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— Possiamo sempre ripararci con le lenzuola: se non riescono a impedirci di respirare, non possono farci altro male — sentenziò la Warren.

Lane non ne era convinto.

Uno di quei cosi… un Gizmo, un’entità gassosa, se n’era stato tranquillo nella roulotte. Non aveva fatto rumore, aveva agito con astuzia, senza attirare l’attenzione su di sé, e loro l’avevano scoperto per caso. Probabilmente l’intenzione del Gizmo era di aspettare che gli ospiti della roulotte fossero addormentati: un attacco al buio mentre loro erano immersi nel sonno, sarebbe stato decisivo. I Gizmo, in ultima analisi, erano forse più abili di quanto supponesse la dottoressa Warren. Il secondo tentativo di assassinio contro Lane, dopo che il giornalista era sfuggito al primo assalto rotolandosi nelle foglie secche, ad esempio, era stato ben condotto.

— Se decidete di tentare la difesa con le lenzuola — disse brevemente — farò come dite voi. Ma francamente penso ancora che sia un grosso rischio.

La Warren sbuffò. — E parlate di rischio? Non credo che saremmo molto sicuri comunque. Prima che arrivaste voi, gli avvoltoi non si avvicinavano già più alle esche, perché i Gizmo consumavano i gas e loro non li potevano più vedere. E cos’è capitato a mosche e zanzare? E ai conigli, alle pernici nei loro nidi? Non dite sciocchezze! I Gizmo erano già qui, pericolosi come adesso. Non ci hanno mai attaccati, questo sì, e quello che avete ucciso ci ha assaliti soltanto quando s’è visto in trappola. Ma si aggiravano qui intorno, prima del vostro arrivo. Rischio!

— Ma adesso sanno che ne conosciamo l’esistenza! Ci uccideranno tutti — osservò Lane.

La Warren sospirò. — Sono irreali, eppure veri. Credete che siano intelligenti?

— Temo di sì. Se fossero i demoni delle antiche leggende verrebbero a patti per essere venerati e nutriti con il fumo e col sangue delle vittime bruciate. Le divinità pagane…

— Santo cielo, ho a che fare con un pagano! Avete detto che sono intelligenti. Fuori le prove!

— Avevo già pensato a un sistema per procurarmele. Può funzionare.

Lane raccolse il lenzuolo che era servito a catturare e a eliminare una delle “cose” che la Warren aveva chiamato Gizmo, e lo stese davanti a un finestrino della roulotte. La Warren gli diede una mano. Bloccarono completamente la finestra con il lenzuolo, poi Lane lo fissò per bene agli angoli, lasciandolo più lento al centro. Dopo di che socchiuse la finestra.

Non accadde niente. Quando cominciò ad armeggiare alla finestra, il sibilo, prima chiaramente percettibile, cessò di colpo. Non un suono, non un cinguettio, non un ronzio d’insetto. Neppure il mormorio del vento tra i pini. Nel gran sole quel silenzio innaturale era spaventoso.

Aspettavano, con gli occhi fissi sulla finestra bardata in quello strano modo. Niente. Lane si strinse nelle spalle.

— Credevo che aprendo la finestra avrebbero attaccato in massa. Pensavo che, se non sono intelligenti, uno si sarebbe subito cacciato dentro. Se invece lo sono, avrebbero dovuto attaccare la roulotte tutti insieme, in modo che noi non potessimo fronteggiarli. Mi sono sbagliato.

In quell’istante, Mostro latrò, terrorizzato. Con il pelo irto, si rifugiò nell’angolo più lontano della roulotte, ringhiando verso la finestra aperta.

— Non vi siete sbagliato — disse la Warren.

Le “cose” si lanciavano contro il lenzuolo, scuotendolo con violenza. La tela si tese, sotto la massa dei Gizmo, che spingevano, premevano, e riempivano con il loro mugolio tutto l’ambiente. Era orribile vederli accanirsi contro un riparo in fondo così leggero, senza poterlo sfondare.

Lane si lanciò verso la finestra. Il lenzuolo resisteva, ma la pressione di quella massa di assassini scatenati, pur singolarmente deboli, allentava, via via, la tela agli angoli. A un tratto, un lembo cedette, e Lane senti un sibilo di trionfo.

Lane rimise a posto il lenzuolo, tempestandolo di pugni, come per distruggere le “cose” a furia di colpi. Poi la Warren urlò: — Qui… Qui!

