Prese la bottiglia che Giordino gli porgeva e in pochi secondi bevve tutto il contenuto. Senza bisogno di sollecitazioni, Giordino gliene diede un’altra.
Pitt non poteva fare a meno di ammirare l’incomparabile sfrontatezza di Massarde. Si comportava come se avesse il dominio assoluto della situazione.
Massarde finì la seconda bottiglia e si guardò intorno per cercare il suo segretario personale. «Dov’è Verenne?»
«Morto», rispose laconicamente Pitt.
Per la prima volta Massarde sembrò sorpreso. «L’avete assassinato?»
Pitt alzò le spalle. «Ha tentato di accoltellare Giordino. Molto stupido, da parte sua, aggredire con un tagliacarte un uomo armato di pistola.»
«È questo che ha fatto?» chiese Massarde in tono diffidente.
«Se vuole posso mostrarle il cadavere.»
«È stato uno strano comportamento da parte di Verenne. Era un vigliacco.»
Pitt scambiò un’occhiata con Giordino. Verenne era già al lavoro sotto sorveglianza in un ufficio due piani più sotto.
«Ho una proposta da farle», disse Pitt.
«Che accordo potrebbe concludere con me?» ringhiò Massarde.
«Ho cambiato idea. Se promette di comportarsi bene per l’avvenire, le permetterò di uscire di qui, salire sul suo elicottero e lasciare il Mali.»
«Cos’è, uno scherzo?»
«No. Ho deciso che, prima me la toglierò dai piedi, meglio sarà.»
«Non parlerà sul serio», disse Brunone. «Quest’uomo è pericoloso. Si vendicherà alla prima opportunità.»
«Sì, lo Scorpione. È così che la chiamano, no, Massarde?»
Il francese non rispose. Rimase chiuso in un silenzio cupo.
«Sei sicuro di sapere quello che fai?» chiese Giordino.
«Non ammetto discussioni», disse Pitt in tono brusco. «Voglio che questo delinquente se ne vada, e subito. Capitano Brunone, lo scorti all’elicottero e si assicuri che parta.»
Massarde si alzò tremando. La pelle bruciata dal sole tirava e solo con uno sforzo atroce lui riusciva a stare diritto. Sorrise nonostante la sofferenza. La sua mente aveva ripreso a funzionare a pieno regime. «Ho bisogno di qualche ora per portar via la mia roba e i documenti personali.»
«Ha esattamente due minuti per lasciare il complesso.»
Massarde imprecò. «Non posso andare così, senza i miei vestiti. Per Dio, un po’ di decenza!»
«Cosa ne sa lei della decenza?» ribatté spassionatamente Pitt. «Capitano Brunone, porti fuori di qui questo figlio di puttana prima che lo ammazzi.»
Brunone non ebbe bisogno di dare ordini ai suoi due uomini. Fece un cenno, e quelli caricarono sull’ascensore Massarde che imprecava e inveiva. I tre rimasti nell’ufficio non si scambiarono una parola. Guardarono dalla finestra il magnate che veniva spinto di malagrazia a bordo del lussuoso elicottero. Il portello si chiuse e i rotori cominciarono a sferzare l’aria calda. Dopo meno di quattro minuti l’apparecchio era scomparso verso nord.
«È diretto a nord-est», osservò Giordino.
«Secondo me va in Libia», azzardò Brunone. «Poi si nasconderà in qualche posto prima di andare a recuperare il bottino.»
«La sua destinazione finale non ha la minima importanza», fece Pitt con uno sbadiglio.
«Avrebbe dovuto ucciderlo», disse Brunone in tono deluso.
«Non era il caso di disturbarmi. Morirà entro una settimana.»
«Come può affermarlo?» chiese Brunone. «Lo ha lasciato libero. Perché? Quell’uomo ha più vite di un gatto. Non morirà certo d’insolazione.»
«No, ma morirà.» Pitt si rivolse a Giordino. «Avevi fatto lo scambio?»
Giordino sogghignò. «È stato facilissimo.»
