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«Non avevi sollevato tante obiezioni all’idea di togliere di mezzo la dottoressa Rojas.»

«È vero: ma il tentativo non è stato commesso nel cortile di casa nostra. Nessuno, quindi, poteva sospettare che fossimo coinvolti.»

«E non ti sei preoccupato quando metà dei tuoi ingegneri e le rispettive mogli sono andati a fare una gita fra le dune e sono spariti.»

«La loro scomparsa era necessaria per proteggere la seconda tase della nostra operazione.»

«Per te è stata una fortuna che io sia riuscito a insabbiare la faccenda senza che la storia finisse sulle prime pagine dei giornali parigini e senza l’intervento di agenti del governo francese.»

«Hai agito benissimo», sospirò Massarde. «Non so come farei senza la tua preziosa collaborazione.» Come gran parte dei suoi compatrioti, Kazim aveva bisogno di ricevere continui complimenti per la sua genialità. Massarde lo detestava: eppure, senza di lui, l’operazione clandestina non sarebbe stata possibile. Era un contratto concluso all’inferno fra due individui spietati, e Massarde ne ricavava i maggiori vantaggi. Poteva permettersi di sopportare quello «stronzo di dromedario», come chiamava Kazim a insaputa dell’interessato. Dopotutto, una tangente di cinquantamila dollari americani al mese era una miseria in confronto ai due milioni di dollari al giorno che Massarde guadagnava grazie all’impianto per lo smaltimento dei rifiuti tossici.

Kazim si avvicinò al fornitissimo bar e si servì un cognac. «Allora, come ci consigli di trattare il dottor Hopper e i suoi collaboratori?»

«Sei tu l’esperto di queste cose», rispose Massarde con garbo untuoso. «Lascio a te decidere.»

Kazim inarcò un sopracciglio in un’espressione orgogliosa e soddisfatta. «Elementare, amico mio. Eliminerò il problema che sono venuti a risolvere.»

Massarde s’incuriosì. «E come farai?»

«Ho già incominciato», rispose Kazim. «Ho mandato la mia brigata personale a rastrellare, uccidere e seppellire le vittime del contagio.»

«Vuoi dire che fai massacrare i tuoi compatrioti?» La voce di Massarde era ironica.

«È il mio dovere di patriota estirpare un’epidemia nazionale», rispose Kazim, indifferente.

«Usi metodi piuttosto radicali.» Una ruga di preoccupazione apparve sul volto di Massarde. «Stai in guardia, Zateb: non provocare uno scandalo. Se il mondo dovesse scoprire casualmente ciò che abbiamo qui, un tribunale internazionale ci manderebbe entrambi sulla forca.»

«Non potrà mai farlo, senza prove e senza testimoni.»

«E quei diavoli mutanti che hanno massacrato i turisti ad Asselar? Hai fatto scomparire anche quelli?»

Kazim sorrise. «No, si sono uccisi e divorati fra di loro. Ma ci sono altri villaggi colpiti dagli stessi disturbi. Se il dottor Hopper e i suoi collaboratori diventassero troppo fastidiosi, potrei fare in modo che partecipassero personalmente a un massacro.»

Massarde non aveva bisogno di ulteriori spiegazioni. Aveva letto il rapporto segreto di Kazim sul massacro di Asselar. Immaginava senza difficoltà i nomadi impazziti che sbranavano i ricercatori dell’OMS come avevano fatto con i turisti.

«È un metodo molto efficiente per eliminare un pericolo», disse a Kazim. «Risparmia le spese del funerale.»

«Sono d’accordo.»

«Ma cosa succederebbe se qualcuno riuscisse a sopravvivere e tentasse di tornare al Cairo?»

Kazim alzò le spalle. Le labbra sottili ed esangui si chiusero in un sorriso perfido. «Comunque muoiano, le loro ossa non lasceranno il deserto.»

9.

Diecimila anni or sono gli aridi uadi della repubblica del Mali erano colmi d’acqua e i bassipiani brulli erano coperti da foreste popolate da centinaia di specie vegetali. Le pianure fertili e le montagne erano abitate dagli uomini prima che questi si lasciassero alle spalle l’età della pietra e diventassero pastori e allevatori. Poi, per settemila anni, le tribù vissero cacciando antilopi, elefanti e bufali, mentre nel contempo portavano da un pascolo all’altro le mandrie di bovini dalle lunghe corna.

