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«Avrò quello che ho chiesto?» domandò Lanoy.

Un imponente flusso di adrenalina si scaricò nell’organismo di Quellen. Era in trappola, e quando un uomo è in trappola non indietreggia di fronte a niente, e trova inaspettate risorse di energia.

Gli restava una cosa da tentare. Una cosa di un’audacia monumentale, talmente temeraria da sembrare folle. E forse non avrebbe ottenuto l’esito sperato; anzi, con ogni probabilità non sarebbe riuscita. Ma, tuttavia, era sempre meglio che scendere a patti con Lanoy e scivolare ancora più in fondo al pantano dell’imbroglio e del compromesso.

«No» rispose «non avrete quello che chiedete. Non ho intenzione di rilasciarvi, Lanoy. Vi rinvierò a giudizio.»

«Siete pazzo?»

«Non credo.» Quellen chiamò un paio di poliziotti. «Rimettete quest’uomo nel serbatoio di custodia» ordinò quando arrivarono «e lasciatelo fino a nuovo ordine.»

Lanoy fu trascinato via, nonostante le proteste.

E ora Quellen doveva preparare l’esca per il leviatano che sperava di far abboccare.

«Portatemi la pratica di Donald Mortensen» ordinò all’interfono.

Quando gli portarono la bobina, la passò al proiettore. Comparve il viso giovane, rosso e sorridente di Mortensen. Pare un albino, con quei capelli quasi bianchi, pensò Quellen, ma gli albini hanno gli occhi rossi, no? Quelli di Mortensen erano decisamente azzurri. Pura razza nordica. Chissà come era riuscito a conservare così bene le caratteristiche originarie della razza.

Quellen continuò a esaminare la pratica, frutto delle indagini di Brogg. Mortensen aveva litigato con sua moglie; aveva iniziato le trattative per saltare già da parecchie settimane; aveva messo da parte un po’ del denaro, e stava dandosi da fare per racimolare il resto in modo da averne abbastanza per pagare Lanoy. I dati si concludevano con una annotazione di Brogg: “Inchiesta archiviata per ordine superiore”.

Quellen chiamò la sala di ascolto e diede il numero dell’Orecchio che era stato inserito nel palmo della mano di Mortensen, chiedendo poi se funzionava ancora.

«Quell’Orecchio è stato disattivato. Sovrintendente» gli dissero.

«Sì, lo so. Ma è possibile farlo funzionare ancora?»

Dopo aver controllato, gli risposero che l’Orecchio si era dissolto da un paio di giorni, secondo i piani prestabiliti. Era impossibile ricevere ulteriori informazioni dirette da Mortensen. Quellen rimase deluso, ma poteva ancora rimediare. Ordinò di ricercare Mortensen per televettore, augurandosi che non fosse uscito da Appalachia.

Il giovane era ancora in città, in una casa dei sogni che distava meno di dieci miglia dall’ufficio di Quellen. Benone, pensò il Sovrintendente. Sarebbe andato lui stesso ad arrestarlo. Era una faccenda troppo delicata per lasciare eseguire ai suoi dipendenti.

Attraversò la città con un taxiespresso, poi si piazzò davanti alla casa dei sogni e attese pazientemente che Mortensen uscisse.

Era passato molto tempo dall’ultima volta che Quellen aveva compiuto un arresto di persona. Ormai, svolgeva il lavoro in ufficio, lasciando ai sottoposti la parte pratica del lavoro. Ciò nonostante era calmo. Era bene armato: al palmo della mano aderiva un ago imbevuto di anestetico che si sarebbe infilato nelle carni del prigioniero con una semplice contrazione muscolare; sotto l’ascella, per ogni buon conto, portava un’arma a spruzzo che paralizzava i centri nervosi. E infine aveva una pistola laser, ma solo come estrema risorsa. Sperava ardentemente di non essere costretto a usarla. Finalmente Mortensen comparve.

Mentre si allontanava dalla casa dei sogni. Quellen lo raggiunse, e, toccandolo a un braccio, disse: «Continuate a camminare come se niente fosse, Mortensen. vi dichiaro in arresto.»

