Cerca di immergersi in una trance più profonda, dove sarà più difficile distorglierlo dalla guida.
Ma no, qualcosa non va, qualcosa bussa alla sua consapevolezza, trascinandolo verso la veglia. Le cavalle lo spingono verso il risveglio con scene terrificanti. Una gli mostra il carro sul punto di tuffarsi in un muro di fuoco. Un’altra gli proietta l’immagine di massi enormi disseminati lungo la strada; un’altra, una montagna di ghiaccio che blocca la via; un’altra un branco di lupi ringhianti, e l’ultima una fila di guerrieri in armatura allineati spalla a spalla con le lance in resta. Non c’è dubbio. Guai. Guai. Guai. Forse sono giunti al punto morto della strada. Non c’è da stupirsi che l’Invisibile si tenesse nascosto. Leaf si costringe a svegliarsi.
Non c’era un muro di fuoco. Né guerrieri o lupi, nulla di tutto ciò. Solo una palizzata di tronchi appena tagliati ad un centinaio di metri dal carro, tronchi alti due volte Crown, appuntiti ad entrambe le estremità e conficcati in profondità nel terreno uno accanto all’altro, e legati strettamente con viticci tagliati da poco. La palizzata ostruiva la strada completamente, da un lato all’altro; sulla destra era contornata da un groviglio impenetrabile di cespugli spinosi e a sinistra si stendeva fino all’orlo di una ripida scarpata.
Erano bloccati.
Un simile sbocco su di un’autostrada pubblica era inconcepibile. Leaf sbatté le palpebre, tossì, si sfregò la fronte dolorante. I sogni discordanti degli ultimi minuti gli avevano lasciato il cervello ottenebrato, arrugginito. Anche quel muro di legno era una sorta di sogno, un sogno molto spiacevole. Leaf immaginò di udire accanto a sé la fredda risata dell’Invisibile. Almeno, sembrava che la pioggia stesse diminuendo e non c’erano ragni in giro. Piccole consolazioni, in mancanza di meglio.
Confuso, Leaf, si liberò delle redini e rimase in attesa degli eventi. Dopo pochi istanti udì il ritmo scandito che gli annunciava il pesante avvicinarsi di Crown. L’omone si affacciò alla cabina del guidatore.
— Che succede? Perché non ci muoviamo più?
— Strada morta.
— Che cosa stai dicendo?
— Guarda tu stesso — disse stancamente Leaf, indicando il finestrino.
Crown si sporse oltre Leaf per guardare. Per un interminabile momento fissò la scena, reagendo lentamente. — Che cos’è quello? Un muro?
— Un muro, sì.
— Un muro che attraversa un’autostrada? Non ho mai visto niente di simile.
— Forse l’Invisibile di Theptis stava cercando di metterci in guardia contro questo.
— Un muro. Un muro. — Crown tremava, furente e sconcertato. — Questo viola tutte le norme di manutenzione! Per l’Anima, Leaf, un’autostrada pubblica è…
— … sacra ed inviolabile! Sì. Anche quello che i Denti hanno fatto nell’est viola parecchie norme di manutenzione — disse Leaf. — Come pure quelle territoriali. Questi sono tempi inconsueti ovunque. — Si domandò se dovesse accennare all’Invisibile che era a bordo. Un problema alla volta, decise. — Forse è così che questa gente intende tenere lontani i Denti dalla propria terra, Crown.
— Ma bloccare una strada pubblica…
— Eravamo stati avvertiti.
— Chi può fidarsi della parola di un Invisibile?
— C’è il muro — replicò Leaf. — Ora sappiamo perché non abbiamo incontrato nessuno lungo la strada. Probabilmente hanno innalzato questo muro appena hanno saputo dei Denti, tutta la provincia ne era al corrente ed hanno deciso di evitare l’Autostrada del Ragno. Tutti, tranne noi.
— Che popolo abita qui?
— Non ne ho idea. È Sting che dovrebbe saperlo.
— Sì, Sting lo sa — disse la voce chiara ed acuta di Sting dal corridoio. Infilò la testa nella cabina. Dietro di lui Leaf vide Shadow. — Questa è la terra dei Compagni degli Alberi. Li conoscete?
Crown scosse il capo. — E nemmeno io — disse Leaf.
