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58.

Dopo aver comunicato con vari pezzi grossi del Mali e aver raccontato che teneva Kazim in ostaggio, Hargrove era convinto che non ci sarebbero state azioni militari contro i suoi nel corso dell’evacuazione. Non era più preoccupato, ora che la fase finale della missione di soccorso era libera da pressioni. Anzi, si era divertito molto quando il presidente-fantoccio del Mali lo aveva supplicato di giustiziare il generale Kazim.

Ma Hargrove non intendeva prestare il suo personale Sikorsky H-76 Eagle personale, l’equipaggio e sei dei suoi ranger a un paio di burocrati… soprattutto in zona di combattimento. L’unica concessione fu inoltrare la richiesta di Pitt al Comando delle Operazioni Speciali in Florida servendosi del sistema comunicazioni di Kazim, nella certezza che i suoi superiori si sarebbero fatti quattro risate.

E rimase sbalordito quando la risposta arrivò quasi immediatamente. Non soltanto la richiesta era stata accolta, ma era stata approvata con un ordine presidenziale.

Hargrove disse a Pitt in tono acido: «Deve avere amici molto altolocati».

«Non sono venuto a fare una gita», rispose Pitt senza neppure tentare di nascondere la soddisfazione. «Lei non è stato informato, ma la posta in gioco era molto più importante di un’operazione clandestina di salvataggio.»

«Meglio così», sospirò Hargrove. «Per quanto tempo avrà bisogno dei miei uomini e dell’elicottero?»

«Per due ore.»

«E poi?»

«Se tutto andrà secondo il mio piano, glieli restituirò in condizioni perfette.»

«E lei e Giordino?»

«Rimarremo qui.»

«Non sto neppure a chiedere il perché», disse Hargrove scuotendo la testa. «Per me, l’intera operazione è un mistero.»

«Ha mai sentito parlare di un’operazione militare che non lo fosse?» chiese Pitt con la massima serietà. «Ciò che ha fatto qui oggi avrà conseguenze che neppure immagina.»

Hargrove inarcò le sopracciglia con aria interrogativa. «Crede che riuscirò mai a sapere di cosa sta parlando?»

«Secondo il metodo tradizionale in uso per scoprire i segreti del governo», rispose maliziosamente Pitt, «lo leggerà sul giornale di domani.»

Dopo una deviazione di venti chilometri fino a un villaggio abbandonato dove prelevarono campioni d’acqua inquinata da un pozzo sulla piazza del mercato, Pitt chiese al pilota dell’Eagle di volare intorno al complesso di Fort Foureau per lo smaltimento dei rifiuti tossici.

«Lasci che le guardie vedano bene il nostro armamento», disse Pitt. «Ma attento: potrebbero sparare da terra.»

«L’elicottero di Massarde è fermo, ma le pale del rotore girano», osservò Giordino. «Credo che si stia preparando a una partenza precipitosa.»

«Ora che Kazim è morto, non può aver avuto notizia della conclusione della battaglia», disse Pitt. «Ma è abbastanza furbo per capire che è andata male.»

«Peccato, dovremmo annullare il suo volo», disse Giordino con un sogghigno diabolico.

«Nessuno sta sparando da terra, signore», comunicò il pilota a Pitt.

«Benissimo, ci lasci all’eliporto.»

«Non vuole che veniamo con voi?» domandò un robusto sergente.

«Ora che le guardie sono adeguatamente impressionate, Al e io possiamo procedere da soli. Restate a ronzare qui intorno per circa mezz’ora, per intimidire chiunque sia così stupido da pensare di resistere. E fermate quell’elicottero se tentasse di decollare. Poi, al mio segnale, tornate dal colonnello Hargrove.»

«C’è un comitato di benvenuto», disse il pilota indicando l’eliporto.

«Santo cielo», disse Giordino socchiudendo gli occhi nella luce intensa del sole, «mi sembra che quello sia il nostro vecchio amico, il capitano Brunone.».

«Con una squadra dei suoi gorilla», soggiunse Pitt. Batté la mano sulla spalla del pilota. «Li tenga sotto mira fino a che le segnaleremo che può smettere.»

Il pilota si fermò a mezzo metro da terra, mentre i lanciarazzi e la Chain continuavano a puntare sulle guardie in attesa. Giordino balzò agilmente sulla piattaforma di cemento e aiutò Pitt a scendere. Si avviarono verso Brunone che s’irrigidì quando li riconobbe e li fissò sorpreso.

