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Non c’erano sedie davanti al piccolo ripiano. Linc guardò i bottoni, poi lo schermo, poi di nuovo i bottoni.

— Jerlet non si arrabbierà se lo chiamo — disse fra sé. — E poi, se Monel ha toccato i bottoni, perché non posso farlo anch’io?

Tuttavia mentre allungava la mano verso quello più grosso gli tremavano le dita. Deglutendo a fatica, lo premette.

Lo schermo s’illuminò di una grigia luce perlacea.

Non comparve nessun disegno, nessuna faccia, né si sentivano suoni o rumori. Ma si era illuminato, era vivo!

— Jerlet — balbettò Linc. — Mi senti?

Lo schermo rimase muto. Linc chiamò ancora. Nessuna risposta. In preda all’ansia e all’impazienza si mise allora a premere a caso un pulsante dopo l’altro. Sullo schermo comparvero disegni, luci, colori lampeggianti. Ma non Jerlet.

— Jerlet! Jerlet! Rispondimi, ti prego!

Dopo pochi secondi estenuanti una voce tonante disse: — IL PERSONALE NON AUTORIZZATO HA IL DIVIETO DI SERVIRSI DI QUESTO TERMINALE.

Linc arretrò barcollando. — Ma… Sei Jerlet?

— IL PERSONALE NON AUTORIZZATO HA IL DIVIETO DI SERVIRSI DI QUESTO TERMINALE.

— Jerlet! Ho bisogno di aiuto!

— IL PERS… — La voce tacque per una frazione di secondo.

— DI COSA HAI BISOGNO?

Non era quella di Jerlet, ma era pur sempre una voce.

— La pompa… la pompa principale delle vasche delle messi — balbettò Linc. — Devo aggiustarla… non so come si fa.

Dallo schermo scaturì un breve ronzio, poi la voce disse: — MANUTENZIONE E RIPARAZIONE SEZIONE IDROPONICA: CODICE SETTE-QUATTRO-QUATTRO.

— Cosa? — disse Linc. — Non capisco.

Sullo schermo comparve all’improvviso l’immagine dei pulsanti del ripiano. Intorno a tre di essi era disegnato un cerchietto rosso.

— INFORMAZIONI PER MANUTENZIONE E RIPARAZIONE APPARECCHIATURE IDROPONICHE. PUNZONARE CODICE SETTE-QUATTRO-QUATTRO.

Linc ci mise un bel po’ a capire il significato di quelle parole oscure. Infine premette i pulsanti indicati e sullo schermo comparvero dei simboli strani. Lui disse allo schermo che la pompa era rotta. Lo schermo rispose con altre parole incomprensibili e gli mostrò dei disegni. Poco a poco, Linc capì che erano immagini della parte interna ed esterna della pompa.

Era passato tanto tempo che Linc pensò che fra poco sarebbe iniziata la giornata lavorativa e gli addetti alla fattoria l’avrebbero scoperto.

Con un susseguirsi di disegni lo schermo gli mostrò di quali utensili aveva bisogno e gli indicò il pannello dietro il quale erano riposti. Linc trovò il pannello, incrostato di polvere e sporcizia. Dovette fare uno sforzo enorme, spinto dalla disperazione, per riuscire ad aprirlo.

Alcuni utensili indicatigli non funzionavano. Uno, che la voce aveva chiamato torcia, era freddo e senza vita anche se il disegno sullo schermo mostrava che ne sarebbe dovuta scaturire una fiamma.

Forse non so adoperarlo, pensò Linc.

Ma lo schermo era molto paziente, e continuava a dirgli quello che doveva fare. Coi disegni e la voce mostrò a Linc come togliere il coperchio della pompa, come staccare i tubi in entrata e in uscita, come controllare i filtri e il motorino. Seduto in mezzo a un mucchio di bulloni svitati, pezzi di metallo, tratti di tubazione, Linc arrivò al cuore della pompa, che era intasato di erbacce e foglie morte. Lo ripulì meglio che poté, poi, seguendo le istruzioni dello schermo, rimontò la pompa.

—ATTIVARE IL PULSANTE DI ACCENSIONE — disse finalmente lo schermo, e comparve una freccia gialla che indicava un piccolo pulsante alla base della pompa.

