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— Non abbiate paura — stava dicendo Magda. — Potremo raggiungere il nuovo mondo. La nave sta per morire, ma Linc ci porterà in salvo sul nuovo mondo.

Si voltò verso di lui. — Non so cos’altro dire.

— Di’ che rimangano in attesa dei miei ordini. Li avvertirò quando sarà il momento di muoversi.

Perplessa, Magda riferì quanto Linc aveva detto.

Dopo la seconda accensione dei razzi, cominciò ad arrivare qualcuno sul ponte. Linc non aveva piacere di aver gente fra i piedi, ma non poteva scacciarli.

— Avrei dovuto chiudere il portello — brontolò fra sé. Ma nessuno lo intralciò. Se ne rimasero a guardare in silenzio gli schermi su cui comparivano disegni, parole e numeri per loro incomprensibili. Linc percepiva la loro presenza, li sentiva respirare, in muta attesa.

Magda, sempre seduta al microfono, aveva chiuso gli occhi e stava a testa china come se meditasse.

Dovrà entrare nella cabina del trasmettitore quando glielo dirò. Sa che deve farlo, altrimenti ci troveremo a dover affrontare un branco di gente impazzita di paura.

Il congegno automatico del conto alla rovescia emise un fischio di avvertimento, e un fremito di paura fece arretrare la folla.

— Non abbiate paura — li tranquillizzò Linc. — È solo il segnale che fra cinque minuti i razzi si accenderanno ancora. Sarà l’ultima volta. — E la peggiore aggiunse fra sé.

Gli occhi di tutti erano fissi sugli schermi, affascinati dal continuo succedersi di cifre di cui ignoravano il significato. Quando mancava un minuto, Linc ordinò che si sdraiassero. — Magda! — chiamò poi.

Lei alzò la testa e lo guardò.

— Di’ a quelli che non sono ancora venuti qui di stendersi sul pavimento o sulle cuccette e di tenersi lontani da qualsiasi oggetto che possa cadere loro addosso. Mancano… cinquantacinque secondi all’ultima accensione dei razzi.

Magda riferì al microfono. Linc incuneò saldamente i piedi sotto i supporti del banco e si aggrappò con le mani ai braccioli del sedile.

Il gigante fece sentire ancora la sua voce. Il suo rombo fece sussultare il ponte come se volesse spezzarlo. Qualcuno urlò. Linc strinse involontariamente le palpebre. Quando riaprì gli occhi cercando di rimettere a fuoco lo schermo che gli stava davanti non ci riuscì perché il ponte continuava a sussultare e tutto quello che vide fu un insieme confuso di macchie colorate.

Poi tornò la calma. Linc si protese a esaminare il tracciato dell’astronavigatore. Erano in rotta! Non provò un senso di trionfo, ma solo di gratitudine.

Magda lo fissava con la stessa intensità con cui lui guardava lo schermo.

— È meglio avvertire tutti che è ora di venire sul ponte. — Voltandosi a parlarle, Linc vide che gli altri cominciavano a rialzarsi. — Ai due lati del portello all’estremità più lontana del ponte ci sono due brevi tratti di corridoio. Avverti che si dispongano là su due file. Niente spintoni né panico. Tutto andrà bene se non facciamo confusione.

Dal portello aperto che dava sul corridoio principale qualcuno arrivò gridando: — I serbatoi della fattoria! È successo qualcosa alle pompe. Si sono fermate.

Linc diede un’occhiata agli schermi che rivelavano il funzionamento delle condutture elettriche. Le luci si stavano spegnendo ovunque e anehe l’impianto di riscaldamento. Tutto come predisposto.

Intanto la gente cominciava a mettersi in fila nel corridoio che portava al trasmettitore di materia. Ma dal corridoio principale arrivava il rumore di voci concitate.

— Si è spenta la luce nel refettorio.

— I ventilatori non funzionano.

— Fa freddo, qui…

Linc si avvicinò al quadro delle comunicazioni e prese il microfono: — Ascoltatemi — ordinò. Magda si alzò e gli si pose accanto. — La nave sta morendo. Abbiamo pochissimo tempo per abbandonarla e andare sul nuovo mondo. Mettetevi in fila sul ponte e tenetevi pronti. Portate tutto quel che riuscite a trasportare a mano. Non abbiamo tempo per prendere altro.

