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— Pam, sono io: Don.

— Ah già, il Rollback. Ma non... immaginavo che... — Si fermò. — Hai un bell’aspetto.

— Ti ringrazio. Tu come stai?

Pam era evidentemente sotto esaurimento, ma rispose: — Sto bene.

— Alex dov’è?

— Nello studiolo. Stavamo cercando di recuperare nome e indirizzo dell’avvocato di Bill.

Sarah disse: — Vado ad aiutare Alex — ed entrò.

Don osservò Pam. — Povero Bill — disse, senza trovare nulla di meglio.

— Ci sono un sacco di incombenze — disse lei, esausta. — Mettere l’annuncio sul sito dello “Star”. Organizzare il... le esequie.

— Penseremo noi a tutto, non preoccuparti. — Indicò il salotto, precedendo Pam in casa sua. — Ti preparo qualcosa da bere?

— L’ho appena fatto — rispose lei, sedendosi su un pouf deforme di colore verde fluorescente. In fatto di arredamento Bill aveva sempre avuto idee più eccentriche rispetto a Don. Lui prese posto su una sedia identica.

Il bicchiere di Pam, con un liquido di colore ambrato con ghiaccio, era posato su un tavolino lì accanto. Lei ne bevve un sorso, commentando rivolta al cognato: — Ma Gesù, ma guardalo!

L’alloggio si trovava al quinto piano. Don, a disagio, si mise a osservare il panorama esterno; occupato in gran parte da palazzoni di lusso. — Non è stata un’idea mia — rispose.

— Lo so, lo so, ma il povero Bill... bé, se avesse fatto anche lui il Rollback...

“A quest’ora sarebbe ancora vivo” pensò Don. “Infatti.”

— E tu eri perfino... — Pam annuiva pensosamente, ma non completò la frase.

— Ero cosa?

Ora fu lei a distogliere lo sguardo. Le pareti erano letteralmente tappezzate dagli scaffali della biblioteca. Perfino al di sopra dell’architrave d’ingresso. — Niente.

— Parla.

Lei lo fissò. Uno sguardo pieno di risentimento. — E tu sei perfino più vecchio di Bill.

— Di un anno e tre mesi. Sì.

— A te, però, restano decenni di vita!

— E quindi?

— Eri tu il più vecchio dei due — ribadì Pam. — Sarebbe stato normale che fossi stato tu ad andartene per primo.

La chiesa anglicana di Ognissanti, sulla Kingsway, era stata la parrocchia di Don durante l’infanzia. Al presente, per la verità, lui ricordava di quel periodo più gli incontri Scout che le prediche. Ed erano... bé, l’espressione che sorgeva spontanea era “Dio sa quanti anni”... che lui non ci metteva più piede. Per quanto non credesse nell’esistenza di un Dio che tenesse il conto.

La bara era già stata chiusa. Meglio così: si era sempre detto che Don e Bill si somigliavano come due gocce d’acqua, ma in quel momento sarebbe stato sconveniente notare tutte le differenze. Anzi, al contrario: siccome Bill non aveva mai avuto problemi di peso, Don adesso appariva identico al fratello quando aveva venticinque anni. Ma Don era l’unico a ricordare che aspetto avesse Bill così tanto tempo prima, perciò...

No, aspetta. Quello laggiù, che parlava con Pam, non era mica...?

Ma sì che era lui, Mike Braeden. Cavoli, non lo aveva più incontrato dagli anni delle superiori, ma non c’era possibilità di errore: faccione rotondo, occhietti vicini, un unico sopracciglio ininterrotto. Per quanto fosse curvo sotto gli anni, non era cambiato.

Mike era in classe con Bill, ma aveva fatto amicizia anche con Don. Era uno dei quattro maschi ad abitare in un quartiere dominato dalle femmine. Mike (o Mikey com’era soprannominato, o Mick, come si autodefiniva) era inoltre una colonna della locale squadra di hockey “su strada”, e infine faceva parte dello stesso gruppo Scout.

— Quello è Mike Braeden — lo indicò a Sarah. — Un vecchio amico.

Lei sorrise per incoraggiarlo. — Vá a salutarlo, no?

