«Un re dell’Antico Impero che si chiamava Menkaurê, meglio noto come Micerino, se preferisci la traslitterazione greca. Apparteneva alla Quarta Dinastia e costruì la più piccola delle tre piramidi di El Giza.»
«Non fu sepolto nella sua piramide?»
«Nel 1830 un colonnello dell’esercito britannico scoprì una salma in un sarcofago della camera sepolcrale, ma un’analisi dei resti dimostrò che proveniva dal periodo romano o al massimo da quello greco.»
Erano arrivati gli antipasti, e Pitt ed Eva li guardarono con interesse. Intinsero le fette di melanzana fritta nella salsa di sesamo e gustarono le verdure in salamoia. Al cameriere in attesa, Pitt ordinò le pietanze.
«Perché pensi che Menkauré sia finito nel fiume?» chiese Eva.
«Le iscrizioni geroglifiche su una stele scoperta di recente in una vecchia cava presso il Cairo indicano che il suo vascello funerario s’incendiò e affondò nel fiume fra l’antica capitale, Menfi, e la piramide di El Giza. Secondo la stele, il vero sarcofago, che conteneva la mummia e un’immensa quantità di oggetti d’oro, non fu mai recuperato.»
Arrivò lo yogurt, denso e cremoso, ed Eva lo scrutò con aria esitante.
«Assaggialo», invitò Pitt. «Il leban zabadi non è soltanto più gustoso dello yogurt americano, ma mette in sesto l’intestino.»
«Vorrai dire che lo mette sottosopra.» Eva assaggiò con la punta della lingua una minuscola quantità di yogurt che aveva preso con il cucchiaio e poi, favorevolmente impressionata, incominciò a mangiarlo di gusto. «E cosa succederà se troverete il vascello funerario? Potrete tenere l’oro?»
«Oh, no», rispose Pitt. «Quando i nostri strumenti avranno indicato un bersaglio promettente, marcheremo la posizione e la segnaleremo agli archeologi dell’Intendenza egiziana per le antichità. Loro si procureranno i fondi necessari e provvederanno a effettuare gli scavi o, in questo caso, il dragaggio.»
«Il relitto non giace sul fondo del fiume?» chiese Eva.
Pitt scosse la testa. «È stato interamente coperto dai sedimenti di quarantacinque secoli.»
«E a che profondità pensi che si trovi?»
«Non saprei dirlo con esattezza. I dati storici e geologici indicano che il canale principale della sezione del fiume dove effettuiamo i rilevamenti si è spostato di un centinaio di metri verso est dopo il 2400 avanti Cristo. Se l’imbarcazione si trova nei pressi di una riva, potrebbe essere sotto uno strato di sabbia e fango profondo dai tre ai dieci metri.»
«Ho fatto bene a darti ascolto, lo yogurt è molto buono.»
Il cameriere ritornò con diversi piatti da portata ovali su un grande vassoio d’argento. Gli spiedini d’agnello alle spezie e i gamberi grigliati furono serviti con una verdura simile agli spinaci e a un saporitissimo pilaf di carne bovina, riso, uva passa e noci. Dopo aver consultato il cameriere fin troppo premuroso, Pitt ordinò alcune salse piccanti.
«Dunque, quali strani disturbi intendi studiare nel deserto?» chiese poi mentre il cameriere riempiva i loro piatti.
«Le segnalazioni arrivate dal Mali e dalla Nigeria sono troppo frammentarie per poter dare un giudizio. Abbiamo sentito parlare dei soliti sintomi di tossicosi. Neonati con menomazioni gravi, convulsioni, crisi epilettiche, coma e morte. E notizie di disturbi psichici e di comportamenti bizzarri. L’agnello è davvero squisito.»
«Prova una delle salse. Questa è di bacche fermentate e si armonizza alla perfezione con l’agnello.»
«Cos’è quella verde?»
«Non lo so esattamente. Ha un gusto dolce e piccante al tempo stesso. Prova a intingervi i gamberi.»
«Deliziosa», esclamò Eva. «Tutto quanto ha un sapore meraviglioso. A parte quella specie di spinaci. Sono troppo forti.»
