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«E Stanton, in che modo organizzò l’attentato?» chiese Giordino.

«Non esiste un episodio più strano in tutta la storia americana», rispose Perlmutter, «del complotto che sarebbe costato la vita a Lincoln. La verità, per quanto possa sembrare incredibile, è che Stanton ingaggiò John Wilkes Booth perché gestisse e recitasse la commedia. Booth conosceva un attore che era alto e magro come Lincoln. Stanton si confidò con il generale Grant e insieme diffusero la versione secondo la quale si erano incontrati con il presidente quel pomeriggio e Grant aveva rifiutato l’invito a recarsi al Ford’s Theater. Inoltre, gli agenti di Stanton drogarono Mary Tood Lincoln in modo che, nel momento in cui il falso presidente sarebbe comparso per accompagnarla a teatro, lei fosse troppo stordita per accorgersi che era un impostore, truccato in modo da somigliare a suo marito.

«A teatro, l’attore accolse l’ovazione degli spettatori che erano abbastanza lontani dal palco presidenziale per accorgersi dello scambio di persona. Booth fece la sua commedia, e sparò alla nuca dell’attore ignaro prima di balzare sul palcoscenico. Poi il ferito fu portato nella casa di fronte con un fazzoletto sul viso per ingannare i presenti. E morì, in una scena di cui lo stesso Stanton curò la regia.»

«Ma c’erano testimoni al letto di morte di Lincoln», protestò Pitt. «Medici militari, membri del governo, aiutanti di campo.

«I medici erano amici e agenti di Stanton», rispose stancamente Perlmutter. «Non sapremo mai con certezza in che modo furono ingannati gli altri. Stanton non lo spiega.»

«E la cospirazione per uccidere il vicepresidente Johnson e il segretario di Stato Seward? Anche quella faceva parte del piano di Stanton?»

«Tolti di mezzo loro, Stanton sarebbe giunto a un passo dalla presidenza. Ma gli uomini ingaggiati da Booth rovinarono tutto. Comunque, Stanton si comportò come un dittatore durante le prime settimane che seguirono la morte di Lincoln. Diresse le indagini, l’arresto dei cospiratori e un processo-lampo che si concluse con le impiccagioni. E sparse in tutta la nazione la voce che Lincoln era stato assassinato da agenti di Jefferson Davis in un ultimo, disperato tentativo di salvare la Confederazione.»

«Poi Stanton fece uccidere Booth per impedirgli di parlare?» chiese Pitt.

Perlmutter scosse la testa. «No, nel granaio che bruciò venne ucciso un altro. L’autopsia e l’identificazione furono un altro imbroglio. Booth fuggì e visse ancora a lungo, fino a quando si suicidò a Enid, in Oklahoma, nel 1903.»

«Ho letto da qualche parte che Stanton bruciò il diario di Booth», disse Pitt.

«È vero», rispose lo storico. «Ormai il danno era fatto. Stanton aveva scatenato l’opinione pubblica contro la Confederazione sconfitta. I piani di Lincoln per aiutare il Sud a risorgere furono sepolti con il suo sosia nella tomba di Springfield, Illinois.»

«La mummia sulla sedia a dondolo», mormorò Giordino che la fissava irrigidito, «a bordo di quello che resta di una corazzata confederata sepolta da una duna in mezzo al Sahara è davvero Abraham Lincoln?»

«Ne sono certo», rispose Perlmutter. «Un esame anatomico proverà la sua identità senza lasciar adito a dubbi. Anzi, se lo ricordate, vi furono certi ladri che penetrarono nella tomba ma furono presi prima che potessero rubare la salma. C’è un particolare che non fu mai rivelato: coloro che prepararono il corpo per la nuova sepoltura si accorsero che si trattava di un impostore. Da Washington giunse l’ordine di mettere tutto a tacere e di sistemare le cose in modo che fosse impossibile riaprire la tomba. Cento tonnellate di cemento furono colate sulle bare di Lincoln e del figlio Tad per impedire che in futuro altri profanatori violassero la tomba… o almeno così si disse. In verità, si volevano seppellire tutte le prove del crimine.»

«Ti rendi conto di ciò che significa?» chiese Pitt a Perlmutter.