Don lo raggiunse passando in mezzo a due file di banchi. Quando fu a distanza di udito, sentì che Mike era impegnato in una classica rievocazione del caro estinto.

— Vecchio Bill! — stava dicendo. — Ricordo sempre quanto gli piaceva lo sciroppo d’acero. — Pam annuiva come di fronte a un accordo internazionale. — E mica quella robaccia che ti vendono adesso. Voleva solo quello raccol...

Si immobilizzò come il caro estinto nel suo cappotto di legno. — Mio... Dio...

— riuscì a gemere dopo qualche secondo. — Dio mio... Ragazzo mio, mi hai fatto venire un colpo. Sei il ritratto sputato di Bill. — Aggrottò l’unico sopracciglio, che con l’età era diventato grigio. — Tu... tu saresti?

— Mikey non mi riconosci? Don!

— Bé, non quel... — Poi si bloccò. — Signore benedetto, somigli tutto a Donny ma...

— Ho avuto un Rollback.

— E come avresti fatto a...

— Qualcuno ha offerto il giro.

— Stupefacente — disse Mike. — Sei in gran forma, ragazzo!

— Grazie. E grazie per essere venuto. Sono certo che Bill ne sarebbe stato felice.

Lo sguardo dell’uomo gli pesava addosso. — Il piccolo Donny — borbottava ancora Mike. — Incredibile.

— Mike, per favore, ero venuto per salutarti.

Lui annuì. — Chiedo scusa. E che non avevo mai incontrato nessuno ringiovanito.

— Neppure io, finché non mi è capitato — disse Don. — Ma non parliamo di quello. Stavi ricordando che andava pazzo per lo sciroppo d’acero...

Mike rimase indeciso se tempestare l’amico di domande o proseguire con il discorso intrapreso. Alla fine fece la sua scelta, e annuì. — Ricordi quando con gli Scout si andava d’inverno oltre l’autostrada a incidere gli alberi? Bill si sentiva sempre al settimo cielo. — Mike si accorse di aver usato una metafora discutibile, dato il contesto, ma questo lo stimolò ulteriormente a cambiare discorso, e il Rollback svanì in lontananza.

Pam ascoltava con la massima attenzione, mentre Don si guardava intorno alla ricerca di altri volti noti. Bill aveva sempre avuto molti più amici di lui, dato che usciva più spesso di casa e se la cavava meglio con gli sport. Don si domandò quanti di loro sarebbero venuti anche al suo funerale...

Lo prese lo sconforto. Nessuno. Poco ma sicuro. Né sua moglie né i suoi figli; nessuno dei vecchi amici. Sarebbero morti tutti un bel pezzo prima di lui. Forse gli sarebbero sopravvissuti i nipoti, ma in quel momento non li vedeva; e neanche i loro genitori, del resto. Probabilmente Carl e Angela c’erano, ma dovevano essere in qualche angolo, intenti a rassettare gli abiti ai figli che forse prima di allora non avevano mai partecipato a un funerale.

Tra pochi minuti sarebbe toccato a lui fare il panegirico del defunto. Avrebbe ripescato aneddoti e avvenimenti rivelatori per dimostrare che gran tipo fosse Bill.

Ma al suo funerale non sarebbe stato presente nessuno in grado di riandare con la memoria all’infanzia del caro estinto Donald Halifax, e neppure alla prima maturità. Niente di niente dei primi ottanta o novant’anni della sua vita. Tutto ciò che aveva fatto, dalla nascita a questo stesso giorno, sarebbe stato cancellato dai ricordi di tutti.

Si allontanò, scusandosi con Pam e Mike, che nel frattempo avevano portato il discorso dallo sciroppo d’acero al grande senso di prudenza posseduto da Bill. — Ogni volta che giocavamo a hockey in strada — stava dicendo Mike — e arrivava una macchina, lui era il primo a gridare: “Macchina!”. Mi sembra di sentire ancora adesso la sua voce...

Don ripercorse all’indietro la navata della chiesa. Le vetrate multicolori creavano disegni luminosi sul pavimento in legno. Sarah si era seduta nella seconda fila dei banchi, nell’angolo a destra. Sembrava così fragile e sola. Il bastone da passeggio era infilato tra lo scaffale e lo schienale del banco davanti a lei.