Una lotta furiosa. Mostro urlava e si dibatteva lanciandosi contro le “cose”. Un altro angolo del lenzuolo cedette.

3

La dottoressa Warren era pallida come un cadavere quando finalmente la finestra fu di nuovo chiusa e i due Gizmo, che si erano introdotti nella roulotte, distrutti. Uno l’aveva attaccata, ed era stato ucciso da Lane sempre con lo stesso sistema: il giornalista l’aveva imprigionato dentro al lenzuolo, staccandolo dalla vittima, e poi aveva girato e rigirato la tela finché dentro non era rimasto più niente. Il secondo era stato individuato dal suo sibilo rabbioso e dai latrati di Mostro. Con un colpo ben assestato, la Warren l’aveva fatto finire sulla cucina a gas accesa, e lì era morto tra le fiamme, in una vampata guizzante, quando i gas di cui era composto avevano preso fuoco.

Fuori regnavano di nuovo tenebre e silenzio. Dentro, la luce era accesa e la Warren era ancora sconvolta. Da tempo la scienziata aveva avuto dalla sua prestigio, sicurezza e autorità, e adesso non si capacitava che potessero attentare alla sua vita, e che ad attentarvi fossero dei campioni biologici, come lei li chiamava.

— Che stupida — disse, con un tremito nella voce. — Non riuscivo a credere che ci fosse davvero pericolo. Sono proprio una vecchia stupida a considerare queste cose orrende soltanto come oggetti di studio!

— Sono qualcosa di peggio — le disse Lane. — Non li hanno mai scoperti, ma sono sicuro che hanno già ucciso altre persone.

— È spaventoso! — mormorò la Warren. — Per farmene un’idea devo pensare all’epidemia di idrofobia che è scoppiata tempo fa tra i pipistrelli nel Sud. Quella abbiamo potuto vincerla. Si sono prese delle misure, la gente è stata avvertita, ma adesso…

— Già, adesso è un po’ diverso — commentò Lane. — Pipistrelli e idrofobia, si sapeva che cos’erano, e in quel caso è bastato dimostrarne la relazione. Ma adesso bisogna addirittura dimostrare che queste “cose” esistono. E la gente che non le ha mai conosciute non ci crederà tanto facilmente.

— A questo ci penso io — disse la Warren. — Vado a telefonare.

— Non credo che sarà tanto facile — osservò Lane. — Come ci arrivate a un telefono?

La Warren lo guardò a bocca aperta: — Come sarebbe? Voi credete che queste… queste “cose”, questi Gizmo insomma… — s’interruppe di colpo, con un brivido.

— Se non sono troppo intelligenti — disse Lane — probabilmente non avremo guai. A un certo punto si stancheranno di starsene lì fuori. Ma se sono intelligenti, preferisco non pensarci!

Si avvicinò al finestrino. Fuori, c’era soltanto la notte. Con la mano si fece schermo agli occhi per vedere meglio nel chiarore lunare. Le montagne spiccavano nel cielo pieno di stelle. Verso oriente e sul fondovalle si stendeva un velo di nebbia, chiara sotto la luna. Una pace profonda. Ma tendendo l’orecchio percepì un lieve sibilo, più leggero del ronzio di una zanzara. I Gizmo erano in attesa.

Distolse lo sguardo. La Warren lo fissò.

— Avete detto che hanno ucciso animali dappertutto, e forse, ormai, qualcuno ne ha già scoperto l’esistenza. Sentiamo la radio.

Lane girò la manopola: qualche scarica, le ultime note di una canzonetta, poi la voce dell’annunciatore:

— … Abbiamo trasmesso il programma per i ragazzi. Tra pochi istanti, il giornale radio…

Lane sospirò profondamente. La loro situazione, per fortuna, non era diventata generale. Si sedette. La pubblicità di una marca di fertilizzanti, detta con grande entusiasmo. E finalmente il giornale radio.

Si senti meglio, quando l’annunciatore cominciò con gli avvenimenti internazionali. Notizie rassicuranti perché avevano il primo posto, anche se inquietanti in sé, in quanto potevano distruggere la pace del mondo. Notiziario politico. Poi gli avvenimenti della giornata. In tutti gli Stati Uniti le stazioni radar segnalavano un numero straordinario di Gizmo. L’annunciatore spiegò che le tanto discusse apparizioni, connesse alle storie di dischi volanti, in realtà erano zone super-ionizzate dell’atmosfera.