Dal mattino a notte non andò in onda altro, e i programmi abituali furono temporaneamente modificati; i cronisti si conquistarono una giornata di gloria descrivendo l’evento mentre tutte le altre notizie passavano in seconda fila.
I leader del Congresso, in un raro sfoggio di disponibilità, votarono gli stanziamenti necessari per recuperare la Texas e trasportarla dal Sahara al Washington Mall, dove sarebbe stata conservata ed esposta permanentemente al pubblico. I membri dell’equipaggio furono sepolti nel cimitero confederato di Richmond, in Virginia. La cerimonia ebbe luogo in un’atmosfera solenne e ricca di commozione.
Kitty Mannock tornò insieme col suo aereo in Australia, dove ricevette un glorioso bentornato. Fu sepolta nel Museo Militare di Canberra, e il suo fedele Fairchild, debitamente restaurato, fu esposto accanto al famoso aereo di sir Charles Kingfors-Smith, il Southern Cross.
Esclusi pochi fotografi e due giornalisti, la cerimonia che si svolse per onorare il contributo dato da Hala Kamil e dall’ammiraglio Sandecker per arrestare la marea rossa e scongiurare la temuta estinzione della vita sulla Terra passò quasi inosservata. Il presidente, fra un discorso e l’altro, li insignì delle medaglie d’onore accordate con un atto speciale del Congresso. Più tardi Hala tornò a New York e all’ONU, dove era stata convocata una speciale seduta dell’Assemblea Generale per renderle omaggio. Hala finì per cedere all’emozione durante l’ovazione più lunga che si fosse mai registrata alle Nazioni Unite.
Sandecker tornò nel suo ufficio della NUMA, fece ginnastica nella palestra privata e incominciò a preparare i piani per un nuovo progetto sottomarino come se nulla fosse accaduto.
Anche se alla fine non lo vinsero, il dottor Darcy Chapman e Rudi Gunn furono candidati congiuntamente al premio Nobel. Senza far caso al chiasso generale, tornarono insieme nell’Atlantico meridionale per analizzare gli effetti della ciclopica marea rossa sulla fauna marina. Il dottor Frank Hopper li raggiunse, dopo aver lasciato di nascosto l’ospedale ed essere stato trasportato a bordo della nave addetta alle ricerche. Hopper giurava che sarebbe guarito prima se fosse tornato al lavoro per studiare la tossicità dei dinoflagellati.
Hiram Yaeger ricevette una cospicua gratifica dalla NUMA e dieci giorni di ferie pagate oltre a quelle che gli spettavano di diritto. Condusse la famiglia a Disneyland; e mentre i suoi si divertivano, partecipò a un seminario sui sistemi d’archivio computerizzati.
Il generale Hugo Bock, dopo essersi assicurato che i superstiti e i parenti dei caduti dell’ormai leggendaria battaglia di Fort Foureau avessero ricevuto onorificenze e sostanziosi benefici finanziari, decise di dimettersi dall’UNICRATT quando era al culmine della gloria, e andò a vivere in un piccolo villaggio delle Alpi bavaresi.
Come aveva auspicato Pitt, il colonnello Levant fu promosso generale, insignito di una medaglia dell’ONU per il contributo dato al mantenimento della pace e chiamato a occupare il posto di Bock.
Dopo essere guarito dalle ferite nel maniero di famiglia in Cornovaglia, il capitano Pembroke-Smythe fu promosso maggiore e tornò al suo vecchio reggimento. La regina lo insignì di un riconoscimento altissimo, il Distinguished Service Order. Attualmente fa parte di un’unità speciale di commando.
Al Giordino rintracciò la bella pianista che aveva visto sul Niger, a bordo dell’houseboat di Yves Massarde. Per fortuna, non solo lei non era sposata, ma lo trovò anche simpatico (un fatto, questo, che Pitt giudicò inspiegabile); quindi accettò di accompagnarlo in vacanza sul mar Rosso.
In quanto a Dirk Pitt ed Eva Rojas…
65.