«Vuoi sapere se me ne rendo conto?» mormorò lo storico.

«Stiamo per cambiare il passato», spiegò Pitt. «Quando annunceremo ciò che abbiamo scoperto, l’evento più tragico della storia degli Stati Uniti verrà riscritto in modo irrevocabile.»

Perlmutter fissò Pitt, quasi inorridito. «Non sai quello che dici. Abraham Lincoln è venerato come un santo nel folklore americano, nei libri di storia, nelle poesie e nei romanzi. La sua morte fece di lui un martire da riverire nei secoli. Se smascherassimo il finto assassinio, la sua immagine andrebbe in pezzi e gli americani ne sarebbero impoveriti.»

Pitt aveva un’aria infinitamente stanca, ma i suoi occhi brillavano d’una luce decisa. «Nessun uomo fu mai ammirato per la sua onestà più di Abraham Lincoln. In quanto a compassione e princìpi morali, non era secondo a nessuno. Il fatto che sia morto in condizioni tanto ingannevoli contrasta con tutto ciò che rappresentava. I suoi resti meritano una sepoltura onorata. Sono convinto che avrebbe voluto che le generazioni future del popolo da lui servito fedelmente conoscessero la verità.»

«Sono d’accordo», dichiarò Giordino. «E sarò felice di essere al tuo fianco quando si alzerà il sipario.»

«Ci sarà un chiasso tremendo.» Perlmutter boccheggiava come se qualcuno gli stringesse la gola. «Mio Dio, Dirk, non capisci? È meglio che non si scopra la verità. La nazione non dovrà mai sapere.»

«Queste sono parole degne di un politico arrogante o di un burocrate che si assume il ruolo di Dio e nasconde la verità al pubblico con il pretesto della sicurezza nazionale o con la balla che non sarebbe nell’interesse del Paese.»

«E così hai intenzione di farlo», disse Perlmutter in tono addolorato. «Hai intenzione di causare un terremoto nazionale in nome della verità.»

«Come gli uomini e le donne del Congresso e della Casa Bianca, Julien, tu sottovaluti il pubblico americano. Accetterà serenamente la rivelazione, e l’immagine di Lincoln brillerà ancora più fulgida. Mi dispiace, amico mio, ma non mi lascerò dissuadere.»

Perlmutter si rese conto che era inutile insistere. Intrecciò le mani sullo stomaco voluminoso e sospirò. «D’accordo, riscriveremo l’ultimo capitolo della guerra di secessione e affronteremo il plotone d’esecuzione insieme.»

Pitt si avvicinò alla figura sgraziata sulla sedia a dondolo, studiò le braccia e le gambe troppo lunghe, la faccia stanca e serena. Poi parlò con voce sommessa, che si udì appena.

«Dopo essere rimasto qui seduto per centotrent’anni, credo sia ora che il vecchio Abraham torni a casa.»

64.

20 giugno 1996
Washington, D.C.

La rivelazione della scoperta di Lincoln e della frode di Stanton elettrizzò il mondo quando la salma fu rimossa dalla corazzata e riportata a Washington da un aereo. In tutte le scuole del Paese gli allievi impararono a memoria e recitarono il Discorso di Gettysburg come avevano fatto i loro nonni.

La capitale organizzò festeggiamenti e cerimonie memorabili. Cinque presidenti viventi si schierarono nella rotonda del Campidoglio per rendere omaggio alla bara scoperta del loro predecessore morto da tanto tempo. I discorsi si protrassero a lungo, e i politici si disputarono l’onore di citare le frasi più significative pronunciate da Lincoln

I resti mortali del sedicesimo presidente non finirono nel cimitero di Springfield. Per ordine presidenziale fu preparata una tomba nel suo mausoleo, ai piedi della famosa statua di marmo candido. Nessuno, neppure i rappresentanti dell’Illinois al Congresso, pensò di protestare.

Fu proclamato un giorno di festa nazionale e milioni di persone, in tutto il Paese, seguirono attraverso la televisione le celebrazioni di Washington e rimasero sbalorditi nel vedere la faccia dell’uomo che aveva guidato gli Stati Uniti durante il periodo più difficile.