È Raffaella. "Ciao! Come va? Hai visto che successo?"
"No… Ho visto che cosa è successo!" Alex arrabbiato tira fuori la scritta "amore motore". "Questa l'hai scelta tu?"
"No, Alex, non mi permetterei mai. L'avevi lasciata sul tavolo. Poi sei andato a casa la sera che dovevamo chiudere il filmato perché… Stavi poco bene…"
Alex la guarda, si ricorda. Era il giorno che si era ubriacato e lo aveva accompagnato lei in taxi. L'aveva aiutato a entrare in casa e se ne era andata… Era stata carinissima e, soprattutto nei giorni successivi, non aveva detto nulla e aveva fatto finta di niente e non una parola con nessuno di quella storia. Alex abbassa il foglio. Raffaella gli sorride. Sa che si è ricordato. "Poi Leonardo mi ha detto che ti ha chiamato a casa e gliel'hai dettata tu la frase dello slogan. Istinto… Amore, Motore!" Raffaella sorride di nuovo. "È bellissima. E anche se non te ne accorgi, tu sai fare solo cose bellissime." Ed esce dalla stanza con la voce che un po'"le trema.
Alex scuote la testa e sbatte la mano sul tavolo, poi si accascia sulla poltrona. Ci mancava solo questa. L'ho mortificata. Ha fatto tutto lei, il filmato, la scelta delle musiche… il montaggio, il ritmo, le scene degli animali dal National Geographic, il primo piano della pantera e infine della macchina. Istinto e io… io ho trovato solo lo slogan. Anzi non l'ho trovato! Ho usato uno che già esisteva. Ho pure copiato! Da me… ma ho copiato! E mi sono pure
arrabbiato. Che disastro che sono… Bè, in qualche modo dovrò recuperare, in fondo è un successo molto più suo che mio e tutti festeggiano me… E proprio in quel momento sente un bip dal suo telefonino. Un sms. Quasi senza pensarci lo tira fuori dalla tasca. Chi sarà ora? Un altro ringraziamento? Qualcuno dei colleghi, un advertising, un copy, Leonardo che mi vuole invitare a pranzo? Speriamo di no. Non ho proprio fame oggi. E quando apre il messaggio e vede il nome sente come ruotare la stanza, cadere il cielo, tremare le pareti, sussultare la terra, un vortice improvviso, un terremoto emotivo. Niki. Guarda di nuovo bene il messaggio. Allontana il telefonino dal suo volto. Sì. Niki. E lei. E rimane come fermo in bilico, sull'orlo di un precipizio, di un baratro, della voragine di un vulcano in eruzione… o forse, invece, è davanti alla soglia di un paradiso? Cosa ci sarà scritto in questo messaggio? Sarà di nuovo felice o non potrà più neanche sperarlo? Subito una marea di ipotesi, di frasi che Alex immagina di trovare aprendo quel messaggio.
"Scusa ma sto con un altro." No, ti prego, dimmi che non è così. Una ancora più dolorosa per certi versi. "Scusa ma non ti amo proprio più." Poi ancora peggio. "Scusa ma non ti ho mai amato." Poi un lieve miglioramento. "Scusa ma ci sto pensando." "Scusa ma sono ancora indecisa." "Scusa ma ci ho ripensato." Ancora meglio. "Scusa ma torniamo insieme." "Scusa ma… ti voglio sposare." Sì. Magari. E rimane così, a fissare quella piccola busta chiusa. Solo lei sa cosa contiene. Lei che l'ha scritto. Fissa ancora quel messaggio. Prima di aprirlo posso immaginare qualsiasi cosa, dopo, solo quello che veramente troverò. Potrei cancellarlo e non leggerlo, immaginare per sempre quello che avrei voluto trovare. Poi capisce che non potrebbe essere così, che la vita va vissuta fino in fondo. Una volta non si ricorda chi dei suoi amici gli aveva detto: "Un amaro calice va bevuto fino in fondo, solo così si potrà risalire". Allora chiude gli occhi solo per un istante, un respiro profondo, poi li riapre e spinge il tasto per leggerlo.
Rimane così in silenzio, davanti a quelle parole. Le rilegge più volte. Poi decide di rispondere. Proprio in quel momento bussano di nuovo alla porta.
"Si può?" Ma Leonardo non aspetta risposta ed entra. "Ti ho portato un caffè e un cornetto! Per festeggiare con un po'"di dolcezza il tuo personale successo…" Non fa in tempo a finire la frase. Alex si alza dalla poltrona, prende la giacca, poi la borsa ed esce veloce dalla stanza.
"No… Scusami."
"Alex… Ma il tuo successo, una giornata come questa, ti vogliono parlare tutti…"
Alex entra nell'ascensore. Non gli risponde, spinge il tasto T. Le porte si chiudono davanti a lui. Leonardo dice ancora qualcosa ma Alex non lo vede, non lo sente. Per lui contano solo le parole di quel messaggio.
"Alex vorrei parlarti. Sono a Villa Glory. Ti va di passare?" E poi la sua risposta semplicissima. "Sì."
Centotrentaquattro
Un vento leggero muove le foglie dei grandi alberi. Altre, cadute, fanno di quel grande prato verde un tappeto variegato. Alcuni arrancano su per la salita verso la croce ai caduti. Altri, più sfaticati, corrono lungo il grande anello che circonda le giostre e alcune strutture architettoniche messe lì da chissà quale fantasioso scultore.