Linc eseguì, e la pompa si mise a vibrare a scatti, poi la vibrazione si normalizzò e divenne sommessa e costante. Linc sentì al di sopra di lui, nelle vasche, l’improvviso sgorgare del liquido nutritivo. La pompa aveva ripreso a funzionare!

Avrebbe dovuto esultare di gioia, invece era solo esausto. Abbozzando un pallido sorriso tornò allo schermo e disse: — Grazie, chiunque tu sia.

Lo schermo non rispose. Linc lo spense, poi si voltò in tempo per vedere il primo gruppo di operai che entravano nella fattoria.

VI

Il suo primo impulso fu quello di darsela a gambe.

Ma gli operai sembravano più sorpresi e incuriositi che non adirati nel vederlo lì tutto unto e sudato.

Perché dovrei aver paura? pensò Linc. Ho riparato la pompa. Non devo aver paura.

Gli operai si avvicinarono lentamente con aria perplessa.

— Linc, cosa fai qui? — gli chiese una ragazza magra che si chiamava Hollie.

— Cosa succede? — chiese da dietro al gruppo la voce profonda di Stav. La faccia larga sormontata dai capelli biondi del capo-operaio sbucò da dietro Hollie e guardò Linc.

— L’ho aggiustata — rispose lui indicando la pompa. Era tanto stanco che aveva solo voglia di dormire. — Ho salvato il raccolto.

— Cosa? Devi essere impazzito — disse Stav. — Nessuno può aggiustare la pompa. È morta.

— Va’ a dare un’occhiata.

Un gruppo di operai si era raccolto intorno, e Hollie disse con un sorriso stringendosi nelle spalle: — Non ci farà male dare un’occhiata.

Andò alla pompa, si chinò ad ascoltare, la toccò.

— Funziona! — gridò poi.

Tutti si precipitarono alla pompa piantando in asso Linc. Stav si arrampicò sulla scaletta della vasca più vicina. Altri lo seguirono urtandosi per arrivare primi alle scalette arrugginite.

— Il fluido ha ripreso a scorrere! — gridò uno.

Tornarono tutti ad accalcarsi intorno a Linc. Stav lo abbracciò fin quasi a spezzargli la schiena. Gli altri gli davano pacche sulle spalle, ridevano, gridavano, si congratulavano con lui, lo ringraziavano.

— No… lasciatemi respirare — disse con un filo di voce Linc. — Ho sonno… lasciatemi andare.

Lo accompagnarono fino alla porta e poi tornarono al lavoro. Sorridevano tutti. Uno intonò una vecchia canzone e tutti fecero coro. Anche Linc sorrideva, avviandosi verso il suo alloggio.

Fu bruscamente strappato dal sonno quando una guardia di Monel spalancò la porta con un calcio. Prima che Linc avesse il tempo di alzarsi dalla cuccetta, gli furono addosso in tre. Due lo presero per le braccia e lo tirarono in piedi.

La terza guardia disse: — Monel vuole vederti, Immediatamente.

Spinsero Linc in corridoio e lo portarono nel cubicolo di Monel. Questi, seduto alla scrivania, giocherellava coi dischetti di plastica. Jayna, seduta in un angolo con l’aria spaventata, fissava Monel con gli occhi sgranati. Quanto a Monel, sembrava furibondo. Curvava i dischetti fra le dita, piegandoli come se volesse romperli.

Linc rimase a lungo in piedi, con la schiena contro la porta, sotto la sorveglianza delle tre guardie.

Finalmente Monel alzò gli occhi. — Hai toccato le vasche del cibo — disse.

— Ho riparato la pompa.

— Hai toccato una macchina pur sapendo che era proibito.

— Ho riparato la pompa — ripeté cocciuto Linc.

— È un crimine, e lo sai.

Avvicinatosi alla scrivania in modo da sovrastare Monel, Linc disse: — Ho fatto in modo che ci sia da mangiare per tutti, così non dovrai decidere chi deve mangiare e chi deve morire di fame.

— Hai commesso un crimine — insistette Monel.

— Questo deve deciderlo la sacerdotessa, non tu. Monel lo fulminò con un’occhiata. Poi un sorriso tutto denti gli alterò la faccia. — Oh, sta’ tranquillo che sarà anche lei di questo parere. E tu sarai condannato a essere espulso nel buio. Magari ci finirete tutt’e due!