Tombs rimase in silenzio per qualche istante, scrutando il fiume nero che si snodava oltre la prua. «Il pericolo più grave è costituito dai cannoni della flotta federale che ci aspetta alla foce.»
Una serie di spari echeggiò dalla sponda ancor prima che avesse finito di parlare.
«Ecco che si comincia», commentò filosoficamente Craven, e si affrettò a ridiscendere nella sua postazione sul ponte dei cannoni. Tombs rimase allo scoperto dietro la timoniera per dirigere i movimenti della nave contro gli eventuali vascelli federali che potevano bloccare il fiume.
I proiettili sparati da batterie invisibili e il fuoco dei moschetti dei tiratori scelti incominciarono a piovere sulla Texas come una grandinata. Tombs tenne chiusi gli oblò delle bocche da fuoco, anche se i suoi uomini imprecavano e mordevano il freno. Non c’era motivo di mettere in pericolo l’equipaggio e sprecare polveri e munizioni preziose contro un nemico che non si poteva vedere.
Per altre due ore, la Texas subì gli attacchi. Le macchine funzionavano alla perfezione e la spingevano a velocità superiori di uno o due nodi di quelle per cui era stata progettata. Le cannoniere di legno apparivano, sparavano bordate, quindi tentavano di inseguirla ma la Texas le ignorava, superandole senza difficoltà come se fossero bloccate nell’acqua.
All’improvviso si materializzò la sagoma riconoscibile dell’Atlanta. Era ancorata di traverso sul fiume. I cannoni di babordo spararono non appena le vedette riconobbero l’irriducibile mostro ribelle che stava avanzando.
«Sapevano del nostro arrivo», borbottò Tombs.
«Devo aggirarla, comandante?» chiese il capo pilota Hunt che, al timone, dimostrava una straordinaria freddezza.
«No, signor Hunt», rispose Tombs. «La speroni un po’ più avanti della poppa.»
«Per spostarla», concluse Hunt, prontamente. «Sta bene, signore.»
Hunt mosse la ruota d’un quarto di giro e puntò la prua della Texas verso la poppa dell’Atlanta. Due colpi dei cannoni da otto pollici della nave ex confederata centrarono la casamatta, incrinarono la corazza, fecero rientrare di quasi un piede il rivestimento interno di legno: lo spostamento d’aria e le schegge ferirono tre uomini.
La distanza si ridusse rapidamente. La Texas affondò dieci piedi della massiccia prua di ferro nello scafo dell’Atlanta, sfondò il ponte, spezzò la catena dell’ancora di poppa e la spinse in un arco di 90 gradi mentre premeva il ponte sotto la superficie del fiume. L’acqua si riversò negli oblò dei cannoni della corazzata unionista che incominciò ad affondare mentre la Texas le passava letteralmente addosso.
La chiglia dell’Atlanta sprofondò nel fango del fiume, la nave si girò sul fianco mentre le eliche roteanti della Texas mulinavano a pochissima distanza dallo scafo rovesciato prima di proseguire nell’acqua libera. Molti degli uomini dell’Atlanta uscirono dagli oblò e dai boccaporti appena in tempo, ma almeno venti affondarono con la nave.
La Texas continuò la sua corsa disperata per raggiungere la libertà. Mentre la battaglia proseguiva, la nave teneva testa al fuoco incessante e all’inseguimento delle cannoniere. Le linee telegrafiche — tese lungo il fiume dalle forze federali — fremevano nel trasmettere l’annuncio dall’avvicinarsi della corazzata mentre un’ondata crescente di caos e di disperazione si diffondeva fra le batterie sulle rive e le navi decise a intercettarla e ad affondarla.
I colpi martellavano incessantemente la corazza della Texas e la facevano sussultare da prua a poppa. Un proiettile da 100 libbre, sparato da un Dahlgren dall’alto di una banchina a Fort Hudson, centrò la timoniera, stordì il capo pilota Hunt e lo lasciò sanguinante a causa dei frammenti che erano volati attraverso le feritoie. Hunt rimase coraggiosamente alla ruota e tenne la nave in rotta al centro del canale navigabile.
