Выбрать главу

All’improvviso desiderò trovarsi fuori di lì. L’animale in trappola era lui.

— Non guardarmi in quel modo — disse Kathy, sorseggiando il suo Screwdriver.

Tra sé e sé, ma ad alta voce, Jason disse: — Hai spalancato la porta della vita con la tua grande, ottusa testa. E ora non si può più richiudere.

— Da dove l’hai presa? — chiese Kathy.

— È roba mia.

— Ma sembra una poesia.

— Se guardassi il mio show, sapresti che ho spesso delle uscite poetiche di questo genere.

Kathy lo soppesò con calma. — Adesso guardo i programmi televisivi e vedo se ci sei. — Appoggiò sulla cucina lo Screwdriver e frugò tra i vecchi giornali ammucchiati ai piedi del tavolino di vimini.

— Io non sono nemmeno nato — disse lui. — Ho controllato.

— E non c’è traccia del tuo show. — Kathy piegò la pagina degli spettacoli e studiò i programmi televisivi.

— Esatto — aggiunse Jason. — Così adesso hai tutte le risposte sul mio conto. — Batté la mano sulla tasca del panciotto che conteneva le tessere falsificate. — Comprese queste. Con i loro microtrasmettitori, se è vero.

— Ridammi i documenti — disse Kathy — e toglierò i microtrasmettitorì. Ci vorrà solo un secondo. — Tese la mano.

Lui le restituì le tessere.

— Non ti interessa che lo faccia? — chiese Kathy.

Lui rispose, in tutta sincerità: —No. In effetti, no. Ho perso la capacità di capire cosa sia bene o male, vero o falso. Se vuoi togliere quella roba, accomodati pure. Se ti fa piacere.

Un attimo dopo lei gli restituì le tessere, con quel suo sorriso caliginoso da sedicenne.

Scrutando la sua giovinezza, la sua innata radiosità, lui disse: — “Mi sento vecchio come quell’olmo laggiù.”

Finnegans Wake — disse Kathy, contenta. — Quando le vecchie lavandaie al tramonto si confondono con alberi e rocce.

— Hai letto Finnegans Wake? — Jason era sorpreso.

— Ho visto il film. Quattro volte. Mi piace Hazeltine. Penso che sia il miglior regista vivente.

— È stato ospite del mio show. Vuoi sapere com’è nella vita reale?

— No — rispose Kathy.

— Forse dovresti.

— No — ripeté lei, scuotendo la testa. La sua voce era salita di tono. — E non cercare di dirmelo, okay? Crederò quello che voglio, e tu credi quel che ti pare. Va bene?

— Ma certo. — Jason provò un moto di simpatia. La verità, aveva spesso riflettuto, è sopravvalutata come virtù. Nella maggioranza dei casi, una bugia comprensiva ottiene risultati migliori ed è più misericordiosa. Soprattutto tra uomo e donna. Anzi, tutte le volte che c’è di mezzo una donna.

Ovviamente, a voler essere precisi, quella non era una donna ma una ragazza. Quindi Jason decise che la bugia pietosa era ancora più necessaria.

— È uno studioso e un artista — disse.

— Sul serio? — Lei lo guardò speranzosa.

— Sì.

Kathy sospirò di sollievo.

— Allora credi — disse lui, affondando il colpo — che io abbia conosciuto Michael Hazeltine, il miglior regista cinematografico vivente, come hai detto tu stessa. Quindi credi che io sia un Sei… — Si interruppe. Non era quello che intendeva dire.

— Un Sei — gli fece eco Kathy. Corrugò la fronte come se stesse cercando di ricordare. — Ne ho letto su “Time”. Ma non sono tutti morti? Il governo non li ha fatti fucilare dopo che quel tizio, il loro leader… Come si chiamava…? Teagarden. Sì, esatto. William Teagarden. Be’, ha cercato di mettere in piedi, come si dice?, un colpo di Stato contro i naz federali. Ha cercato di fare sciogliere il corpo perché era un’organizzazione parimutuale illegale…

— Paramilitare — la corresse Jason.

