Prima che il buio la inghiottisse, sentì uno scricchiolio simile a quello di una persona che stritola fra i denti un cubetto di ghiaccio, ed ebbe la visione fuggevole degli occhi dell’aggressore, spalancati, sporgenti e sbarrati nella testa che era stata girata di 360 gradi.
3.
Eva rinvenne. Il sole caldo le batteva sul viso. Rinvenne e sentì il suono delle onde che battevano sulla spiaggia africana. Quando aprì le palpebre, vide lo spettacolo più bello di tutta la sua vita.
Si scosse con un gemito e socchiuse gli occhi per scrutare la spiaggia abbagliante, il magnifico panorama assolato e tranquillo. Si levò a sedere di scatto e spalancò gli occhi per la paura, terrorizzata al ricordo improvviso dell’aggressione. Ma i mancati assassini non c’erano più. Erano esistiti davvero? Incominciò a chiedersi se si era trattato di un’allucinazione.
«Bentornata», disse una voce maschile. «Avevo paura che fosse in coma.»
Eva si voltò e vide la faccia sorridente del sub che stava inginocchiato dietro di lei.
«Dove sono gli uomini che hanno cercato di uccidermi?» chiese in tono spaventato.
«Se ne sono andati con la marea», rispose lo sconosciuto con gelida gaiezza.
«La marea?»
«Mi è stato insegnato a non lasciare mai i rifiuti su una spiaggia. Ho rimorchiato i cadaveri oltre la fascia della risacca. L’ultima volta che li ho visti, andavano alla deriva verso la Grecia.»
Eva lo fissò, scossa da un brivido. «Li ha uccisi.»
«Non erano due tipi per bene.»
«Li ha uccisi», ripeté Eva, stordita. Era cinerea in viso e sembrava sul punto di vomitare. «Ha ucciso a sangue freddo, proprio come loro.»
L’uomo si accorse che Eva era ancora sotto l’effetto dello shock e che la sua mente era ancora sconvolta. La donna aveva gli occhi colmi di ripugnanza. Lui alzò le spalle e chiese, semplicemente: «Avrebbe preferito che non intervenissi?»
La paura e la ripugnanza sparirono dagli occhi di Eva e lasciarono il posto all’apprensione. Impiegò almeno un minuto per rendersi conto che lo sconosciuto l’aveva salvata da una morte violenta. «No, la prego, mi perdoni. Mi comporto da stupida. Le devo la vita e non so neppure come si chiama.»
«Dirk Pitt.»
«E io, Eva Rojas.» Eva si sentiva stranamente agitata mentre l’uomo le sorrideva cordialmente e le stringeva la mano. Lesse nei suoi occhi una premura sincera, e anche l’apprensione l’abbandonò. «È americano?»
«Sì, e faccio parte della NUMA, la National Underwater and Marine Agency. Stiamo effettuando un’esplorazione archeologica del fiume Nilo.»
«Credevo che se ne fosse andato prima che mi aggredissero.»
«Stavo per andarmene, infatti, ma i suoi amici mi avevano incuriosito. Mi sembrava strano che avessero parcheggiato la macchina a un chilometro di distanza e si fossero avviati a piedi lungo una spiaggia deserta per venire nella sua direzione. Quindi mi sono soffermato per vedere che intenzioni avessero.»
«È stata una fortuna, per me, che lei sia un tipo sospettoso.»
«Ha un’idea del motivo per cui volevano ucciderla?» chiese Pitt.
«Dovevano essere banditi che uccidono i turisti per rapinarli.»
Pitt scosse la testa. «Il movente non era la rapina. Non erano armati. Quello che ha cercato di strangolarla usava le mani, non una corda o un pezzo di stoffa. E non hanno tentato di violentarla. Non erano sicari professionisti, altrimenti saremmo morti entrambi. È molto strano. Scommetterei un mese di stipendio che erano manovali assoldati da qualcuno che la voleva morta. L’hanno seguita in questo posto isolato con l’intenzione di assassinarla e poi di versarle in gola e nel naso l’acqua marina. Poi avrebbero abbandonato il suo corpo sulla linea dell’alta marea per far credere che si fosse trattato di un annegamento. E questo spiegherebbe perché volevano soffocarla.»
