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Mostro riprese ad abbaiare.

Lane disse in fretta: — Ho già visto altre volte casi del genere. Se vi capita ancora, accendete un fuoco e agitatelo davanti al viso. Potrete di nuovo tirare il fiato.

Intorno al caduto, s’erano radunate uria ventina di persone; e altre accorrevano per vedere cos’era capitato. Lane si guardò in giro e lesse lo sbalordimento sulle facce dei presenti.

Ed ecco che uno del gruppo cominciò ad annaspare disperatamente, in cerca d’aria. Con gli occhi spalancati dal terrore lottava per non asfissiare. Lane si buttò verso l’uomo e gli agitò davanti la fiammella, ma alle sue spalle un altro stramazzò a terra, tra grida d’allarme. Uno di quelli che accorrevano si fermò di botto e cominciò a boccheggiare; e intanto sulla macchina, Mostro latrava, tentando di nascondersi.

Era chiaro ormai: i Gizmo calavano su Murfree con l’intenzione di uccidere. Non restava che fuggire abbandonando quella gente alla loro sorte, ma a Lane non venne nemmeno in mente. Un uomo stramazzò a due metri da lui. La folla, sconcertata, non riusciva a rendersi conto del pericolo. Lane s’inginocchiò vicino al caduto più prossimo e accese l’accendisigaro, ma si sentì mozzare il respiro e dovette agitare la fiammella davanti alla propria faccia. Ed ecco che un’altra persona era caduta a terra, una donna questa volta, e dappertutto c’erano sibili.

Sapeva quel che sarebbe capitato, ma non poteva non tentare tutto il possibile: in quel momento lottava contro un’orda di Gizmo con un accendisigaro tascabile. Brandì la sua ridicola fiammella in alto e altre fiammelle si accesero, e dappertutto si sentirono dei sottili sibili.

La Warren intanto si faceva strada a fatica nella calca brandendo una federa. Tenendo il fiato l’applicò, dal lato aperto, sul viso convulso di un grosso uomo stramazzato a terra, e la federa fluttuò: dentro c’era qualcosa che si agitava e si contorceva paurosamente. La scienziata chiuse il sacco, lo strinse con aria vivamente soddisfatta, continuando a trattenere il respiro. E finalmente brandì trionfalmente il Gizmo prigioniero. La creatura lanciava sibili frenetici.

Lane intanto si strappava dal volto un Gizmo: aveva le sopracciglia strinate dal fuoco, e l’aria che introdusse nei polmoni era irrespirabile. Barcollò e si sentì pieno d’odio e gli sembrò che avrebbe potuto continuare per sempre a distruggere i Gizmo, uno per uno, vivendo solo di odio.

Ma, naturalmente, non fu così.

7

La fiamma bianco-azzurra balenò davanti alla faccia di Lane. Lievi sibili, e poi la Warren: — Presto in macchina! Ho un prigioniero! Forse ci verranno dietro, se lo portiamo fuori città!

La “cosa” gli toccò una spalla, e di nuovo sprizzò la fiamma azzurra. La Warren aveva preso una delle torce, l’aveva accesa e stava facendo pulizia davanti al volto di Lane. La torcia aveva una durata di due ore e quindi potevano usarla senza risparmio. Lane gliela prese di mano. Ora la gente correva in preda al panico, senza sapere da che cosa fuggiva. Alcuni annaspavano in cerca d’aria, ma altri erano già a terra, e soffocavano. Su tutto un gran sibilo che superava le voci umane, e veniva dall’alto, come l’urlo dell’uragano, e faceva accapponare la pelle.

Lane si aprì la strada fino alla macchina, lottando contro forti correnti di Gizmo, che stavano costituendo delle organizzazioni globulari, già sperimentate come nubi di polvere. Contro quei turbini, Lane manovrava la lunga fiamma come una spada. Questa volta, non c’era polvere, ma la palla era ugualmente visibile perché tutto tremolava dietro lo sterminato numero di Gizmo. I tetti delle case apparivano ondulati e Lane cercava disperatamente il punto vitale di quel turbine, come un tempo i balenieri cercavano con gli arpioni i punti vitali delle balene. Colpi prima una vena, e dai Gizmo morenti si levarono fiamme sottili, alte più di un metro. Poi, di colpo, centrò un’arteria, e intorno tutto fiammeggiò, e lo stormo dei Gizmo si disperse.