«Cosa diavolo…»

«Vengo dal Segretariato di Polizia. Ho ordine di arrestarvi e condurvi con me. In mano ho un ago al narcotico e ve lo infilo nel braccio se tentate di resistermi. Continuate a camminare tranquillamente davanti a me, finché non raggiungeremo la più vicina rampa di taxiespresso. Se fate quel che dico, non vi succederà niente.»

«Ma io non ho fatto nulla di male. Voglio sapere di cosa mi accusate.»

«Ve lo dirò più tardi. Continuate a camminare.»

«Ho dei diritti… Voglio un avvocato…»

«Dopo. Camminate.»

Salirono sulla rampa. Mortensen continuava a protestare, tuttavia non oppose resistenza. Era più alto di Quellen, ma non sembrava molto robusto. Quellen teneva pronto l’ago; tutto il suo avvenire dipendeva dal successo di quella manovra.

Il taxiespresso li portò davanti alla casa dove abitava Quellen.

«Non mi pare che questo sia il comando di Polizia.» osservò Mortensen, perplesso.

«Per favore, scendete la rampa.»

«Cos’è? Un rapimento?»

«Se dubitate, vi mostrerò le mie credenziali. Sono un autentico funzionario di Polizia. Anzi, per la precisione sono Sovrintendente Criminale.»

Entrarono nell’appartamento, e Mortensen guardò Quellen con aria incredula.

«Questa» osservò «è un’abitazione privata.»

«Sì. La mia.»

«Qualcuno deve avervi dato informazioni sbagliate sulle mie tendenze sessuali, amico. Non sono un…»

«Non lo sono nemmeno io» l’interruppe brusco Quellen. «Mortensen, voi progettate di saltare il quattro maggio prossimo, non è vero?»

Sbalordito, l’altro replicò: «E a voi, cosa interessa?»

«Interessa moltissimo. È vero o no?»

«Non ho niente da dire.»

Quellen respirò a fondo. «Il vostro nome figura sull’elenco dei saltati, non lo sapete? Esiste un elenco documentato in cui compaiono il vostro nome, la vostra data di nascita, il giorno dell’arrivo nel passato e il giorno della partenza da qui. Dall’elenco risulta che partirete il quattro maggio prossimo. Continuate a negare?»

«Io non dico niente. Voglio un avvocato. Accidenti a voi, non potete trattarmi così! Perché ficcate il naso nella mia vita privata?»

«Non posso spiegarvelo, adesso» rispose Quellen. «Per caso, voi siete la disgraziata vittima di una situazione che mi ha preso la mano. Mortensen, ora vi farò fare un viaggio. Vi prenderete una vacanza. Non posso sapere per quanto tempo starete via, posso però assicurarvi che vi troverete molto bene. Ci sono viveri programmati in abbondanza, non vi mancherà nulla. Naturalmente vi capisco, e so quello che provate; ma, prima di tutto, devo proteggere me stesso.»

Mortensen alzò una mano, come se volesse colpirlo, ma Quellen fu più svelto di lui e, con rapido gesto, gli infilò l’ago nel braccio. L’anestetico a effetto istantaneo avrebbe messo fuori combattimento il giovane per un’ora. Quel tempo gli bastava e avanzava.

Quellen trasportò Mortensen e lo depose nel campo dello stat. Il giovane biondo scomparve. Si sarebbe svegliato nel villino africano. Lì si sarebbe raccapezzato ancora meno, ma Quellen non aveva avuto il tempo di spiegargli tutto.

Aveva l’esca. Adesso doveva attirare il pesce. Gli pareva incredibile di poterci riuscire, ma ormai era andato troppo lontano per permettersi di tornare indietro. Se poi avesse fallito, incominciava a intravedere un’altra via di uscita; meno onorevole, forse, ma più razionale di quella che stava tentando di attuare.

Mentre rimetteva la leva dello stat sul fermo, per assicurarsi che Mortensen potesse tornare solo quando l’avrebbe richiamato lui, si sentì prendere da un’ondata di vertigine. È mai possibile che mi riesca? pensava. È mai possibile che mi riesca di ricattare con successo l’Alto Governo? O sono diventato completamente pazzo?