Alex cammina spedito. Da quando è uscito dall'ufficio non ha fatto altro che ripensare a quel messaggio. "Ti va di passare?" Come se fosse una cosa normale, come se tra loro non fosse accaduto assolutamente nulla, come se si fosse trattato di una breve vacanza di uno dei due, di un lavoro all'estero… Eppure l'aveva chiamata qualche volta e le aveva anche mandato diversi messaggi dove aveva espresso la voglia di vederla, di capire, di parlare, chiarire, scambiare quattro chiacchiere, poter guardare i suoi occhi. Poter affrontare quello sguardo. Alex era sicuro che così avrebbe capito. Gli sarebbe bastato un silenzio, un tempo sufficientemente lungo per scoprire nei suoi occhi la verità. Se si fossero abbassati, se avessero cercato altrove, se fossero stati sfuggenti o nervosi, allora non avrebbe avuto dubbi. Era finita. E così cammina per quella strada in salita, lì dove si erano incontrati mille volte, dove avevano riso e scherzato, passeggiato mano nella mano, addirittura ogni tanto fatto footing insieme. Alex sorride. Aveva rallentato, quelle volte che correvano insieme, per averla sempre al suo fianco, per non lasciarla indietro, per sentirla soffiare ogni tanto come a darsi il ritmo. L'aveva aiutata, le aveva insegnato lo stret- ching, e come correre sulle punte, a fare una salita ripida correndo all'indietro per far lavorare al meglio i muscoli del sedere, tanto cari alle donne e, per altri versi, anche agli uomini. E ora? Alex cammina con il fiato corto, il nervosismo addosso, un sorriso tirato. Ora anche questa villa è cambiata. Sembra quasi appartenere a un altro tempo. A un momento diverso di tutta la mia vita. A qualcosa che è come accaduto anni e anni or sono, che non è
più, che si è perso, lontano, nel tempo accudito gelosamente da uno strano e ormai ottuso ricordo, anche un po'"confuso. Alex arriva alla piazzetta e comincia a fare il giro del percorso. Si guarda a destra e a sinistra, nei campi che costeggiano la strada. Qui e là qualche persona passeggia con le mani in tasca, una sigaretta in bocca e il cane sciolto che corre qua e là dietro a chissà quale apparizione di animale. Qualche ragazzo supera Alex, forse impegnato a battere qualche record personale. Due ragazze gli passano vicino. Anche loro stanno facendo footing. La prima, dai capelli biondi, ha un seno grosso che traballa un po'"e rimbalza seguendo il suo passo e il suo ritmo, l'altra, più magra e più bassa, ha un seno più piccolo, i capelli scuri saltellano sulle spalle. Chiacchierano correndo, hanno un buon fiato e un buon ritmo e tutte e due superando Alex lo guardano per un attimo. Poi, quando sono un po'"più in là, la bionda dice qualcosa, la bruna si gira di nuovo a guardare Alex, poi annuisce e le risponde qualcosa. Tutte e due scoppiano a ridere e continuano così, allegre e sportive, sparendo dietro la curva. Ma come spesso accade a chi sta male per amore, tutto questo Alex non lo nota. Cerca lontano, tra gli alberi, lungo le piccole pianure, i brevi sprazzi di verde tra una struttura e l'altra, fino a quando la vede. Eccola. Cammina con un cappotto blu scuro, lungo, moderno, un po'"vintage, un cappotto militare. Dove lo aveva preso? Ah sì. Al Governo Vecchio, prima di piazza Navona, lì dove c'è quel piccolo rigattiere. L'avevamo preso insieme una sera che passeggiavamo da quelle parti. Niki aveva fatto impazzire il proprietario del negozio. Aveva provato tutto e di più e con ogni capo aveva improvvisato una specie di buffa sfilata per lui. Questo se lo ricorda come se fosse ieri. Era seduto su una vecchia poltrona in pelle ad ammirare la sua modella preferita, quella della pubblicità della sua vita. Amore motore. Quella che ogni giorno gli dava la forza di essere felice, di sorridere alla pioggia, di festeggiare il sole e ogni cosa che accadeva sulla terra. Amore motore… Chissà cosa dirà Niki quando vedrà usato lo slogan che è stato praticamente coniato dalla nostra storia… Alex taglia la strada e si dirige verso di lei. Niki cammina con le mani nelle tasche dei jeans, dando ogni tanto un calcio a qualcosa. Tiene la testa bassa, guarda per terra e a tratti la scuote come se non fosse d'accordo con qualcuno, come se stesse discutendo al telefono… Infatti, ora che è più vicino, Alex vede che ha un auricolare all'orecchio. Con chi starà parlando? E lo assale un'assurda gelosia. Cosa starà dicendo? Riderà? Userà parole d'amore, tenere, battute, tormentoni, frasi romantiche? Ed è così travolto da quest'improvvisa valanga di pensieri che vorrebbe fuggire, andarsene, scappare lontano. Poi guarda meglio e si accorge che ha un auricolare anche all'altro orecchio. Fiuuu. Fa come un sospiro di sollievo. Non sta parlando con nessuno. Sta ascoltando della musica. Ecco perché muoveva la testa, ballava, teneva il ritmo. E adesso è come se Niki avesse avvertito la sua presenza anche senza vederlo. Allora alza il viso. E Niki ha uno sguardo così delicato. Degli occhi che Alex riconosce subito. Hanno pianto molto. Hanno sofferto. Sono stanchi, sfiniti, hanno bisogno di parlare. E si sente stringere lo stomaco. No, Niki… Ti prego, non mi dire nulla. Poi lei accenna un sorriso lieve, appannato, debole, e si leva gli auricolari.