dare l’impressione di esserlo se lo mettevano con le spalle al muro. Era abbastanza abile ed esperto. Ma nell’intimo era vulnerabile, per la colpa segreta, e questo significava che il suo animo era debole. Cominciò a sudare. «Non saprei come valutare la domanda, signore» rispose.
Koll aprì ancora di più la bocchetta dell’ossigeno, con un gesto che voleva essere gentile ma che al contrario era insultante. Il gas dolce fluì con un ronzio nella stanza. «Allora ve lo dirò io» disse Koll senza scomporsi. «È l’arrivo dei saltati. E questa è l’epoca storica da cui partono.»
«Certo» assentì Quellen. Tutti erano al corrente della faccenda, e lui si rimproverò per non aver saputo dare a Koll la risposta più ovvia.
«In questi ultimi anni, qualcuno è riuscito a scoprire il sistema di viaggiare nel tempo» disse Spanner «e ha cominciato a fare affluire gente nel passato. Migliaia di prolets disoccupati sono già partiti, e se non catturiamo presto il responsabile, ingombrerà il passato con tutti i disoccupati del paese.»
«E allora? Non è quello che sostengo io?» intervenne con impazienza Koll. «Sappiamo già che sono arrivati nel passato, perché ce lo dicono i libri di storia. Quindi, possiamo restarcene tranquilli e lasciare che quel tizio distribuisca i nostri rifiuti lungo il corso degli ultimi cinque secoli.»
Spanner si girò a guardare Quellen. «Cosa ne pensate?» chiese. «Dobbiamo eseguire gli ordini dell’Alto Governo, catturare quell’uomo, e far cessare le partenze? O dobbiamo fare come suggerisce Koll, e cioè lasciar correre, il che non solo è in contrasto con gli ordini ma, incidentalmente, anche con quanto dice la storia?»
«Devo studiare il caso» rispose Quellen, prudentemente. Essere costretto a prendere posizione pro o contro uno dei suoi superiori era l’ultima cosa che desiderava.
«Lasciate che vi spieghi cosa dovete fare» continuò Spanner, lanciando un’occhiata di traverso a Koll. «È inutile che stiamo a discutere le istruzioni impartiteci dall’Alto Governo. Come Koll sa benissimo, Kloofman in persona s’interessa al caso. Noi dobbiamo smascherare questa attività illegale dei viaggi nel tempo e metterla sotto controllo. Koll, se avete delle obiezioni, sarà meglio che vi appelliate all’Alto Governo.»
«Niente da obiettare» rispose Koll. «Quellen?»
«Nossignore!» disse Quellen irrigidendosi.
«Avete sentito cos’ha detto il signor Spanner. Mettetevi subito in moto. Scovate l’uomo che fa partire i saltati e eliminatelo, dopo avergli estorto il suo segreto, naturalmente. L’Alto Governo vuole sapere come funziona la cosa e intende far cessare questa attività illegale. È compito vostro, Quellen.»
E, con questo, venne congedato.