— Ne dubito.
— È vero. È stato Eddy.
— Stronzate — disse lui, e si allontanò verso la luce della porta rotta, penzolante, del ristorante.
Kathy gli tenne dietro come un erbivoro lesto di piedi. Ansimò: — Ma supponi che sia vero. Potrebbe essere. — Sull’ingresso, praticabile solo a metà, si interpose tra Jason e la libertà. Si fermò a mani levate, come per schivare un colpo, e disse: — Resta con me una sola notte. Vieni a letto con me. Okay? Basterà, te lo prometto. Lo farai, per una sola notte?
Lui pensò: “Una parte delle mie capacità, delle mie supposte e ben note doti, è ancora con me. Si è trasferita in questo strano mondo nel quale vivo ora. In questo posto dove io non esisto, se non su documenti falsificati da un’informatrice della polizia. Inquietante” e rabbrividì. “Tessere d’identità fornite di microtrasmettitori per tradirmi, per consegnare me e tutti quelli che stanno con me ai pol. Non me la sto cavando molto bene, qui. A parte il fatto che sono seducente, come dice lei. Gesù. E la capacità di seduzione è l’unica cosa che stia tra me e un campo di lavori forzati.”
— Okay — disse allora. Gli sembrava la scelta più saggia, di gran lunga.
— Vai a pagare Eddy — disse Kathy. — Chiudi la faccenda con lui. Fallo sparire da qui.
— Mi chiedevo perché si trattenesse ancora nei paraggi. Ha fiutato altro denaro?
— Probabilmente sì — rispose lei.
— Voi due lo fate sempre — disse Jason, mentre tirava fuori le banconote. pos: Procedura Operativa Standard. E lui si era lasciato infinocchiare.
Kathy rispose allegramente: — Eddy è psionico.
4
A due isolati di distanza, all’ultimo piano di un edificio con una facciata un tempo verniciata di bianco e ora completamente scrostata, Kathy aveva un monolocale con un piccolo angolo cottura che era appena sufficiente per preparare da mangiare a una sola persona.
Jason si guardò attorno. Una stanza da ragazza: il letto, una specie di brandina, aveva una coperta fatta a mano, file su file di pompon verdi. “Quasi un cimitero militare” pensò lui lugubre, mentre si aggirava nel locale. Si sentiva oppresso dalle dimensioni minuscole della stanza.
Su un tavolino di vimini c’era una copia di Alla ricerca del tempo perduto di Proust.
— Fin dove sei arrivata? — le chiese.
— All’ombra delle fanciulle in fiore. — Kathy diede due giri di chiave e attivò una specie di congegno elettronico. Jason non capì di cosa si trattava.
— Non è molto — le disse.
Lei si tolse la giacca di plastica. — E tu dove sei arrivato? — Appese la giacca in un armadietto, assieme a quella di Jason.
— Non l’ho mai letto — rispose lui. — Ma nel mio show abbiamo fatto la riduzione televisiva di una scena. Non so quale. Sono arrivate un sacco di lettere di complimenti, ma non abbiamo mai ripetuto l’esperimento. Con cose del genere bisogna stare attenti a non esagerare. Altrimenti, si tagliano le gambe a tutti gli altri, a tutte le reti, per il resto dell’anno. — Si aggirò, per quel che era possibile, nella stanza. Studiò un libro qui, una videocassetta là, una microrivista. Kathy aveva persino un giocattolo parlante. “Come una bambina” pensò lui. “Non è una vera adulta.” Incuriosito, accese il giocattolo parlante.
— Ciao! — disse quello. — Sono Charley l’Allegrone e sono sintonizzato sulla tua lunghezza d’onda cerebrale.
— Nessuno che si chiami Charley l’Allegrone è sintonizzato sulla mia lunghezza d’onda cerebrale — disse Jason. Fece per spegnerlo, ma il giocattolo protestò. — Scusa — disse Jason, — ma ti metto a tacere, piccolo farabutto.
— Ma io ti amo! — si lamentò con voce esile Charley l’Allegrone.
Lui fermò il dito che stava per premere il pulsante. — Allora dimostramelo — rispose Jason. Nel suo show aveva fatto promozioni pubblicitarie per spazzatura come quella. Tutti prodotti che odiava. Senza discriminazioni. — Dammi dei soldi.
— So come puoi riavere il tuo nome, la fama e la bella vita — lo informò Charley l’Allegrone. — Va bene per cominciare?
— Sicuro.
