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«Come la comitiva di turisti di cui parlano i giornali», commentò Eva.

«La loro sorte è ancora un mistero», soggiunse Yerli.

«Non posso credere che ci sia un legame fra quella tragedia e l’aggressione contro Eva», disse Hopper.

«Ma se supponiamo che nel caso di Eva il mandante sia il generale Kazim, sarebbe logico che le sue spie avessero scoperto che fa parte del team di biologi assegnato al Mali. E una volta accertato questo fatto, Kazim potrebbe aver ordinato di ucciderla per convincere il resto del team a stare alla larga dal suo territorio.»

Eva rise. «Con un’immaginazione come la tua, Ismail, potresti fare fortuna a Hollywood come sceneggiatore.»

Yerli aggrottò le folte sopracciglia nere. «Penso che dovremmo essere cauti e tenere al Cairo il team del Mali fino a che le indagini saranno completate e il mistero risolto.»

«Questa è una reazione esagerata», disse Hopper a Yerli. «Che cosa consigli, Eva? Annullare la missione o procedere?»

«Io rischierei», rispose la donna. «Ma non posso parlare a nome degli altri componenti del team.»

Hopper fissò il pavimento e annuì. «Allora chiederemo volontari. Non me la sento di annullare la missione in Mali quando laggiù vi sono centinaia e forse migliaia di persone che muoiono d’un male inspiegabile. Io stesso guiderò il team.»

«No, Frank!» esclamò Eva. «E se succedesse il peggio? Sei troppo prezioso perché possiamo permetterci di perderti.»

«È vostro dovere riferire l’accaduto alla polizia prima di partire alla cieca», insistette Yerli.

«Sii serio, Ismail», disse Hopper in tono spazientito. «Se ci rivolgiamo alla polizia locale, quelli sono capaci di trattenerci e di ritardare l’intera missione. Potremmo trovarci impegolati per un mese con una montagna di pretesti. Non ho nessuna intenzione di finire nelle grinfie di una burocrazia meridionale!»

«Le mie conoscenze potrebbero abbreviare tutte le pratiche», protestò il turco.

«No», dichiarò Hopper, irriducibile. «Voglio che tutti i team salgano sugli aerei che abbiamo noleggiato e partano come stabilito per le rispettive destinazioni.»

«Allora andremo domattina», disse Eva.

Hopper annuì. «Niente ripensamenti e niente scuse. Domattina entreremo in azione.»

«E così metterai in pericolo molte vite», mormorò Yerli.

«No, se provvederò ad assicurarmi.»

Il turco lo guardò senza capire. «Di che assicurazione stai parlando?»

«Una conferenza stampa. Prima di partire, convocherò tutti i corrispondenti stranieri e tutte le agenzie di notizie del Cairo e spiegherò i nostri progetti con particolare riferimento al Mali. Naturalmente accennerò ai pericoli potenziali. E allora, in considerazione della pubblicità internazionale che circonderà la nostra presenza nel Paese, il generale Kazim ci penserà due volte prima di minacciare le vite di un gruppo di scienziati impegnati in una missione di solidarietà.»

Yerli sospirò. «Mi auguro che vada proprio così, per il vostro bene. Me lo auguro sinceramente.»

Eva gli sedette accanto. «Andrà tutto bene», dichiarò con calma. «Non ci accadrà niente.»

«Davvero non posso far niente per dissuadervi? Dovete proprio partire?»

«Migliaia di esseri umani potrebbero morire, se non andassimo», disse Hopper.

Yerli li guardò tristemente, poi chinò la testa, rassegnato. Era impallidito.

«Allora spero che Allah vi protegga. Se non lo farà, per voi sarà sicuramente la fine.»

6.

Pitt era nell’atrio del Nile Hilton quando Eva uscì dall’ascensore. Indossava un completo di popeline nocciola con la giacca a doppio petto; la camicia era celeste, e la cravatta, elegantissima, di seta blu a fregi minutissimi neri e dorati.

