— E per... diciamo, e per la gravità?
— Sigma Draconis II ha una gravità di superficie superiore di circa il trenta per cento rispetto alla nostra. La differenza non dovrebbe creare troppi problemi.
Don guardò Gunter facendo appello alla sua fredda razionalità: — Tutto questo è folle!
Il Mozo non ebbe particolari reazioni. Sarah domandò: — Perché?
— Chi mai sarebbe disposto a mandare suo figlio su un altro pianeta?
— Non stanno mandando nessuno. Non viaggerà niente.
— E va bene, ma allora che cosa sperano di ottenere?
— Non hai letto... aaah, come si chiamava?
Don si accigliò. — Chi?
— Maledizione — borbottò Sarah. Si rivolse a Gunter: — Chi ha scritto Che effetto fa essere un pipistrello?
Senza distrarsi dallo schermo, il robot rispose: — Thomas Nagel.
— Nagel, esatto! Lo avevi letto, Don?
Lui scosse la testa.
— È un testo degli anni ’70, che è...
— Ottobre 1974 — precisò Gunter.
— ...Diventato una pietra miliare della riflessione contemporanea. Si chiede, appunto, che cosa si provi a essere nei panni di un pipistrello. E la risposta, in buona sostanza, è: “Non lo sapremo mai”. Non possiamo neppure immaginare che cosa significhi possedere l’eco-locazione, percependo quindi la realtà in modo completamente diverso. Bene, solo un Draconiano in carne e ossa, con sensi da Draconiano, potrà inviare alla madrepatria un rapporto affidabile su come si viva qui in Terra.
— Cioè, vogliono che facciamo nascere uno di loro, qui, a questo scopo?
Lei fece spallucce. — Gli esseri umani, da millenni, ritengono di essere nati per regnare. A loro magari interessa nascere per fare gli ambasciatori.
— Ma pensa come si sentirebbe, tra noi, tutto solo.
— Perché tutto solo? Se se ne può produrre uno, se ne possono produrre anche molti. Ovvio, sarebbero tutti gemelli identici, ma...
— Per la verità — intervenne Gunter alzandosi — ho letto quasi tutto il documento, ed è vero che hanno inviato un solo genoma completo, però hanno indicato in Appendice una serie di varianti da inserire in determinati punti della sequenza genetica, per dare vita a un secondo alieno in parte diverso. Pare che i due DNA derivino da una coppia “sposata”. In questo caso, si creerebbero una serie di cloni di quella coppia.
— “Se tu fossi l’unica ragazza al mondo, e io l’unico ragazzo...” — citò Don — Se non altro, andrebbero a colpo sicuro per il fidanzamento. — Fece una pausa. — A parte gli scherzi, che ne sappiamo che quello sia il genoma di un autentico Draconiano con il sale in zucca? E se fosse un mostro spaziale o un virus?
— Che scoperta. È evidente che verrebbe prodotto all’interno di un impianto sotto sorveglianza — rispose Sarah. — Ma poi, che senso avrebbe mandarci un mostro?
— Il messaggio disse Gunter — afferma che i due di cui è fornito il DNA sono due Draconiani attualmente esistenti sul pianeta. O almeno, lo erano quando il segnale è stato inviato. Gli alieni sperano di riuscire a mantenere i contatti con i loro cloni sulla Terra nonostante i silenzi di 37,6 anni tra un messaggio e l’altro.
— Insomma, i Draconiani di lassù farebbero un’adozione a distanza — disse Don. Intanto notò, attraverso la finestra, che il sole aveva cominciato a sorgere.
— In un certo senso — rispose Sarah. — E sulla Terra cercano dei bravi tutori.
— Ecco il perché del questionario!
— Infatti. Se intendi affidare i tuoi figli alle cure di qualcuno, prima cerchi di conoscerlo meglio. Se ne può dedurre che, tra quei mille profili professionali, hanno gradito soprattutto il mio; e ora vogliono incaricarmi di allevare i loro piccini.
— Mio Dio... — fece Don. — Cioè... cavoli...
Sarah sorrise. — Ed ecco perché a loro interessava tanto la questione dei diritti del genitore “non partoriente”.
— E dell’aborto. Volevano assicurarsi che non ci prendesse la tremarella e non decidessimo di testa nostra di eliminare i feti.
— È un’interpretazione plausibile. Tuttavia ricorda che a loro sono piaciute le mie risposte, che erano tutte favorevoli all’interruzione di gravidanza, a parte quella clausola sul diritto dell’altro genitore.
— Allora, perché questo li avrebbe soddisfatti?
— Forse volevano vedere se avevamo superato la fase darwiniana.
Don aggrottò le ciglia. — Come?
— Nel senso di aver superato l’istinto egoistico a conservare i propri geni. In un certo senso, essere a favore dell’aborto significa essere contro le teorie di Darwin, perché in quel modo si diminuiscono le proprie possibilità di successo riproduttivo.
Si eliminano feti normali che non avrebbero richiesto sforzi eccessivi a essere fatti nascere e allevati fino alla maggiore età. L’accettazione dell’aborto diventa un marcatore psicologico per indicare la sospensione delle dinamiche di tipo darwiniano, lo sviluppo di una programmazione genetica più libera,la fine di un’epoca in cui si è ancora dominati dal potere del proprio DNA che preme per moltiplicarsi.
— Ho capito — disse Don. Il vetro della finestra si stava scurendo in reazione all’aumento della luminosità esterna. — Se una ama troppo i propri cromosomi, amerà poco quelli alieni.
— Esatto — disse Sarah. — E nota che hanno chiesto mille serie di risposte: sapevano già che non la pensiamo tutti allo stesso modo. Tu dicevi spesso che le specie aliene dovevano per forza avere o menti ad alveare o governi totalitari, perché oltre un certo livello di sviluppo tecnologico la sopravvivenza diventa impossibile, se si lascia spazio di manovra ai terroristi. Ma deve esistere una terza alternativa, migliore dei Borg o di Stalin. I Draconiani apparentemente sapevano di avere a che fare con una società complessa e contraddittoria; poi hanno letto i mille questionari compilati e sono arrivati alla conclusione che non volevano avere niente a che spartire con l’umanità... tranne un’eccezione. — Fece una pausa. — La cosa non mi sorprende più di tanto. Gran parte delle risposte inviate dai terrestri infatti veicolavano qualche forma di etnocentrismo, di ripiegamento sul proprio pool genetico, eccetera.
— Invece, conoscendoti, tu hai risposto in tutt’altro modo. Ed è questo a renderti la tutrice perfetta.
— Robe da matti... — disse Sarah.
— Niente affatto — controbatté Don. — Sono secoli che te lo ripeto: tu sei speciale. Ed è la verità. Il progetto SETI, per sua natura, va al di là dei confini tra specie. Ricordi quella conferenza a cui partecipasti tanti anni fa a Parigi? Come si chiamava...
— Non me lo...
Rispose Gunter: — “Codificare l’altruismo. La scienza e l’arte della composizione di messaggi interstellari”. — Don guardò il Mozo, che alzò meccanicamente le spalle: — Ho letto il curriculum di Sarah.
— “Codificare l’altruismo” — ripeté Don. — Proprio così, è questo il fondamento di SETI. E, bé, tu eri l’unica ricercatrice SETI le cui risposte siano state mandate a Sigma Draconis. Non c’è da stupirsi che i destinatari, che portano avanti un progetto parallelo, le abbiano trovate di loro gradimento.
— Immagino di sì. Ma...
— Ma...?