Giugno segnava il culmine della stagione turistica nella penisola di Monterey. I visitatori arrivavano con veicoli d’ogni tipo in file interminabili sul panoramico Seventeen-Mile Drive fra Monterey e Carmel. Lungo Cannery Row c’era una folla di gente che si divideva fra gli acquisti e i pranzi nei pittoreschi ristoranti di mare affacciati sull’acqua.
Venivano per giocare a golf a Pebble Beach, vedere Big Sur e fotografare i tramonti di Point Lobos. Si aggiravano fra le aziende produttrici di vino, ammiravano gli antichi cipressi, passeggiavano lungo le spiagge e si emozionavano alla vista dei pellicani in volo, delle foche che latravano e delle onde che si infrangevano.
I genitori di Eva stavano diventando indifferenti a quell’ambiente spettacolare dopo aver abitato nella stessa casa di Pacific Grove per più di trentadue anni. Spesso davano per scontata la fortuna di vivere in una parte tanto bella della costa californiana. Ma i paraocchi sparivano ogni volta che Eva tornava a casa. Lei non mancava mai di vedere la penisola con gli occhi di un’adolescente, come se la scoprisse per la prima volta.
Quando tornava a casa, sottraeva sempre i genitori alla loro tranquilla routine e faceva loro apprezzare le semplici bellezze della comunità in cui vivevano. Ma stavolta era diverso. Non era in condizioni di farli montare sulle biciclette o di nuotare nell’acqua del Pacifico. E aveva soltanto voglia di restare in casa a ciondolare.
Era uscita dall’ospedale da appena due giorni ed era costretta su una sedia a rotelle, convalescente dalle lesioni subite a Fort Foureau. L’organismo debilitato dalle fatiche e dalle privazioni nelle miniere di Tebezza si era rinvigorito grazie alle robuste porzioni di cibo sano che le avevano allargato d’un paio di centimetri la vita sottile: una situazione che il moto non avrebbe potuto rimediare fino a che le ossa non si fossero saldate e non le avessero tolto il gesso.
Stava guarendo a poco a poco nel corpo, ma la sua mente soffriva perché non aveva notizie di Pitt. Da quando era stata evacuata con un elicottero dalle rovine del vecchio forte della Legione Straniera e trasportata in Mauritania, e da qui all’ospedale di San Francisco, era come se Pitt si fosse perduto nello spazio. Un telefonata all’ammiraglio Sandecker era servita soltanto a rivelarle che Pitt era ancora nel Sahara e non era tornato a Washington con Giordino.
«Perché stamattina non vieni con me al campo di golf?» le chiese il padre. «Ti farà bene uscire un po’ di casa.»
Eva alzò lo sguardo verso gli occhi grigi del padre e sorrise nel vedere che era spettinato come sempre. «Non credo d’essere in condizioni di colpire la palla», disse con un sorriso.
«Pensavo che ti sarebbe piaciuto girare con me sul cart.»
Eva rifletté per qualche istante e annuì. «Perché no?» Tese il braccio illeso e agitò le dita del piede destro. «Ma solo se mi lasci guidare.»
La madre l’aiutò a salire sulla Chrysler. «Stai attento che non si faccia male», raccomandò al marito.
«Prometto che te la riporterò nelle stesse condizioni in cui l’ho trovata», rispose lui con fare scherzoso.
Il signor Rojas lanciò la palla alla quarta buca del Pacific Grove Municipal Golf Course lungo le fairways che si estendevano intorno al faro di Point Pinos. Vide la palla che finiva nella sabbia, scosse la testa e rimise la mazza nella sacca.
«Non sono abbastanza forte», borbottò insoddisfatto.
Eva, seduta al volante del cart, indicò una panchina del belvedere affacciato sul mare. «Ti dispiace, papà, se mi metto lì seduta per le prossime cinque buche? È una giornata così bella. Vorrei stare tranquilla a guardare l’oceano.»
«Ma certo, tesoro. Passerò a riprenderti prima di andare alla clubhouse.»