Con aria disinvolta, le mani strette dietro la schiena, la testa leggermente inclinata, Pitt stava studiando una bella e giovane egiziana dai capelli corvini e dall’abito aderentissimo di lustrini dorati che attraversava sfolgorando l’atrio al braccio di un uomo tre volte più vecchio di lei, e chiacchierava incessantemente. Il didietro abbondante oscillava come un melone appeso a un pendolo.

Nell’espressione di Pitt non c’era nulla che facesse pensare al desiderio: osservava la scena con distaccata curiosità. Eva gli andò alle spalle e gli posò la mano sul gomito. «Ti piace?» domandò con un sorriso.

Pitt si voltò a guardarla con gli occhi più verdi che lei avesse mai visto, e incurvò le labbra in un sorriso un po’ sghembo che la colpì dritta al cuore. «Diciamo che fa capire a tutti che cos’è.»

«È il tuo tipo?»

«No. Preferisco le donne serie e intelligenti.»

Ha una voce profonda e gentile, pensò Eva. Aspirò un vago sentore di colonia per uomo: non il tipo pungente prodotto dalle aziende francesi per le etichette degli stilisti famosi, ma un profumo più mascolino. «Spero di poterlo interpretare come un complimento.»

«Lo è.»

Eva arrossì e abbassò istintivamente gli occhi. «Domattina partirò presto con l’aereo e quindi non posso fare tardi, stasera.» Dio, pensò, è spaventoso. Mi comporto come una ragazzina che incontra il suo cavaliere al ballo delle matricole.

«È un vero peccato. Avevo in progetto di stare in giro tutta la notte e di mostrarti ogni covo d’iniquità e ogni tana del peccato di tutto il Cairo. Tutti i posti esotici che i turisti non frequentano.»

«Dici sul serio?»

Pitt rise. «Non proprio. Anzi, pensavo che sarebbe meglio cenare nel tuo albergo e tenerci lontani dalle strade. I tuoi amici potrebbero riprovarci.»

Eva girò lo sguardo nell’atrio affollato. «C’è parecchia gente. Saremmo fortunati se trovassimo un tavolo libero.»

«Ho prenotato», disse Pitt. La prese per mano e la condusse nell’ascensore che saliva al lussuoso ristorante all’ultimo piano dell’hotel.

Come molte altre donne, Eva apprezzava gli uomini capaci di tenere in pugno una situazione. E le piaceva il modo in cui Pitt le teneva stretta la mano durante la salita: con delicatezza ma anche con decisione.

Il maître li scortò a un tavolo accanto a una vetrata che offriva una veduta spettacolosa del Cairo e del Nilo. Un universo di luci brillava nella foschia serotina. I ponti sul fiume erano intasati da automobili strombazzanti che si riversavano per le vie e si mescolavano ai furgoni a cavalli per le consegne e alle carrozzelle per turisti.

«Se non preferisci un cocktail», disse Pitt, «propongo di optare per il vino.»

Eva annuì con un sorriso soddisfatto. «D’accordo. Perché non ordini anche le portate?»

«Mi piacciono le anime avventurose», rispose lui. Studiò per qualche attimo la lista dei vini. «Proviamo una bottiglia di Grenaclis Village.»

«È ottimo», assicurò il cameriere. «È uno dei nostri migliori vini bianchi secchi di produzione locale.»

Pitt ordinò come antipasti una salsa di semi di sesamo macinati accompagnata da melanzane fritte, un piatto a base di yogurt chiamato leban zabadi e un vassoietto di verdure in salamoia con un cestino di pane integrale, il pita.

Quando arrivò il vino, Pitt alzò il bicchiere. «Brindo a una spedizione fortunata e senza incidenti. E ti auguro di trovare tutte le spiegazioni che state cercando.»

«Alle tue esplorazioni nel fiume», replicò Eva mentre brindavano. Nei suoi occhi apparve un’espressione incuriosita. «Che cosa state cercando?»

«Relitti di antichi naufragi. Uno in particolare, un vascello funerario.»

«Mi sembra interessante. Si tratta di un personaggio che conosco?»