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«Mio Dio, poteva essere un aereo di linea commerciale costretto a un atterraggio di fortuna!»

«Gli aerei di linea commerciali non volano senza contrassegni.»

«Secondo me, hai reagito in modo eccessivo.»

«Allora spiegami perché il pilota non è rientrato alla base.»

«Un guasto meccanico?» Massarde alzò le spalle. «Potrebbe aver avuto chissà quali problemi.»

«Preferisco credere che sia stato abbattuto dal contingente che ha assaltato le miniere.»

«Questo non puoi saperlo con certezza.»

«Comunque ho ordinato a una squadriglia di caccia di portarsi sull’area e ho mandato gli elicotteri del servizio di sicurezza a controllare la situazione.»

«E O’Bannion?» chiese Massarde. «Non si è messo in contatto con te?»

«Non risponde. Quaranta minuti dopo che avevano smentito l’allarme, tutte le comunicazioni con Tebezza si sono interrotte.»

Massarde rifletté, ma non riuscì a trovare una spiegazione. «Perché avrebbero assaltato le miniere?» chiese alla fine. «A che scopo?»

«Per prendere l’oro, probabilmente», rispose Kazim.

«Sarebbero stupidi a portar via il minerale. Noi trasferiamo l’oro nel deposito del Pacifico meridionale non appena viene raffinato. L’ultima spedizione è stata due giorni fa. Una banda di ladri con un minimo di cervello avrebbe cercato di impadronirsene durante il trasporto.»

«Per il momento non ho una teoria da proporre», confessò Kazim. Guardò l’orologio. «I miei dovrebbero atterrare più o meno adesso sul plateau delle miniere. Entro un’ora ne sapremo di più.»

«Se quel che dici è vero, sta succedendo qualcosa di molto strano», mormorò Massarde.

«Dobbiamo considerare la possibilità che la stessa squadra dell’ONU che ha attaccato la mia base aerea di Gao sia responsabile dell’incursione a Tebezza.»

«L’operazione di Gao era diversa. Perché sarebbero tornati a colpire Tebezza? Per ordine di chi?»

Kazim finì il gin e se ne versò un altro. «Hala Kamil? Forse qualcuno le ha detto del sequestro di Hopper e del suo gruppo di scienziati e allora ha mandato la squadra tattica a liberarli.»

«Impossibile», disse Massarde scuotendo la testa. «A meno che i tuoi uomini non abbiano parlato.»

«I miei uomini sanno che morirebbero se tradissero la mia fiducia», rispose freddamente Kazim. «Se c’è stata una fuga di notizie, è stata dalla tua parte.»

Massarde lo guardò con aria benevola. «Siamo sciocchi a discutere. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo controllare il futuro.»

«In che modo?»

«Il tuo pilota non ha riferito di aver colpito l’aereo?»

«Sono state le sue ultime parole.»

«Allora possiamo presumere che sia stato eliminato l’unico mezzo che avrebbe potuto permettere agli incursori di fuggire dal Mali.»

«Se il loro airbus è rimasto danneggiato in modo grave.»

Massarde si alzò e si avvicinò a un grande plastico del Sahara che stava sulla parete dietro la scrivania. «Se fossi al comando degli incursori e il tuo aereo venisse distrutto, come vedresti la situazione?»

«Disperata o quasi.»

«Che possibilità avresti?»

Kazim si avvicinò e batté leggermente il bicchiere contro il plastico. «C’è una possibilità sola: fuggire verso il confine con l’Algeria.»

«Possono farcela?» chiese Massarde.

«Se i veicoli di cui dispongono sono intatti e hanno i serbatoi pieni, dovrebbero riuscire a entrare in Algeria più o meno all’alba.»

Massarde lo fissò. «Sei in grado di sorprenderli e annientarli prima che arrivino al confine?»

«I nostri sistemi per il combattimento notturno sono limitati. Potrei metterli in difficoltà, ma per annientarli avrei bisogno della luce del giorno.»

«E allora sarà troppo tardi.»