«Non mi aspettavo di rivedervi», disse il capitano.

«Ci scommetto», mormorò velenosamente Giordino.

Pitt fissò Brunone e notò nei suoi occhi un’espressione che era sfuggita a Giordino e che rivelava sollievo, non paura. «Sembra quasi contento di vederci.»

«Lo sono. Mi avevano detto che nessuno era mai riuscito a fuggire da Tebezza.»

«Era stato lei a mandare là gli ingegneri, le mogli e i figli?»

Brunone scosse la testa. «No. Era successo una settimana prima del mio arrivo.»

«Ma sapeva che erano prigionieri?»

«Avevo sentito certe voci. Ho tentato di indagare ma il signor Massarde ha eretto un muro di segretezza. Tutti coloro che avevano partecipato a quel crimine sono spariti dal complesso.»

«Probabilmente gli ha tagliato la gola per farli tacere», disse Giordino.

«Non ha molta simpatia per Massarde, vero?» chiese Pitt.

«È un porco e un ladro», sibilò Brunone. «Potrei dirvi certe cose…»

«Le conosciamo già», l’interruppe Pitt. «Perché non ha mollato tutto e non è tornato a casa?»

Brunone lo fissò. «Quelli che danno le dimissioni dalla Massarde Entreprises finiscono sotto terra entro una settimana. Io ho moglie e cinque figli.»

Pitt intuì di potersi fidare di Brunone. La collaborazione del capitano poteva essere utile. «Da questo momento non è più alle dipendenze di Yves Massarde. Lavora per le Industrie Pitt e Giordino.»

Brunone rifletté per qualche istante sulla proposta, che sembrava soprattutto la proclamazione di una realtà, sbirciò l’elicottero che era armato a sufficienza per radere al suolo metà dell’impianto e studiò l’espressione decisa e sicura di Pitt e Giordino. Poi alzò le spalle. «Consideratemi assunto.»

«E le sue guardie?»

Per la prima volta Brunone sorrise. «I miei uomini mi sono fedeli. Detestano Massarde quanto lo detesto io. Non protesteranno per il cambiamento.»

«Rafforzi la loro lealtà comunicandogli che da questo momento la loro paga è raddoppiata.»

«E io?»

«Se giocherà bene le sue carte», disse Pitt, «diventerà il prossimo direttore del complesso.»

«Ah, un incentivo di prima classe. Avrà la mia completa collaborazione. Cosa devo fare?»

Pitt accennò con la testa gli uffici amministrativi dell’impianto. «Può incominciare scortandoci da Massarde, così potremo licenziarlo.»

Brunone esitò. «Ha dimenticato il generale Kazim? Lui e Massarde sono soci. Non rimarrà inerte mentre la sua parte del complesso passa in mano ad altri.»

«Il generale Zateb Kazim non è più un problema», gli assicurò Pitt.

«Com’è possibile? Qual è la sua posizione attuale?»

«La sua posizione?» ribatté ironicamente Giordino. «L’ultima volta che qualcuno l’ha visto, era coperto di mosche.»

Massarde era seduto alla scrivania e gli attenti occhi azzurri esprimevano una moderata irritazione, come se la comparsa inattesa di Pitt e Giordino non fosse altro che un inconveniente passeggero. Verenne era in piedi dietro di lui, simile a un discepolo devoto, e faceva smorfie di disgusto.

«Come le Furie vendicatrici della mitologia greca, non smette mai di perseguitarmi», disse filosoficamente Massarde. «Ha persino l’aria di essere uscito dagli inferi.»

Sulla parete dietro la scrivania c’era un grande specchio con una cornice barocca tutta dorata e ornata di cherubini paffuti. Pitt si guardò e si rese conto che Massarde non sbagliava. Aveva un aspetto ben diverso da Giordino, che era abbastanza pulito e non aveva segni di ferite. Con la tuta lacera e sporca di fumo e polvere, gli strappi insanguinati che rivelavano le fasciature al braccio sinistro, alla spalla e alla coscia destra, un taglio che andava dallo zigomo al mento, la faccia scavata e rigata di sudore… Se avessi trovato una strada dove stendermi, pensò Pitt, potrei essere scambiato per la vittima d’un incidente.