Carr le lanciò una rapida occhiata, poi guardò altrove. — Insomma, Marcia, non è che mi piaccia molto l’idea di questo servizio di consulenza.
Marcia gli sorrise quasi per incoraggiarlo. — No?
Carr si succhiò il labbro. — Oh, sembra ancora troppo impastato del vecchio raggiro. La vecchia storia di tagliare su misura le parole, tagliarle di nuovo, rattopparle, pulirle e stirarle, farle passare attraverso il setaccio più e più volte. Troppo indiretto. Non saremmo neppure noi a curare la materia prima. Cureremmo i redattori, gli venderemmo il loro stesso prodotto. — Si affrettò a proseguire: — No, se devo lasciare l’Agenzia Generale di Collocamento, voglio che questo avvenga per qualcosa di più legittimo, di più creativo.
Marcia si lasciò andare contro lo schienale. Carr non riuscì a ricordare un altro momento in cui gli fosse parsa così gelida e padrona di se stessa. Eppure sapeva che Marcia in realtà si stava esibendo, tentandolo in maniera deliberata.
— Bene — gli disse lei. — Perché non lo fai?
— Che cosa?
— Qualcosa di creativo. Eri un buon attore all’università, almeno così mi hai detto. Naturalmente potrebbe essere un po’ tardi per questo, anche se non si può mai dire. Ma c’è sempre la possibilità di scrivere, di dipingere: modi di ogni genere per esibire la tua personalità davanti al mondo.
— Oh Marcia! — Per un attimo, perse quasi il controllo di sé. Poi, con uno sforzo, soffocò la calda voracità che lo tormentava.
— Senti, Marcia: la cosa importante è che ci piacciamo e che ce la passiamo bene insieme. È tutto quello che conta veramente, no? — Si accostò di più a lei, osservò l’alzarsi e l’abbassarsi del suo seno mentre respirava.
Marcia non reagì.
— Non lo è? — chiese Carr un istante dopo. — Senti, Marcia: mi piacciono più d’ogni altra cosa i momenti che passiamo insieme. Le feste, gli spettacoli, lo yacht club, tutto. I tuoi amici sono meravigliosi. I Pendleton e i Mandeville sono gente splendida. Domenica scorsa sul lago è stato magnifico. C’era una sorta di fascino in ogni momento, come c’è sempre quando ci sei tu. — Fece scivolare la mano lungo la sommità del divano, dietro le sue spalle. — È divertente, non capisci? Il miglior divertimento al mondo.
— Non si può partecipare ai piaceri di gente come i Pendleton e i Mandeville senza affiancarsi anche alle loro imprese. A lungo andare non puoi dominare le dolcezze della vita senza dominare anche la gente e gli eventi.
— Perché no? — chiese lui con simulata leggerezza. — Dopotutto, pago con i miei soldi.
— Come una comparsa, sì — ammise lei senza rancore. Carr le era giunto abbastanza vicino da sentire il profumo dei suoi capelli. — Ma questa non è affatto la stessa cosa. Non vedi che devi arrivare ai soldi, quelli veri? Diamine, con tutte le tue capacità…
— No, non lo vedo — replicò lui. — Tutto quello che riesco a vedere sei tu. E ti amo troppo. — Sorridendo la strinse rapidamente fra le braccia e l’attirò a sé. Lei non resistette; si limitò ad assottigliare le labbra e a guardarlo dritto negli occhi. — No — disse — no.
— Per favore, piccola!
Carr l’agguantò. Con avida durezza le accarezzò la pelle rosea. I baci si abbatterono roventi sulla sua gola, le spalle. Sentì la morbidezza serica della sua pelle, le sue curve dolci e cedevoli che gli riempivano il palmo delle mani…
Ma Marcia si tirò indietro di scatto e si alzò in piedi con un unico movimento. Un po’ del suo drink si rovesciò sul divano, formando una piccola pozzanghera.
— È questo allora — disse lui. — Mi tenti. Mi incanti. Pensi che, se ti desidero tanto, tu potrai controllarmi… che farò tutto quello che mi dici.
— E se dovessi farlo per mettere un po’ d’acciaio nella tua spina dorsale? — ribatté lei. — Perché non dovrei farlo?