Eva rispose esitando: «Non riesco a crederlo. Mi sembra così assurdo. Non ha senso. Sono soltanto una biochimica, specializzata negli effetti delle sostanze tossiche sugli esseri umani. Non ho nemici. Perché qualcuno dovrebbe volere la mia morte?»
«Dato che ci siamo appena conosciuti, non riesco a immaginarlo.»
Eva si massaggiò leggermente le labbra doloranti. «È davvero pazzesco.»
«È in Egitto da molto tempo?»
«Da pochi giorni.»
«Deve aver fatto qualcosa che ha mandato in bestia qualcuno.»
«Non ho fatto niente a nessun nordafricano», disse Eva. «Se mai, sono venuta ad aiutarli.»
Pitt fissò pensosamente la sabbia. «Allora non è qui in vacanza.»
«No, sono venuta per lavoro», rispose Eva. «L’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata informata di certe strane anormalità fisiche e di certi disturbi psicologici fra i popoli nomadi del Sahara meridionale. Faccio parte di un team internazionale di scienziati che sono stati mandati a indagare.»
«Non mi sembra un movente per un omicidio», ammise Pitt.
«Sì, è sconcertante. I miei colleghi e io siamo venuti per salvare vite umane. Non rappresentiamo un pericolo.»
«Ritiene che l’epidemia diffusa nel deserto sia dovuta alle tossine?»
«Ancora non lo sappiamo. Non disponiamo di dati sufficienti per giungere a una conclusione. In apparenza la causa sembra un disturbo da contaminazione, ma la fonte è un mistero. Non esistono fabbriche di prodotti chimici o depositi di rifiuti pericolosi in un raggio di centinaia di chilometri dalle zone in cui vengono segnalati i sintomi.»
«È un problema molto diffuso?»
«Negli ultimi dieci giorni si sono avuti più di ottomila casi nelle nazioni africane del Mali e del Niger.»
Pitt inarcò le sopracciglia. «È un numero incredibile per un periodo di tempo così breve. Come fate a sapere che non siano dovuti a batteri o a virus?»
«Gliel’ho già detto: la fonte è ancora sconosciuta.»
«È strano che i mass media non ne abbiano parlato.»
«L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto di mantenere il silenzio fino a che non sarà stata accertata la causa. Immagino che l’abbia fatto per evitare i sensazionalismi e il diffondersi del panico.»
Pitt aveva continuato a lanciare occhiate sulla spiaggia, di tanto in tanto. Notò un movimento al di là delle dune basse che orlavano la strada. «Che progetti avete?»
«Il mio team partirà domattina per il Sahara. Cominceremo le indagini sul campo.»
«Saprete, spero, che il Mali è sull’orlo di quella che potrebbe diventare una sanguinosa guerra civile.»
Eva alzò le spalle, noncurante. «Il governo si è impegnato a proteggere i nostri ricercatori.» S’interruppe e lo fissò per un lungo istante. «Perché mi fa tutte queste domande? Si comporta come un agente segreto.»
Pitt rise. «Sono soltanto un ingegnere marittimo molto curioso che detesta chi va in giro cercando di assassinare le belle donne.»
«Potrebbe essersi trattato di uno sbaglio di persona?» chiese lei, speranzosa.
Pitt la scrutò dai piedi alla testa e la fissò negli occhi. «Non lo credo possibile…» All’improvviso si tese e si alzò, osservando le dune. Contrasse i muscoli, poi si chinò, afferrò Eva per un polso e la fece alzare. «Andiamo», disse, e la trascinò di corsa attraverso la spiaggia.
«Che cosa fa?» chiese Eva, mentre lo seguiva incespicando.
Pitt non rispose. Il movimento dietro le dune s’era trasformato in un filo di fumo che si addensava e saliva nel cielo del deserto. Era evidente che un altro delinquente, o forse più d’uno, aveva dato fuoco alla macchina noleggiata da Eva per tenerli bloccati in attesa dei rinforzi.
Adesso si vedevano le fiamme. Se avesse preso il fucile subacqueo…? No, non si faceva illusioni. Non gli sarebbe servito per tener testa a un’arma da fuoco. L’unica, esile speranza era che anche il complice degli assassini fosse disarmato e non avesse visto la Cherokee.