— Non t’interessa niente di quel che sto dicendo.

— Sì che m’interessa — rispose lui, sincero. Aspettò. La ragazza non andò avanti. — Cristo! — abbaiò lui. — Finisci quello che stavi dicendo!

— Mi pare — disse alla fine Kathy — che siano stati i Sette a far fallire il colpo di Stato.

Jason pensò: “Sette”. In vita sua, non aveva mai sentito parlare dei Sette. Nulla avrebbe potuto scioccarlo di più. “Che fortuna” pensò “che mi sia scappato quel lapsus linguae. Ho imparato qualcosa di nuovo. Finalmente. In questo labirinto di confusione e di mezza realtà.”

Una piccola sezione di parete si socchiuse cigolando, e nella stanza entrò un gatto, bianco e nero e molto giovane. Kathy lo raccolse subito dal pavimento. Si illuminò in volto.

— La filosofia di Dinman — disse Jason. — Il gatto obbligatorio. — Conosceva quel punto di vista; anzi, aveva presentato Dinman al pubblico televisivo in uno dei suoi special autunnali.

— No. È solo che lo amo. — Con occhi che brillavano, Kathy porse il gatto a Jason per farglielo esaminare.

— Però credi — disse lui accarezzando la testolina del gatto — che possedere un animale aumenti l’empatia di una persona…

— Ma figuriamoci! — Kathy stringeva il gatto alla gola come se fosse una bimba di cinque anni con il suo primo animaletto. L’adorata cavia di un progetto di ricerca per la scuola. — Ti presento Domenico — disse.

— In onore di Domenico Scarlatti? — chiese lui.

— No. In onore del Domenico’s Market in fondo alla strada. Ci siamo passati davanti venendo qui. Quando sto nell’appartamento più piccolo, questa stanza, faccio spesa lì. Domenico Scarlatti è un musicista? Mi pare di averne sentito parlare.

Jason disse: — L’insegnante di inglese di Abramo Lincoln alle superiori.

— Oh… — Lei annuì distrattamente e si mise a cullare il gatto.

— Ti sto prendendo in giro — disse lui, — ed è una cattiveria. Mi spiace.

Kathy, continuando a stringere il gatto, alzò su Jason due occhioni ingenui. — Non riesco mai ad accorgermi della differenza — mormorò.

— Ecco perché è una cattiveria.

— Perché? Se non me ne rendo nemmeno conto, be’, significa solo che sono un’idiota. No?

— Tu non sei un’idiota. Hai solo poca esperienza. — Jason calcolò, a spanne, la differenza d’età fra loro due. — Ho vissuto più del doppio di te — le fece notare. — E negli ultimi dieci anni mi sono trovato in una posizione che mi ha permesso di entrare in contatto con alcune delle più famose persone del pianeta. E…

— E — disse Kathy — sei un Sei.

Non aveva scordato il lapsus dì Jason. Ovvio. Lui poteva raccontarle un milione di cose, e lei le avrebbe dimenticate tutte nel giro di dieci minuti, tranne quell’unico vero sbaglio. Così va il mondo. Con gli anni, Jason si era abituato; era uno dei tratti che si acquisivano arrivando alla sua età, così lontana da quella di Kathy.

— Cosa significa Domenico per te? — Jason cambiò discorso. Si rese conto che era una crudeltà, ma proseguì lo stesso. — Cosa ti dà di più degli esseri umani?

Lei aggrottò la fronte, divenne pensosa. — Ha sempre da fare. È sempre impegnato in qualche progetto. Come seguire un insetto. È bravissimo con le mosche. Ha imparato a prenderle e a mangiarle. — Un sorriso disarmante. — E con lui non devo chiedermi se denunciarlo al signor McNulty. McNulty è il mio contatto nei pol. Gli passo i ricevitori analogici per i microtrasmettitori, quei puntini che ti ho fatto vedere…