«Si chiamano moulukeyeh. Bisogna farci la bocca, per apprezzarli. Ma, per tornare alla tossicosi… Che genere di comportamento bizzarro?»
«Le vittime si strappano i capelli, battono la testa contro il muro, immergono le mani nel fuoco. Si aggirano nude come animali, corrono carponi, e divorano i loro morti, come se fossero diventate cannibali. Questo riso è molto buono. Come si chiama?»
«Khalta.»
«Mi piacerebbe avere la ricetta dallo chef.»
«Credo che sia possibile», disse Pitt. «Ho capito bene? Le persone contagiate mangiano carne umana?»
«La reazione dipende molto dalla cultura», spiegò Eva mentre affrontava il khalta. «Gli abitanti del Terzo Mondo, per esempio, sono abituati agli animali macellati più di quanto lo sia la gente degli Stati Uniti e dell’Europa. Oh, sicuro, ogni tanto noi vediamo qualche incidente d’auto, ma loro vedono gli animali scuoiati e appesi nei mercati, o assistono mentre i padri macellano le capre e le pecore della tribù. I bambini imparano presto a catturare e a uccidere conigli, scoiattoli o uccelli; li spellano e li sventrano per metterli a cuocere. La crudeltà primitiva e la vista del sangue e degli intestini sono fatti quotidiani per coloro che vivono in povertà. Devono uccidere per sopravvivere. Ma poi, un quantitativo anche minuscolo di tossine letali, quando viene digerito e assorbito dal loro organismo per un lungo periodo di tempo, causa un deterioramento del cervello, del cuore e del fegato, degli intestini e persino del codice genetico. I sensi si offuscano e sopravviene la schizofrenia. I codici morali e i modelli di comportamento si disgregano. Non agiscono più come esseri umani normali. Per loro, uccidere e divorare un parente appare di colpo accettabile come tirare il collo a una gallina e prepararla per la cena. Deliziosa, la salsa dal sapore di chutney.»
«Sì, è molto buona.»
«Soprattutto con il khalta. Noi esseri civili, d’altra parte, compriamo la carne già tagliata e preparata nei supermercati. Non vediamo i bovini uccisi con un maglio elettronico, le pecore e i maiali con la gola tagliata. Ci perdiamo il divertimento. Quindi siamo più condizionati a esprimere semplicemente paura, ansia e infelicità. Qualcuno, magari, può far saltare in aria una casa e ammazzare i vicini in una crisi di pazzia. Ma non mangeremmo mai un altro essere umano.»
«Che tipo di tossine esotiche può causare questi problemi?» chiese Pitt.
Eva bevve il vino e attese che il cameriere le riempisse di nuovo il bicchiere. «Non è necessario che siano esotiche. Anche il comune avvelenamento da piombo può spingere la gente a fare cose strane. Inoltre fa scoppiare i capillari e diventare rosso-barbatietola il bianco degli occhi.»
«Hai un po’ di spazio per il dessert?» chiese Pitt.
«È tutto così buono… Un po’ di spazio lo troverò.»
«Caffè o tè?»
«Caffè all’americana.»
Pitt fece un cenno al cameriere che accorse come uno sciatore lanciato sulla neve fresca. «Un Um Ali per la signora e due caffè. Uno americano, uno egiziano.»
«Cos’è l’Um Ali?» volle sapere Eva.
«Un budino caldo di pane impastato con il latte e guarnito di pinoli. Assesta lo stomaco dopo un pasto pesante.»
«Mi sembra l’ideale.»
Pitt si appoggiò alla spalliera della sedia con un’espressione preoccupata. «Hai detto che partirai domani. Hai dunque ancora intenzione di andare nel Mali?»
«Insisti nel recitare il ruolo di protettore?»
«Viaggiare nel deserto può essere molto pericoloso. Il caldo non sarà l’unico nemico. Là fuori c’è qualcuno che vuole uccidere te e i tuoi generosi colleghi.»
«E il mio prode cavaliere dall’armatura splendente non sarà lì a salvarmi», obiettò Eva con una punta di sarcasmo. «Non mi spaventi. So badare a me stessa.»
Pitt la fissò con una sfumatura di tristezza negli occhi. «Non saresti la prima donna che dopo aver detto così è finita all’obitorio.»