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Nella strada principale, parallela al lungomare affollato, il tassista voltò verso sud e raggiunse la periferia, dove si fermò in un vicolo tortuoso secondo le indicazioni ricevute. Pitt lo pagò e attese che il tassi si allontanasse. Meno di un minuto dopo arrivò una macchina dell’Aeronautica militare francese, una Peugeot 605 diesel. L’autista in uniforme non disse una parola, mentre i due salivano a bordo, e ripartì prima ancora che Giordino avesse chiuso la portiera posteriore.

Dopo dieci chilometri, la macchina si fermò al cancello di un aeroporto militare che ostentava il tricolore sulla guardiola. La sentinella diede un’occhiata alla Peugeot, accennò di passare e scattò sull’attenti. All’inizio della pista l’autista si fermò per inserire l’asta di una bandierina a scacchi sul parafango anteriore sinistro.

«Non mi dire», mormorò Giordino. «Voglio indovinare da solo. Siamo due marescialli in una parata.»

Pitt rise. «Hai dimenticato quando eri in aviazione? Tutti i veicoli che attraversano la linea di volo devono avere la bandierina che li autorizza a farlo.»

La Peugeot passò davanti a una lunga fila di Mirage 2000 con ali a delta mentre le squadre a terra provvedevano ai rifornimenti. A un’estremità della pista c’era una squadriglia di elicotteri AS-332 Super Puma che sembravano progettati da un Buck Rogers miope. Erano costruiti per portare missili aria-terra, e non avevano l’aspetto feroce della maggior parte degli elicotteri di combattimento.

L’autista proseguì sino in fondo a una pista secondaria deserta e si fermò. Rimasero ad attendere. Giordino si assopì subito nel fresco piacevole dell’aria condizionata, mentre Pitt leggeva distrattamente il Wall Street Journal che aveva preso all’ambasciata.

Dopo un quarto d’ora un grosso airbus apparve a occidente e atterrò. Pitt e Giordino non si accorsero di nulla fino a che non sentirono lo stridore delle ruote sulla pista di cemento. Giordino si svegliò e Pitt ripiegò il giornale mentre l’aereo frenava e si girava lentamente su una ruota fino a spostarsi di 180 gradi. Appena le gomme enormi si arrestarono, l’autista della Peugeot ripartì e andò a fermarsi a meno di cinque metri dalla coda dell’airbus.

Pitt notò che tutto l’aereo era dipinto di nocciola chiaro, e che i segni di riconoscimento erano stati coperti con la vernice. Una donna in tenuta da combattimento con una mostrina sulla manica che ostentava il simbolo dell’ONU attraversato da una spada, balzò a terra da una botola accanto al carrello, raggiunse la macchina e spalancò la portiera posteriore.

«Seguitemi, prego», disse in un inglese dal forte accento spagnolo. Mentre la macchina si allontanava, la donna li condusse sotto la fusoliera e fece loro cenno di salire. Entrarono nella stiva inferiore dell’airbus e si avviarono verso una stretta scala che portava alla cabina principale.

Giordino si fermò e guardò i tre mezzi blindati per il trasporto truppe che stavano in fila: erano tozzi e alti non più di due metri. Poi fissò affascinato la dune buggy pesantemente armata che era stata usata nell’operazione per recuperare Gunn a Gao.

«Se ti iscrivi con quella a una gara per fuoristrada», disse in tono d’ammirazione, «nessun concorrente si azzarderà a superarti.»

«Sì, fa abbastanza paura», ammise Pitt.

Un ufficiale li stava aspettando quando arrivarono nella cabina principale. «Capitano Pembroke-Smythe», disse presentandosi. «Siete stati molto gentili a venire. Il colonnello Levant vi aspetta in sala piani.»

«Lei è inglese, senza dubbio», disse Giordino.

