— Le impronte portano al compartimento della morte, al secondo livello — disse lei.
Il compartimento stagno corresse mentalmente Linc, ma poiché Magda aveva accettato di servirsi degli apparecchi di comunicazione senza discutere né lamentarsi, preferì tenere la bocca chiusa. Se anche ha paura di toccare le macchine, non lo dimostra.
— L’abbiamo trovato! — urlò una voce trionfante. — Si era nascosto nel compartimento della morte. L’abbiamo preso e lo stiamo portando sul ponte.
Linc sapeva che avrebbe dovuto provare un gran sollievo. Mancavano ancora venti minuti al momento dell’accensione. Tuttavia era ancora preoccupato. Perché Monel si era nascosto là dentro? Guardò Magda. Anche lei sembrava preoccupata.
— Non sei ancora tranquilla? — le chiese.
Lei scosse la testa. — E tu?
— Starò meglio quando si accenderanno i razzi.
Monel era irascibile e bisbetico come sempre.
— Voi credete che sia pazzo, vero? — gridò. Sedeva accasciato sulla sedia a rotelle, circondato dagli uomini e dalle donne, sorridenti e soddisfatti, che l’avevano scovato nel nascondiglio. Avevano trovato anche le guardie. Tutte, meno Rix.
— Cosa volevi fare? — gli chiese Linc.
— Fermarti.
— Nascondendoti in un compartimento stagno?
— Distogliendo la tua attenzione da queste maledette macchine — ribatté disgustato Monel.
Linc non era soddisfatto dalla risposta, ma prima che avesse il tempo di dire qualcosa, Stav stava scuotendo Monel rudemente e gli chiedeva: — Perché non vuoi che raggiungiamo il nuovo mondo? Vuoi che moriamo tutti?
Monel si liberò dalla stretta con uno scrollone. — Cosa ti fa pensare che potremo vivere sul nuovo mondo? Solo perché lo dice lui? — sogghignò guardando Linc. — Sappiamo di poter vivere sulla nave. Ma quel suo nuovo mondo… chi mai ha vissuto fuori della nave? — La sua voce stridula era indisponente. — Fuori c’è la morte, lo sappiamo tutti. La nave è la vita… altrove c’è soltanto morte.
Linc si fece avanti minaccioso. — E cosa succederà se la nave finirà dentro al sole giallo? Quella sì che è morte sicura!
— E chi dice che cadremo nel sole giallo? — fu pronto a ribattere Monel. — Sei tu che lo dici! E sostieni che te l’ha detto Jerlet. Ma Jerlet non ce ne ha mai parlato.
— Tutti hanno paura di essere divorati dal sole giallo, anche tu — gli ricordò Stav.
— Certo che ho paura! Ma preferisco correre il rischio di finire nel sole giallo piuttosto che lasciare la nave. Noi sappiamo che fuori c’è la morte.
— Linc è stato all’esterno — disse Jayna.
— Con quel vestito speciale — ribatté Monel. — Quanto potrebbe vivere fuori? Linc, diglielo tu! Quanto potresti resistere all’esterno con quel vestito?
— Parecchie ore, forse anche alcuni giorni.
— Ma tu vorresti che noi vivessimo per sempre fuori, non è così?
— Non nello spazio — rispose Linc. — Non nel buio. Su Beryl. Nel nuovo mondo. Vivremo come vivevano i nostri antenati sulla Terra.
— Però loro la Terra l’hanno lasciata, no?
— CONTO ALLA ROVESCIA — disse in quel momento la voce del computer. — INIZIO DEL CONTO ALLA ROVESCIA. CINQUE MINUTI ALL’ORA ZERO. INIZIO DEL CONTEGGIO.
— Tu cos’hai da dire, sacerdotessa? — chiese Stav a Magda. — Ha ragione Linc o Monel? Dobbiamo lasciare la nave e vivere nel nuovo mondo, o restare a bordo?
Tutti si voltarono a guardare Magda che stava fra Monel e Linc.
— Ho meditato a lungo sulla questione — rispose a voce bassa ma ferma. — Ho chiesto consiglio a Jerlet, e ho cercato di scoprire la verità…
— E…?