Il cielo incominciava a schiarire a oriente quando la Texas uscì rombando dal fiume James, superò Newport News e avanzò nell’ampio estuario e nelle acque più profonde di Hampton Roads, che tre anni prima erano state lo sfondo della battaglia fra il Monitor e la Merrimack.
Sembrava che l’intera flotta dell’Unione fosse schierata ad attenderla. Dalla sua posizione sopra la casamatta, Tombs vedeva soltanto una foresta di alberi e fumaioli. Fregate e sloop da guerra a sinistra, monitori e cannoniere a destra. E più oltre, lo stretto canale tra la massiccia potenza di fuoco di Fortress Monroe e Fort Wool era bloccato dalla New Ironsides, un vascello formidabile con lo scafo tradizionale delle corazzate, armato di diciotto cannoni pesanti.
Finalmente Tombs ordinò di aprire gli oblò e di far affacciare le bocche da fuoco. La Texas aveva finito di subire senza opporre resistenza. Ora la Marina federale avrebbe sentito la furia delle sue zanne. Fra grida d’esultanza, gli uomini della Texas sbloccarono e puntarono i cannoni, con gli inneschi nei foconi, gli otturatori aperti, e i capopezzi pronti con gli spezzoni di cima.
Craven fece il giro della nave con la massima calma, sorridendo e scherzando con gli uomini e dispensando incoraggiamenti e consigli. Tombs scese e tenne un breve discorso carico di taglienti considerazioni nei confronti dei nemici e di ottimismo per la batosta che i bravi ragazzi del Sud stavano per infliggere ai vili yankee. Poi, con il cannocchiale sotto il braccio, tornò al suo posto dietro la timoniera.
Gli artiglieri dell’Unione avevano avuto tutto il tempo di prepararsi. Si alzarono le bandierine che segnalavano di sparare quando la Texas fosse arrivata a tiro. Tombs, che guardava con il cannocchiale, aveva l’impressione che i nemici riempissero l’intero orizzonte. C’era un silenzio terribile che aleggiava sull’acqua come un sortilegio, mentre i lupi attendevano che la preda avanzasse in quella che sembrava una trappola senza scampo.
Il contrammiraglio David Porter, tozzo e barbuto, con il berretto da marinaio piantato saldamente sulla testa, era in piedi su una cassa. Di lassù poteva sorvegliare il ponte dei cannoni della sua ammiraglia, la fregata di legno Brooklyn, mentre studiava il fumo della corazzata ribelle che si avvicinava nella prima luce dell’alba.
«Eccola», disse il capitano James Alden, comandante dell’ammiraglia di Porter. «E sta puntando dritto su di noi.»
«Una nave audace e nobile destinata alla tomba», mormorò Porter mentre la Texas ingigantiva nella lente del cannocchiale. «È uno spettacolo che non rivedremo più.»
«È quasi a tiro», annunciò Alden.
«Non è il caso di sprecare munizioni, signor Alden. Ordini ai suoi artiglieri di attendere e di assicurarsi che ogni colpo vada a segno.»
A bordo della Texas, Tombs si rivolse al capo pilota, rimasto eroicamente al timone nonostante il sangue che gli colava dalla tempia sinistra. «Hunt», gli ordinò, «sfiori la linea delle fregate di legno passando loro vicino il più possibile, in modo che le corazzate esitino a sparare per paura di colpire le loro navi.»
La prima nave delle due file era la Brooklyn. Tombs attese fino a quando fu agevolmente a tiro, poi diede l’ordine di sparare. Il Blakely da 100 libbre piazzato a prua aprì il fuoco con un proiettile che sfrecciò sibilando sopra l’acqua e colpì la nave unionista, schiantò il parapetto di prua, esplose contro un enorme cannone Parrott a canna rigata e uccise tutti gli uomini entro un raggio di dieci piedi.