Carr pensò che mai, prima di quel momento, Marcia gli era parsa così regale e desiderabile. Allo stesso tempo vide, come in un lampo fulmineo, come sarebbe passata la serata da quell’istante in avanti. Prima lui le avrebbe chiesto perdono. Poi, per farle piacere, avrebbe finto di provare un grande interesse per il servizio di consulenza editoriale di Keaton Fisher. Man mano che la serata fosse trascorsa, con i drink e il luccichio ipnotico del ristorante e del night club, avrebbe cominciato a provare un vero interesse. E lei sarebbe diventata amorosamente calda e desiderabile quando l’avesse riaccompagnata a casa, e l’avrebbe lasciato entrare concedendogli la sua piccola ricompensa per aver ballato alla sua musica.
Come una marionetta. Come una dannata marionetta appesa ai suoi fili. Be’, per una volta non l’avrebbe fatto. Per una volta avrebbe rotto lo schema, non importava quanto gli sarebbe costato. C’erano altri posti in cui poteva andare quella sera. Lei non era tutta la sua vita, non proprio.
Era arretrato a un paio di passi da lei. Marcia terminò il suo drink e disse, sorridendo. — Vado a prendere la mia borsa.
La guardò avviarsi verso la camera da letto. Deglutì a fatica. Sì, c’erano altri posti. Doveva dimostrarlo.
Quando Marcia fu scomparsa alla sua vista, Carr si girò in fretta e — la porta era ancora socchiusa — uscì rapidamente e in silenzio dalla stanza, avviandosi lungo il corridoio.
Sì, continuò a dirsi, altri posti.
A pochi passi dall’ascensore, aprì la porta che dava sulle scale. Scese in fretta la grigia spirale quadrata. Sempre più in fretta, più in fretta…
Divenne conscio che una sensazione di libertà, perfino di eccitazione, sovrastava quel suo stato d’animo di dolorosa disperazione giacché aveva appena capito qual era l’altro posto. Aveva appena afferrato il significato di una frase che aveva letto senza capirla un’ora prima: “…la coda del leone vicino alle cinque sorelle…”.
Poca gente passeggia sul lato est del Michigan Boulevard dopo il tramonto. In quei momenti l’Istituto d’Arte sembra morto del tutto, con i fari delle auto e i bagliori colorati dell’altro lato, quello indaffarato, che si rincorrono sulle pietre scure come le torce di tanti archeologi. I due maestosi leoni di bronzo potrebbero benissimo custodire i portali di quel monumento dell’antichità romana. Altri si chiedono, però, se lo scultore Keynes non avesse già previsto che la coda del leone più a meridione, adeguatamente orizzontale, sarebbe stata mantenuta lucida dal casuale appoggiarsi dei gomiti degli studenti d’arte e degli oziosi, e adesso da quelli della ragazza spaventata.
La ragazza seguì con lo sguardo Carr che saliva i gradini, senza la minima reazione che mostrasse d’averlo riconosciuto. Lui avrebbe potuto far parte d’un sogno che stava facendo. Un vento terribilmente gelido stava soffiando dal lago e la ragazza si era abbottonata il giubbetto fino al collo. Ora non pareva spaventata ma molto sola, come se non avesse nessun posto al mondo dove andare e stesse aspettando qualcuno che non sarebbe mai arrivato. Carr si fermò a una mezza dozzina di passi di distanza.
Lei sorrise e lo salutò. — Salve.
Carr le si avvicinò. Le prime parole che gli uscirono di bocca lo colsero di sorpresa: — Ho incontrato il vostro ometto scuro con gli occhiali. È scappato via.
— Sì? — esclamò la ragazza. — Mi spiace. È davvero vostro amico… potenzialmente. Ma è un tipo estremamente sensibile, indefinibile. Avrebbe dovuto incontrarmi qui… — Gettò un’occhiata verso un pannello su cui cifre digitalizzate indicavano l’ora per attirare l’attenzione su una gigantesca bottiglia di birra.
— Ha paura di me? — chiese Carr.
La ragazza scrollò le spalle. I fari di un’automobile di passaggio si rifletterono per un attimo nei suoi occhi grigi, con una sciabolata di luce. In quel momento gli parvero enigmatici come quelli di una sfinge. — Avevo la vaga idea di presentarvi — aggiunse. — Ma adesso non ne sono più così sicura. Su nessuno di noi… — Abbassò la voce. Il vento le soffiò alcuni capelli, che le ricadevano fino alle spalle, contro la guancia. — Non avevo mai veramente creduto che sareste venuto. Lasciare dei biglietti come ho fatto con voi è soltanto un modo stupido, da parte mia, di tentare il destino. Voi non avreste dovuto esser costretto a indovinare. Come avete fatto a sapere che era il leone meridionale? Non credo che abbiate lanciato una sola occhiata a quello settentrionale.