Con il passare del tempo, la diminuzione delle piogge e l’eccessiva abbondanza di bestiame al pascolo inaridirono il Sahara, che divenne il deserto oggi noto a tutti e continuò a espandersi fino a infiltrarsi nelle terre tropicali più lussureggianti del continente. A poco a poco le grandi tribù abbandonarono la regione lasciando un’area desolata e quasi totalmente priva d’acqua alle poche bande di nomadi che tuttora vi resistono.

I romani, quando scoprirono l’incredibile resistenza dei dromedari, furono i primi a conquistare il deserto, e si servirono di questi animali per trasportare schiavi, oro, avorio e bestie selvatiche da inviare nei circhi. Per otto secoli, le loro carovane attraversarono il nulla dal Mediterraneo alle rive del Niger. E quando la potenza di Roma tramontò, fu il dromedario ad aprire la frontiera del Sahara agli invasori berberi dalla pelle chiara, seguiti poi dagli arabi e dai mori.

Il Mali rappresenta la conclusione di una linea di imperi potenti, scomparsi da molto tempo, che avevano dominato l’Africa nera. All’inizio del Medioevo, il regno del Ghana estese le grandi piste carovaniere tra il fiume Niger, l’Algeria e il Marocco. Nel 1240 dopo Cristo, il Ghana fu annientato dai mandingo del sud, che si affermarono creando un impero ancora più grande chiamato Malinke, da cui derivò il nome Mali. Il regno raggiunse una notevole prosperità e le città di Gao e di Timbuctu divennero famose come centri della cultura islamica.

Nacquero molte leggende sulle incredibili ricchezze trasportate dalle carovane dell’oro, e la fama dell’impero dilagò nel Medio Oriente. Ma dopo due secoli, l’impero decadde: i nomadi tuareg e fulane vi si insediarono penetrando dal nord. A est i songhai assunsero gradualmente il potere e regnarono fino a che i sultani marocchini inviarono i loro eserciti i quali si spinsero fino al Niger e causarono le grandi devastazioni del 1591. Quando i francesi diedero l’avvio alla loro avanzata coloniale verso sud, all’inizio dell’Ottocento, i vecchi imperi del Mali erano quasi completamente dimenticati.

Con il nuovo secolo i francesi unificarono i territori dell’Africa occidentale in quello che fu chiamato Sudan Francese. Nel 1960 il Mali si proclamò indipendente, varò una costituzione e si diede un governo. Il primo presidente della repubblica fu spodestato da un gruppo di ufficiali dell’esercito guidati dal tenente Moussa Traoré. Nel 1992, dopo numerosi tentativi di colpi di Stato, tutti falliti, il presidente generale Traoré fu rovesciato dal maggiore Zateb Kazim.

Kazim si rese conto molto presto che come dittatore militare non avrebbe ottenuto aiuti e prestiti stranieri; perciò scelse di rimanere nell’ombra e nominò Tahir capo dello Stato. Poi, astutamente, infiltrò nella legislatura una nutrita schiera di fedelissimi e mantenne una posizione equidistante fra Unione Sovietica e Stati Uniti, conservando stretti rapporti con la Francia.

Non impiegò molto tempo per imporsi come supervisore di tutti i traffici interni ed esteri e impinguò i numerosi conti segreti che aveva aperto presso le banche di tutto il mondo. Si dedicò a numerosi progetti di sviluppo e, sebbene avesse ordinato rigorosi controlli doganali, incominciò a guadagnare parecchio sottobanco, grazie al contrabbando. Le tangenti che i francesi gli pagavano per la sua collaborazione, come faceva anche Yves Massarde, l’avevano reso multimilionario. Grazie alla corruzione di Kazim e all’avidità dei suoi funzionari, non c’era da stupirsi che il Mali fosse una delle nazioni più povere del mondo.

Il Boeing 737 dell’ONU virò a quota così bassa da far temere a Eva che la punta dell’ala scavasse un solco fra le case d’argilla e di legno. Poi il pilota si riportò in assetto orizzontale per atterrare nel primitivo aeroporto della favolosa città di Timbuctu e si posò con un secco sobbalzo. Eva guardò dal finestrino e pensò che era molto difficile credere che quel misero paese fosse stato un tempo il grande centro carovaniero degli imperi del Ghana, del Malinke e del Songhai, abitato da centomila persone. Fondato dai nomadi tuareg come accampamento stagionale nel 1100 dopo Cristo, era diventato uno dei mercati più floridi dell’Africa occidentale.