— Abitanti della foresta — disse Sting. — Adoratori degli alberi. Teste piccole, cervelli lenti. Pericolosi in battaglia: usano dardi avvelenati. Ci sono nove tribù in questa regione, sotto un unico capo, credo. Una volta pagavano un tributo al mio popolo, ma suppongo che con i tempi che corrono la cosa sia finita.
— Adorano gli alberi? — chiese Shadow con aria ironica. — E allora quante delle loro divinità hanno tagliato per costruire questa barriera?
Sting rise. — Se devi avere degli dèi, perché non farne buon uso?
Crown fissò il muro che tagliava la strada con la stessa espressione con cui una volta era solito guardare un avversario nell’arena dei duelli. Digrignando i denti, camminò avanti e indietro nella cabina affollata. — Non possiamo perdere altro tempo. Di sicuro i Denti si dirigeranno in questa regione tra pochi giorni. Dobbiamo raggiungere il fiume prima che succeda qualcosa ai ponti.
— Il muro — disse Leaf.
— Ci sono molti cespugli qui intorno — disse Sting. — Potremmo fare un falò e bruciarlo.
— È legna verde — disse Leaf. — Non si può.
— Abbiamo delle accette — fece notare Shadow, — quanto ci metteremmo a tagliare quel legno così spesso?
Sting disse: — Ci vorrebbe una settimana. I Compagni degli Alberi ci riempirebbero di dardi molto prima.
— Hai qualche idea? — chiese Shadow a Leaf.
— Be’, potremmo ritornare verso Theptis e cercare di passare per l’autostrada del Tramonto attraversando il deserto. Da qui al fiume ci sono solo due strade, questa e quella del Tramonto. Però, se decidiamo di tornare indietro, perderemo cinque giorni e potremmo restare invischiati nella confusione che c’è a Theptis; oppure ritrovarci nei guai nel deserto mentre cerchiamo di raggiungere l’autostrada. L’altra possibilità è di abbandonare il carro e cercare di aggirare il muro a piedi, ma dubito molto che Crown vorrà…
— Crown non vorrà — disse questi, che aveva continuato a mordersi le labbra in silenzio. — Ma vedo anche altre possibilità.
— Continua.
— Una è di scovare questi Compagni degli Alberi e obbligarli a sgombrare l’autostrada. Dardi o non dardi, un Lago Scuro ed una Pura Discendenza fianco a fianco dovrebbero riuscire ad incutere timore a venti tribù di ottusi abitanti della foresta.
— E se non ci riuscissimo? — chiese Leaf.
— Questo ci porta all’altra possibilità: e cioè che i Compagni degli Alberi non abbiano costruito questo muro per proteggere il paese dai Denti, ma per creare una stazione di pedaggio, traendo così un vantaggio dalla confusione generale. In questo caso, se non riusciamo a costringerli ad aprire la strada, possiamo scoprire ciò che vogliono, che genere di pedaggio esigono, e pagare, in modo da poter proseguire.
— È proprio Crown che parla? — chiese Sting. — Che parla di pagare un pedaggio a dei subrazziali della foresta? Incredibile!
Crown disse: — Non mi garba il pensiero di dover pagare qualcosa a qualcuno. Ma potrebbe essere il sistema più semplice e rapido per andarcene da qui. Pensi che in me ci sia solo orgoglio, Sting?
Leaf si alzò in piedi. — Se hai ragione, e questa è davvero una stazione di pedaggio, allora dovrebbe esserci un passaggio nel muro. Andrò fuori a vedere.
— No — disse Crown, spingendolo di nuovo sul sedile. — Qui c’è pericolo, Leaf. Questa parte del lavoro tocca a me. — Si avviò verso lo scompartimento centrale e vi rimase alcuni minuti, quando tornò, indossava l’armatura completa: corazza, elmo, maschera, schinieri, tutto lucidato e brillante. La pelle, nei pochi minuti in cui era scoperta, sembrava parte dell’armatura. Crown pareva una macchina. Dai fianchi gli pendeva la mazza, e la corta impugnatura della spada estensibile si adattava perfettamente all’interno del suo polso destro, pronta a distendersi in tutta la sua lunghezza alla minima pressione. Crown lanciò un’occhiata a Sting e disse: — Avrò bisogno delle tue gambe agili. Vieni con me?