Un cavallo attaccato a un carro s’impennò, scalciò, stramazzò a terra. Qualcuno correva alla cieca, agitando l’aria davanti al viso, oppure cadeva in ginocchio, stramazzando poi sul marciapiede.

— Aprite! — urlò la Warren furiosa. — Aprite lo sportello!

Intanto cercava di respirare, con un’espressione di orrore in viso. L’odore dei Gizmo bruciati era spaventoso. Lei continuava a stringere la federa gonfia che si dimenava freneticamente.

La Warren batteva contro il finestrino. Dentro, Burke, con mani tremanti, tentava di mettere in funzione una torcia, e non sentiva niente. S’era chiuso dentro, e aveva bloccato gli sportelli in preda al panico. Lane colpì il finestrino con il serbatoio della sua torcia e il vetro si ruppe, ma rimase insieme perché infrangibile.

— Aprite — urlò Lane — o aprirò io con il fuoco!

Burke alzò la testa, si tirò su, si mise ad armeggiare con dita incerte e gli ci vollero parecchi secondi prima che riuscisse a sbloccare lo sportello. La Warren lo spalancò.

— Giù i finestrini — ordinò la Warren — e voi, Dick, mettetevi al volante. Questo idiota è costato molte vite.

Lane spinse via Burke e mise in moto. La Warren sedette accanto allo sportello anteriore, tenendo fuori dal finestrino la federa che si dibatteva tra grandi sibili.

— La fiamma, Burke — ansimò. — Quei mostri cercano di farmi uscire, lasciare la presa…

Non riuscì più a parlare. Burke manovrò la torcia e liberò la Warren che tirò di nuovo il fiato, piena di orrore. La macchina si mosse e filò lungo la strada, mentre Mostro continuava a urlare.

— Adesso — gridò la scienziata, superando l’abbaiare del cane — adesso faremo strillare l’amico. Burke, badate che non mi soffochino.

Strinse con l’altra mano il collo della federa, serrando via via più forte il prigioniero, che dibattendosi lanciò un suono stridulo, più volte ripetuto.

— Ecco — disse la Warren fiduciosa. — Ormai possiamo prendercela con calma! Ci seguiranno di sicuro!

Lane sterzò, per schivare una macchina ferma. C’era molto traffico in città, ma il tumulto era durato pochi minuti, e molte auto si fermavano a vedere cosa succedeva, anziché portarsi sul posto, dove altri uomini forse erano in pericolo. A un certo punto, la doppia colonna di macchine gli bloccò la strada; allora Lane salì sul marciapiedi, aggirò l’ostacolo, poi con un sobbalzo tornò sull’asfalto nella carreggiata.

— Guardate dietro — ordinò — e ditemi se i Gizmo attaccano ancora.

— C’è un tale che sta rialzandosi — rispose la Warren — e tutti gli corrono incontro per sapere perché è caduto in quel modo… Stanno anche soccorrendone un altro.

— Ce ne sono molte altre di quelle “cose”? — s’informò Lane. — Se tutto lo stormo c’insegue…

Una pausa. Lane guidava a trenta all’ora. E finalmente gli alberi. Si lasciarono alle spalle il centro della città.

— Ci seguono — disse la Warren, senza scomporsi. — In basso non sono molto fitti, vedo delle cose nitide. Ce ne sono di più in alto: la cima delle case è come increspata. E probabilmente, il grosso è ancora più su.

Gli alberi si chiusero sopra le loro teste. La macchina prese velocità.

La Warren domandò: — Credete che sia meglio legarlo più stretto, questo? I Gizmo viaggiano con noi, li sento che mi toccano le mani e i polsi. Con il fuoco Burke li tiene a bada, ma continuano a inseguire il compagno sibilante chiuso nella federa…

— Acceleriamo un po’ — rispose Lane. Non si stupiva della calma della scienziata: quando si è intenti a qualcosa, è difficile soccombere al panico.

Far qualcosa in un momento critico è sempre un buon calmante.

— Quaranta all’ora — riprese Lane. — Possiamo calcolare la loro velocità: appena non li sentite più sulle mani, sapremo qual è il loro limite di velocità.