Charley l’Allegrone piagnucolò: — Vai a trovare la tua ragazza.
— Di chi stai parlando? — chiese lui, cauto.
— Di Heather Hart — trillò Charley l’Allegrone.
— Fuochino. — Jason premette la lingua contro gli incisivi superiori. Annuì. — Altri consigli?
— Ho sentito parlare di Heather Hart. — Kathy prese dall’armadietto frigorifero appeso alla parete una bottiglia di succo d’arancia. Era già vuota per tre quarti. Kathy la agitò, versò lo schiumoso surrogato istantaneo in due bicchieri di plastica. — È molto bella. Ha quei lunghi capelli rossi. È davvero la tua ragazza? Ha ragione Charley?
— Lo sanno tutti — rispose Jason — che Charley l’Allegrone ha sempre ragione.
— Già. Suppongo che sia vero. — Kathy versò del pessimo gin, il Mountbatten’s Privy Seal Finest, nel succo d’arancia. — Screwdriver — annunciò, fiera di sé.
— No, grazie — disse lui. — Non a quest’ora. — “Nemmeno se ci fosse dello scotch b l imbottigliato in Inghilterra” pensò. “Questa maledetta stanza così piccola… Ma lei non guadagna niente falsificando documenti e facendo la spia per la polizia? È davvero un’informatrice come dichiara? Strano. Magari fa tutte e due le cose. Magari nessuna.”
— Chiedi! — cinguettò Charley l’Allegrone. — Vedo che hai in mente qualcosa, mister. Tu, bastardone. Proprio tu.
Lui lo ignorò. — Questa ragazza… — cominciò, ma Kathy gli strappò all’istante Charley l’Allegrone e lo tenne stretto in mano. Aveva le narici dilatate per l’indignazione.
— Col cavolo che chiederai delle informazioni su di me al mio Charley l’Allegrone — disse. Inarcò un solo sopracciglio. “Come un uccello selvatico” pensò lui “che si muove in danze complicate per proteggere il nido.” Rise.
— Cosa c’è di tanto divertente? — domandò Kathy.
— Quei giocattoli parlanti sono più d’impiccio che d’aiuto. Dovrebbero proibirli. — Jason si allontanò da Kathy, si spostò al portatelevisore. Il piano era coperto di posta. Distrattamente, si mise a frugare tra le buste, e notò che nessuna di quelle che contenevano bollette o fatture era stata aperta.
— È roba mia — disse Kathy sulla difensiva, scrutandolo.
— Ricevi parecchie fatture — disse lui — per una che vive in uno schifo di monolocale. Comperi i vestiti, o che altro, da Metter’s? Interessante.
— Ho… una taglia difficile da trovare.
— E scarpe di Sax Crombie.
— Nel mio lavoro… — cominciò lei, ma lui l’interruppe con un cenno nervoso della mano.
— Risparmia il fiato — grugnì.
— Guarda nel mio armadio. Non ci troverai molto. Niente di straordinario, però quel che ho è di buona qualità. Preferisco avere poche cose belle… — Kathy tacque un istante. — Insomma, hai capito. Piuttosto che quintali di robaccia.
Jason disse: — Hai un altro appartamento.
Colpì il bersaglio. Gli occhi di Kathy guizzarono, e lei guardò dentro se stessa in cerca di una risposta. Il che, per lui, non era poco.
— Andiamo là — disse. Ne aveva abbastanza di quella stanzetta senza spazio per muoversi.
— Non ti ci posso portare — rispose Kathy — perché lo divido con altre due ragazze, e, in base ai turni che abbiamo stabilito, oggi tocca a…
— è chiaro che non volevi fare colpo su di me. — La cosa lo divertiva. Però lo irritava anche: si sentiva svilito, anche se in maniera confusa.
— Ti ci avrei portato, se oggi fosse stato il mio giorno — disse Kathy. — È per questo che non posso lasciare il monolocale. Devo pur andare da qualche parte quando non è il mio giorno. Il mio prossimo turno sarà venerdì. Da mezzogiorno in poi. — Il suo tono era diventato sincero, come se le stesse molto a cuore convincere Jason. Probabilmente, rifletté lui, era proprio così. Ma l’intera situazione lo irritava. Lei e tutta quanta la sua vita. Aveva la sensazione di essere stato afferrato da qualcosa che lo stava trascinando verso abissi a lui sconosciuti, forse persino verso i suoi vecchi orribili tempi. E non gli piaceva.