Porse il microfono a Magda che lo prese con una piccola smorfia di disgusto. — Il mio mantello — mormorò. — I miei simboli…

— Non c’è tempo — ribatté bruscamente Linc. — Devo mettere in funzione il trasmettitore. Tu bada a tener calma la gente man mano che arriva. Mi raccomando, che si mettano in fila per uno. E quando ti chiamo vieni senza discutere.

Lei fu lì lì per dir qualcosa ma vi rinunciò. Annuì e disse al microfono: — Non abbiate paura. — Intanto si costrinse a sorridere per rassicurare quelli che erano già sul ponte. — Mettetevi in fila per uno ai lati del portello…

Linc si fece strada fra la calca e aprì la porta che dava nel locale del trasmettitore. Sedette al banco e si mise a manovrare i comandi. Le luci sul ponte si stavano affievolendo. Con la coda dell’occhio riusciva a scorgere, dietro le teste e le spalle della gente in fila nel corridoio, alcuni schermi; anch’essi cominciarono a baluginare e poi a spegnersi.

Ogni erg di energia…

A tratti udiva qualche commento, non sapeva se dal corridoio o dal ponte.

— Le macchine stanno morendo.

— Ehi, vedo il fiato… sembra uno sbuffo di fumo.

E la voce di Magda: — Va tutto bene. Raggiungeremo sani e salvi il nuovo mondo.

— Ma fa freddo!

Le luci sul quadro erano tutte verdi.

Era tutto pronto. Linc si alzò, si fece strada fra la gente in fila nel corridoio e diede un’ultima occhiata allo schermo che indicava le cifre del conto alla rovescia, sul ponte. I numeri gialli spiccavano vividi nella luce attenuata.

— Magda — chiamò, — è ora!

Lei lasciò andare il microfono e lo seguì nel locale del trasmettitore. Mentre entravano, sussurrò: — Non ci hai lasciato alternative.

— Sta’ tranquilla. Va bene così — le rispose lui accompagnandola alla cabina del trasmettitore.

Magda ebbe solo un istante di esitazione. Mentre Linc apriva la porta di plastica trasparente della cabina, lei raddrizzò la schiena ed entrò con piglio deciso. Quelli che si trovavano in principio alla fila guardavano sbarrando gli occhi.

— Sorridi — disse Linc mentre chiudeva la porta.

Lei abbozzò un sorriso che dovette costarle molta fatica.

Linc si affrettò a tornare ai comandi, manovrò qualche interruttore e infine posò il dito sul pulsante arancione dell’accensione. E se qualcosa andasse storto? Se il ricevitore fosse finito in una zona inabitabile? Se invece di salvarla la uccidessi?

— Qui si gela — disse una voce dal corridoio.

Linc premette il pulsante arancione. Per un attimo la cabina del trasmettitore si illuminò di una vivida luce bianca. Quando la luce si spense, la cabina era vuota.

Lui rimase un momento a guardarla, poi si rivolse alla gente in attesa, che aveva seguito la scena.

— Avete visto?

— È sparita.

— È una magia!

— Bene. Adesso fatevi avanti uno per volta. — Linc si sentiva improvvisamente esausto. — Via, per il nuovo mondo!

Ubbidirono. Non vi furono scene di panico. Qualcuno era chiaramente impaurito e mostrò una certa riluttanza, ma gli altri lo incitarono prendendolo in giro. Così, a intervalli di meno di un minuto, entrarono tutti.

Linc manovrava i comandi come un automa, conscio del fatto che tutti entravano nella cabina non perché avessero fiducia in lui, né per seguire Magda, ma perché avevano paura sapendo che la nave moriva. Le luci del ponte si spensero definitivamente, lasciando solo il tenue bagliore fluorescente dei pannelli del corridoio e del locale del trasmettitore a illuminare debolmente le partenze. Faceva già freddo e Linc sentiva un crescente torpore alle dita mentre premeva senza sosta i pulsanti. Venti volte. Trenta. Quarantacinque. Strofinò e batté i piedi per riscaldarli.