Kazim prese un sigaro, l’accese e bevve un sorso di gin. «Cerchiamo di essere pratici. Quello è il Tanezrouft, la parte più desolata e negletta del Sahara. Raramente i militari algerini mandano una pattuglia nella regione disabitata lungo il confine. Perché dovrebbero? Non hanno motivi di dissidio con il Mali, e noi non ne abbiamo con loro. Le mie forze del servizio di sicurezza possono addentrarsi facilmente per centocinquanta chilometri nel territorio dei nostri vicini del nord senza essere scoperte.»

Massarde gli lanciò un’occhiata. «Se fosse davvero una missione di salvataggio delle forze dell’ONU, non possiamo permettere che riesca a fuggire qualcuno del gruppo di Hopper, o dei miei ingegneri e delle loro famiglie. Se anche uno solo di loro ce la fa e smaschera Fort Foureau o Tebezza, per la nostra collaborazione sarà la fine.»

Sulla faccia del generale spuntò un sorriso. «Non preoccuparti, Yves, amico mio. Abbiamo messo in piedi un’attività troppo redditizia per permettere che pochi ficcanaso ci taglino l’erba sotto i piedi. Ti assicuro che entro domani a mezzogiorno saranno tutti finiti in pasto agli avvoltoi.»

Quando Kazim uscì, Massarde pronunciò poche parole nell’interfono. Dopo qualche secondo entrò Ismail Yerli.

«Ha seguito la scena sul monitor?» chiese Massarde.

Yerli annuì. «È strano che quell’uomo sia così furbo e nel contempo così stupido.»

«Vedo che ha capito molto bene Kazim. Non le sarà facile tenerlo al guinzaglio.»

«Quando entrerò a far parte del suo entourage?»

«La presenterò questa sera, al pranzo che offrirò in onore del presidente Tahir.»

«Con la situazione critica che si è creata a Tebezza, Kazim non sarà troppo indaffarato per partecipare?»

Massarde sorrise. «Il grande leone del Mali non è mai troppo occupato per mancare a un pranzo elegante organizzato da un francese.»

Nel suo piccolo ufficio al Palazzo di Vetro di New York, il generale Bock lesse il rapporto del colonnello Levant trasmesso da un satellite delle comunicazioni dell’ONU. Aveva un’espressione grave sul volto segnato quando prese un telefono anti-intercettazioni e chiamò il numero privato dell’ammiraglio Sandecker. La segreteria telefonica automatica fece sentire il segnale acustico, e Bock lasciò un breve messaggio. Dopo otto minuti, Sandecker si mise in contatto con lui.

«Ho appena ricevuto un rapporto poco incoraggiante del colonnello Levant», annunciò Bock.

«Com’è la situazione?» chiese Sandecker.

«Un aereo militare maliano ha distrutto il loro airbus mentre era a terra. Sono tagliati fuori e intrappolati.»

«E l’operazione di salvataggio nelle miniere?»

«È andata come previsto. Tutti i cittadini stranieri ancora vivi hanno ricevuto assistenza medica e sono stati evacuati. Levant riferisce che un paio dei suoi sono stati feriti in modo non grave.»

«In questo momento li stanno attaccando?»

«Per adesso no. Ma è questione di ore prima che le forze del generale Kazim li raggiungano.»

«Hanno un percorso alternativo di fuga?»

«Il colonnello ha detto molto chiaramente che la loro unica speranza sta nel raggiungere il confine algerino prima che faccia giorno.»

«Non mi sembra che abbiano molta scelta», commentò amaramente Sandecker.

«Io sospetto che sia una falsa pista.»

«Perché?»

«Ha inviato il rapporto su una frequenza aperta. Gli operatori di Kazim l’hanno sicuramente intercettato.»

Sandecker prese un appunto. «Pensa che il colonnello Levant si stia avviando in una direzione diversa da quella che ha dichiarato?»

«Speravo che potesse dirmelo lei.»

«La chiaroveggenza non è una delle mie doti.»

«Nel rapporto di Levant c’era anche un messaggio per lei, da parte di Pitt.»

«Dirk.» La voce di Sandecker assunse un tono caldo e reverente. Pitt era capace di aver escogitato un piano imprevedibile. «Che cosa dice?»