«Sì, il nostro è un vasto assortimento», disse allegramente Pembroke-Smythe indicando con un frustino le tre dozzine di uomini e le tre donne intenti a pulire e a montare armi ed equipaggiamento. «Uno spirito inventivo ha pensato che l’ONU dovesse avere una sua unità tattica da mandare dove i governi internazionali non osano avventurarsi, per così dire. A volte ci chiamano ‘i guerrieri segreti’. Ognuno è stato addestrato nelle forze speciali del suo Paese. Siamo tutti volontari. Alcuni sono in servizio permanente effettivo, altri fanno semplicemente un turno di un anno.»

Erano il gruppo più solido e rude che Pitt avesse mai visto. Induriti dalle fatiche e dall’addestramento, erano professionisti taciturni e decisi, dotati delle capacità e dell’intelligenza necessarie per le operazioni clandestine. Pitt non avrebbe voluto incontrare uno di loro in un vicolo buio… incluse le donne.

Pembroke-Smythe li fece entrare in un compartimento che era il centro di comando dell’aereo, un ambiente spazioso e pieno di apparecchiature elettroniche. Un operatore sorvegliava le comunicazioni, mentre un altro programmava in un computer i dati per l’imminente missione a Tebezza.

Il colonnello Levant girò intorno alla scrivania e andò incontro a Pitt e Giordino. Non sapeva che cosa aspettarsi esattamente. Aveva letto i dossier sui due, forniti dal servizio di sicurezza delle Nazioni Unite, ed era impressionato. Aveva letto anche un breve rapporto sulle loro avventure nel deserto dopo la fuga da Tebezza, e ammirava la loro tenacia.

In precedenza Levant aveva espresso molte riserve sull’opportunità di portare con sé Pitt e Giordino, ma poi s’era reso conto che senza la loro guida all’interno delle miniere l’operazione avrebbe potuto essere ancora più rischiosa. Erano smagriti e mostravano i segni di una lunga esposizione al sole, ma sembravano in ottime condizioni.

«Dopo aver studiato le vostre imprese, signori, ero ansioso di conoscervi. Sono il colonnello Marcel Levant.»

«Dirk Pitt, e il mio amico è Al Giordino.»

«Avendo letto un rapporto sulla vostra fuga mi aspettavo che vi portassero a bordo in barella. Mi fa piacere constatare che siete in forma perfetta.»

«Liquidi, vitamine e molto esercizio», disse Pitt con un sorriso.

«E non bisogna dimenticare gli svaghi al sole», borbottò Giordino.

Levant non reagì a quelle battute e guardò Pembroke-Smythe. «Capitano, avverta gli uomini e dica al primo pilota di prepararsi a un decollo immediato.» Poi si rivolse di nuovo ai due ospiti. «Se quanto avete detto è esatto, il tempo si misura in vite umane. Potremo esaminare i dettagli della missione durante il volo.»

Pitt annuì. «Approvo il suo senso pratico.»

Levant consultò l’orologio. «Il volo durerà poco più di quattro ore. Il tempo a disposizione è molto limitato. Non possiamo tardare se vogliamo effettuare l’assalto durante il periodo di riposo dei prigionieri. Se agissimo troppo presto o troppo tardi, sarebbero sparsi nei pozzi con le squadre addette all’estrazione e non riusciremmo a trovarli e a radunarli tutti prima di ripartire.»

«Fra quattro ore arriveremo a Tebezza, e allora sarà già notte.»

«Alle venti, con un possibile scarto di cinque minuti.»

«Ha intenzione di scendere con le luci per l’atterraggio?» chiese incredulo Pitt. «Tanto varrebbe che aggiungesse anche i fuochi d’artificio per avvertire della nostra presenza.»

Levant si arricciò un baffo, un gesto che Pitt avrebbe avuto occasione di rivedere spesso nelle dieci ore successive. «Atterreremo al buio. Ma prima che lo spieghi, è meglio che vi sediate e allacciate le cinture di sicurezza.»

Le sue parole furono sottolineate dal ruggito stranamente smorzato dei motori. Il grosso airbus incominciò ad accelerare sulla pista con un rombo moderato.