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E ogni sera andavo da solo fino alla città costiera di Monterey a ritirare le comunicazioni di Christine. Poi mi spingevo a nord, a caccia.

Andavo con la lucida, potente Porsche nera fino a San Francisco, affrontando a velocità inebriante le curve strettissime della strada costiera. E nell’immacolata semioscurità gialla delle grandi strade cittadine appostavo gli assassini un po’ più crudelmente e lentamente di prima.

La tensione stava diventando insopportabile.

Non vedevo ancora gli altri. Non li sentivo. Avevo soltanto quei messaggi telefonici, inviati da immortali che non avevo mai conosciuto.

«Ti avvertiamo. Non continuare con questa follia. Il tuo gioco è più pericoloso di quanto immagini.» E poi il bisbiglio registrato che le orecchie umane non potevano udire:

«Traditore!» «Fuorilegge!» «Mostrati, Lestat!»

Se mi davano la caccia a San Francisco, non li vedevo. Ma San Francisco è una città densamente popolata. E io ero furtivo e silenzioso come sempre.

Finalmente arrivarono i telegrammi alla casella postale di Monterey. Ce l’avevamo fatta. Le vendite del nostro album stavano battendo tutti i primati, lì e in Europa. Dopo San Francisco avremmo potuto esibirci in qualsiasi città avessimo desiderato. La mia autobiografia era in tutte le librerie da costa a costa. Il Vampiro Lestat era in testa alle classifiche.

E, dopo la caccia notturna in San Francisco, incominciai a percorrere tutta la lunghezza di Divisadero Street. La Porsche nera passava davanti alle case vittoriane in rovina, e mi domandavo in quale di quelle Louis aveva raccontato al giovane mortale la storia dell’Intervista col Vampiro. Pensavo continuamente a Louis e Gabrielle. Pensavo ad Armand. Pensavo a Marius. Marius che avevo tradito raccontando tutti gli avvenimenti.

Il Vampiro Lestat tendeva i suoi tentacoli elettronici abbastanza lontano da toccarli? Avevano visto i video L’eredità di Magnus, I Figli delle Tenebre, Coloro-che-devono-essere-conservati? Pensavo agli altri antichi dei quali avevo rivelato i nomi: Mael, Pandora, Ramses il Dannato.

Per la verità, Marius avrebbe potuto trovarmi a dispetto della segretezza e delle persecuzioni. I suoi poteri erano tali da travalicare anche le immense distanze dell’America. Se aveva guardato, se aveva sentito…

Tornò il vecchio sogno di Marius che faceva funzionare il proiettore, le figure in movimento sulla parete del sacrario di Coloro-che-devono-essere-conservati. Persino nel ricordo sembrava assurdamente lucido, e mi faceva battere più forte il cuore.

A poco a poco mi resi conto di possedere un nuovo concetto di solitudine, un nuovo metodo per misurare un silenzio che si estendeva sino alla fine del mondo. E le sole cose che l’interrompevano erano le minacciose voci sovrannaturali registrate che non portavano immagini con sé mentre cresceva la loro virulenza.

«Non osare presentarti sul palcoscenico a San Francisco. Ti avvertiamo. La tua sfida è troppo volgare, troppo sprezzante. Siamo pronti a correre ogni rischio, anche un pubblico scandalo, per punirti.»

Ridevo della combinazione incongrua del linguaggio arcaico e dell’accento inconfondibilmente americano. Com’erano, quei vampiri moderni? Ostentavano istruzione e raffinatezza quando si aggiravano tra i Non Morti? Assumevano un certo stile? Vivevano in congreghe, oppure andavano in giro inforcando potenti moto nere, come amavo fare io?

L’eccitazione cresceva incontrollabilmente dentro di me. E, mentre giravo solo in macchina nella notte con la radio che trasmetteva la nostra musica a tutto volume, sentivo crescere dentro di me un entusiasmo puramente umano.

Tenevo a presentarmi al pubblico come ci tenevano i miei amici mortali, Tough Cookie e Alex e Larry. Dopo il lavoro massacrante per preparare i dischi e le registrazioni, volevo che levassimo insieme le nostre voci di fronte al pubblico urlante. A volte ricordavo fin troppo chiaramente le notti lontane nel piccolo teatro di Renaud. Mi tornavano alla memoria i dettagli più strani… la sensazione del cerone bianco che mi spalmavo sulla faccia, l’odore della cipria, l’attimo in cui comparivo afte luci della ribalta.