— Linc ci ha dimostrato che forse noi sbagliavamo quando avevamo paura delle macchine. Adesso dovrebbe essergli consentito di portarci nel nuovo mondo.
Un sospiro generale accolse la decisione.
— Se non siamo destinati a viverci — proseguì Magda, — le macchine si guasteranno. Jerlet non permetterà che ci portino verso la morte. Se le macchine funzioneranno come dice Linc, allora raggiungeremo sani e salvi il nuovo mondo e ci vivremo felici. Se invece le macchine non funzioneranno, resteremo a bordo della nave. Così vuole Jerlet.
Tutti parvero soddisfatti, anche Monel. Ma Linc pensava: Superstizioni. Si tratta soltanto di stupide superstizioni.
— CONTO ALLA ROVESCIA. MANCANO QUATTRO MINUTI ALL’ORA ZERO. IL CONTEGGIO CONTINUA.
Pareva che il tempo non passasse mai. Linc sedeva ai comandi tenendo d’occhio gli schermi su cui si susseguivano le immagini del sistema di propulsione a razzi. Pareva che tutto fosse in ordine e funzionasse alla perfezione.
Tre minuti. Due. Sessanta secondi… trenta… dieci… nove… otto…
Linc aveva la strana sensazione di essersi staccato dal proprio corpo e di guardare dall’alto tutte quelle persone che gli stavano intorno, mentre lui teneva gli occhi fissi sugli schermi, con la mano posata sul pulsante, pronto a interrompere il conto alla rovescia se si fosse rivelato il minimo intoppo.
— …TRE SECONDI…
Il diagramma della pompa del carburante, sullo schermo, passò dal verde al giallo indicando che la pompa era entrata in funzione al momento prestabilito.
— …DUE… UNO…
All’«uno», il diagramma della pompa si accese di rosso.
Spalancando la bocca, Linc premette il pulsante mentre la voce atona del computer diceva: — ZERO. ACCENSIONE.
E un’esplosione fece sollevare il ponte inclinandolo e catapultò Linc contro il banco mentre tutti gli altri finivano a gambe all’aria.
XIX
Erano vivi.
Fu la prima cosa di cui Linc si accertò incurante del dolore che gli bruciava il petto. Si alzò in preda a un senso di stordimento e si guardò intorno. Il ponte sembrava intatto. Non si vedevano fumo né fiamme. Qualcuno cominciava già a rialzarsi. Magda sembrava stordita, ma più per un turbamento interiore che non per la paura di quanto era successo. Hollie e una guardia stavano aiutando Monel a risistemarsi sulla sua sedia.
Quel disgraziato rideva.
Linc esaminò gli schermi. Tutto funzionava normalmente, solo sullo schermo del computer di navigazione lampeggiava a grandi lettere una scritta rossa: ERRORE ERRORE ERRORE.
Linc si accostò a Monel che rideva così sghangheratamente da dover chiudere gli occhi. Teneva la testa buttata all’indietro e il suono aspro e rauco della sua risata era l’unico rumore sul ponte. Linc lo schiaffeggiò.
Con tutta la furia che gli covava dentro, Linc schiaffeggiò la faccia sogghignante di Monel così forte che per poco non lo fece cadere dalla sedia.
Nessuno si mosse.
— Portatelo via — ringhiò Linc. — Ci ha uccisi tutti. Portatelo via e andatevene anche voi. Tutti! Fuori!
Afferrarono Monel che aveva la faccia segnata dalle impronte delle dita di Linc e lo trascinarono via. Uno a uno, sgattaiolarono tutti fuori.
Linc si voltò e vide che Magda era rimasta. Ferma in piedi davanti al banco delle comunicazioni, era rigida come una sbarra d’acciaio.
— Ci ha uccisi tutti — ripeté Linc.
— Lo hai colpito.
— Avrei voluto ammazzarlo — esclamò Linc dandosi una manata sulle cosce.
— Lo hai colpito.
— E che importa? Ormai siamo morti, Monel ha rovinato tutto.
— No, Linc. Niente è rovinato. Solo la tua pace interiore. Tu troverai il modo di portarci sul nuovo mondo a dispetto di Monel. Tu puoi far fare alle macchine quello che vuoi. Ma corri il rischio di diventare anche tu una macchina.