Brunone era completamente confuso. «Di cosa state parlando?»
«Ho fatto legare Massarde al sole», spiegò Pitt, «perché gli venisse sete.»
«Sete? Non capisco.»
«Al ha vuotato le bottiglie dell’acqua minerale e le ha riempite con quella contaminata dalle sostanze chimiche che filtrano dal deposito sotterraneo.»
«Si chiama giustizia poetica.» Giordino mostrò le bottiglie vuote. «Ha bevuto quasi tre litri di questa roba.»
«Gli organi interni si disintegreranno, il cervello si corroderà. Morirà pazzo.» Il tono di Pitt era gelido, e il suo volto sembrava scolpito nella pietra.
«Non ci sono speranze per lui?» chiese Brunone, sbalordito.
Pitt scosse la testa. «Yves Massarde morirà legato a un letto, urlando per sfuggire al tormento. Vorrei soltanto che le sue vittime potessero vederlo.»
PARTE QUINTA
LA »TEXAS«
60.
Due settimane dopo l’assedio di Fort Foureau, l’ammiraglio Sandecker era seduto al tavolo di una delle sale per conferenze nella sede centrale della NUMA. Con lui c’erano il dottor Chapman, Niram Yaeger e Rudi Gunn, che guardavano il grande schermo televisivo inserito in una parete.
L’ammiraglio indicò con impazienza lo schermo vuoto. «Quando si collegheranno?»
Yeager teneva un telefono accostato all’orecchio e studiava il monitor. «Il satellite dovrebbe trasmetterci il segnale dal Mali da un momento all’altro.»
Prima ancora che finisse di parlare, un’immagine apparve sullo schermo. Pitt e Giordino erano seduti a una scrivania carica di carte e fascicoli, di fronte all’obiettivo. «Ci ricevete bene?» chiese Yaeger.
«Ciao, Niram», rispose Pitt. «È un piacere vederti e sentirti.»
«Qui vi vediamo benissimo. Tutti vogliono parlare con voi.»
«Buongiorno, Dirk», disse Sandecker. «Come vanno le ferite?»
«Qui è quasi sera, ammiraglio. Sto guarendo perfettamente, grazie.»
Dopo che Pitt ebbe scambiato un saluto con Rudi Gunn e il dottor Chapman, l’ammiraglio diede inizio alla discussione. «Abbiamo buone notizie», annunciò con entusiasmo. «Un rilevamento via satellite nell’Atlantico meridionale, analizzato dal computer appena un’ora fa, mostra che la crescita della marea rossa si va riducendo. Tutte le proiezioni di Yaeger indicano che l’espansione sta per interrompersi.»
«Appena in tempo», disse Gunn. «Abbiamo già osservato una diminuzione del cinque per cento nella quantità totale d’ossigeno libero esistente nel mondo. Non sarebbe passato molto tempo prima che cominciassimo a sentirne gli effetti.»
«Tutte le nazioni che collaborano con noi stavano per vietare la circolazione delle automobili, bloccare gli aerei e chiudere le fabbriche», spiegò Yeager. «Ancora un passo, e il mondo si sarebbe fermato.»
«Ma sembra che i nostri sforzi abbiano dato buoni risultati», dichiarò Chapman. «Grazie a te e ad Al, perché avete scoperto e bruciato la fonte dell’aminoacido sintetico che stimolava l’esplosione della popolazione dei dinoflagellati, e grazie ai nostri scienziati, perché hanno scoperto che le care bestiole non si riproducono in presenza di una parte di rame per milione.»
«Avete osservato una caduta significativa nelle sostanze contaminanti che finiscono nel Niger, dopo che abbiamo bloccato il flusso?» chiese Pitt.
Gunn annuì. «Circa il trenta per cento. Avevo sottovalutato la velocità di spostamento delle acque sotterranee dal complesso per lo smaltimento dei rifiuti tossici sino al fiume. Scorre attraverso la sabbia e la ghiaia del Sahara assai più rapidamente di quanto avessi calcolato.»