Sì, tutto stava per compiersi. E se questo avesse portato anche la collera di Marius… ebbene, la meritavo, no?

San Francisco mi affascinava e mi placava un po’. Non era diffìcile immaginare il mio Louis in quella città. Sembrava quasi veneta, con i caseggiati multicolori che sorgevano muro contro muro nelle vie scure e strette. Erano irresistibili le luci sparse sulle colline e sulle valli, e la giungla cruda e fulgida dei grattacieli del centro che si ergevano come una foresta fiabesca in un oceano di nebbia.

Ogni notte, al mio ritorno in Carmel Valley, prendevo i sacchi delle lettere dei fan inoltrate da New Orleans a Monterey, e le sfogliavo cercando di scoprirne qualcuna scritta con la grafia tipica dei vampiri, i caratteri un po’ troppo calcati, lo stile un po’ antiquato… magari uno sfoggio più accentuato di talento sovrannaturale che faceva sembrare una lettera manoscritta simile a una stampa gotica. Ma non c’era nulla, tranne la fervida devozione dei mortali.

Caro Lestat, la mia amica Sheryl e io ti amiamo e non riusciamo a trovare i biglietti per il concerto di San Francisco, anche se abbiamo fatto la fila per sei ore. Ti prego, mandaci due biglietti. Saremo le tue vittime. Potrai bere il nostro sangue.

Le tre del mattino, prima del concerto di San Francisco.

Il fresco paradiso verde di Carmel Valley dormiva. Io sonnecchiavo nel gigantesco studio davanti alla vetrata rivolta verso i monti. Ogni tanto sognavo Marius. Nel sogno, Marius mi diceva:

«Perché hai sfidato la mia vendetta?»

E io rispondevo: «Mi hai voltato le spalle».

«Non è questa la ragione. Tu agisci d’impulso, vuoi buttare all’aria tutti i pezzi.»

«Io voglio influire sulla realtà, far accadere qualcosa!» dissi. Gridai nel sonno, e all’improvviso sentii intorno a me la presenza della casa di Carmel Valley. Era stato soltanto un sogno, un fragile sogno mortale.

Eppure qualcosa, qualcosa d’altro… una «trasmissione» improvvisa, come un’onda radio vagabonda che si insinuava nella frequenza sbagliata, una voce che diceva: Pericolo. Pericolo per tutti noi.

Per una frazione di secondo, una visione di neve e ghiacci. Un vento urlante. Qualcosa s’infranse su un pavimento di pietra. Vetro spezzato. Lestat! Pericolo!

Mi svegliai.

Non ero più sul divano. Ero in piedi e guardavo la porta a vetri. Non udivo nulla, non vedevo nulla se non il contorno indistinto delle colline, la sagoma nera dell’elicottero sul riquadro di cemento, come una mosca gigantesca.

Ascoltavo con l’anima. Ascoltavo così intensamente da sudare. Eppure la «trasmissione» non si ripeté, le immagini non riapparvero.

E poi la consapevolezza graduale che là fuori nell’oscurità c’era un essere e che io udivo suoni minuti.

Qualcuno camminava nel silenzio. E non emanava un odore umano.

Là fuori c’era uno di loro. Uno di loro aveva penetrato il muro della segretezza e si avvicinava, al di là della silhouette scheletrica dell’elicottero, attraverso l’erba alta.

Ascoltai di nuovo. No, neppure una vibrazione che rafforzasse il segnale di pericolo. La mente dell’essere era puntata su di me. Ricevevo solo i segnali inevitabili di una creatura che si muove nello spazio.

La grande casa bassa dormiva intorno a me… sembrava un gigantesco acquario con i muri bianchi e nudi e le luci azzurre e palpitanti del televisore muto. Tough Cookie e Alex erano abbracciati sul tappeto davanti al camino spento. Larry dormiva nella camera da letto simile a una cella in compagnia di una fan carnalmente instancabile, chiamata Salamander, che avevano «raccattato» a New Orleans prima della partenza per l’ovest. C’erano guardie del corpo addormentate nelle altre camere moderne, e nella portineria al di là della piscina azzurra come un guscio d’ostrica.