Generalmente mi dice tutto.
– Davvero! Mi sorprende che debba dirti qualcosa.
Immagino che tu sappia tutto ancora prima che te lo dica lui.
– Di solito e cosi. – E sorrise.
Cominciava a sentirsi a suo agio.
Il nuovo venuto era piuttosto anziano per lei, ma aveva un aspetto molto distinto, i capelli neri ondulati e gli occhi azzurri.
Forse avrebbe incontrato un uomo cosi quando sarebbe diventata piu grande.
– E adesso dimmi – le chiese lui, – come hai fatto a sapere che ero io la persona che tuo padre aspettava? – E chi altro poteva essere? Aspettava qualcuno in gran segreto, non so se mi spiego… ed ecco che arrivate voi saltando dalle finestre, invece di entrare dalla porta di ingresso, come avreste dovuto fare se foste stata una persona di buon senso. – Poi si ricordo la sua battuta preferita. – Gli uomini sono cosi stupidi! – aggiunse.
– Sei abbastanza sicura di te vero bambina? Scusami signorina.
Potresti anche sbagliarti.
E se io ti dicessi che ignoro tutto cio e che non sono affatto la persona che tuo padre aspetta? – Non ci credo.
Vi ho detto di entrare solo dopo che ho visto che facevate cadere una borsa.
– Una… cosa? – La vostra borsa, giovanotto.
Non sono cieca.
E non l'avete lasciata cadere per caso, perche prima avete guardato bene per essere sicuro del punto dove cadeva.
Quando vi siete assicurato che sarebbe caduta in un punto nascosto, l'avete lasciata andare e non vi siete voltato a guardare.
Ora, poiche siete passato dalla finestra invece che dalla porta, era evidente che dovevate avere una qualche paura a entrare in casa prima di averla ispezionata.
E poiche io ho complicato un po le cose per voi, vi siete preoccupato anzitutto di mettere in salvo la valigetta prima di preoccuparvi di voi stesso, il che significa che quella borsa ha piu valore della vostra stessa incolumita personale, cosi che fino a quando vi troverete qui e la valigetta la fuori (e noi sappiamo che si trova fuori) probabilmente non potrete muovervi.
Si fermo per riprendere fiato e il giovane intervenne. – Potrei sempre strangolarti e andarmene via dopo aver recuperato la valigetta.
– Voi non sapete, giovanotto, che sotto il letto ho una mazza da baseball, e posso afferrarla in due secondi da questa posizione seduta, e sono una ragazza abbastanza forte.
I due rimasero in silenzio.
Poi, con cortesia forzata, il giovane disse: Posso presentarmi, visto che siete cosi intelligente? Mi chiamo Pelleas Anthor.
E tu come ti chiami? – Arc…
Arcady Darell.
Felice di conoscervi.
– E ora.
Arcady, che ne diresti di fare la brava bambina e andare a chiamare tuo padre? Arcadia assunse un aria offesa. – Non sono affatto una brava bambina.
E voi siete abbastanza maleducato… visto soprattutto che mi state chiedendo un favore.
Pelleas Anthor sospiro. – Benissimo.
Vuoi essere cosi gentile, piccola e cara vecchietta di chiamare tuo padre? – Non intendevo che mi chiamaste nemmeno a quel modo, ma adesso lo avverto.
Ma badate, giovanotto, che non vi tolgo gli occhi di dosso. – E comincio a battere i piedi sul pavimento.
Si senti un rumore di passi affrettati su per le scale e la porta si spalanco.
– Arcadia.. – Il dottor Darell si interruppe, guardo il nuovo venuto e disse: – Chi siete? Pelleas si alzo con aria di sollievo. – Dottor Toran Darell? Sono Pelleas Anthor.
Avete ricevuto il mio messaggio, immagino.
Perlomeno cosi mi ha detto vostra figlia.
– Che cosa ha detto mia figlia? – E aggrottando la fronte si chino a guardare la bambina che aveva assunto un'aria del tutto innocente.
– Si, disse infine il dottor Darell, – vi stavo aspettando.
Vi dispiacerebbe seguirmi dabbasso? – Si interruppe per osservare il transcrittore ancora acceso.
Arcadia ne segui lo sguardo.
Si precipito verso l'apparecchio, ma fu inutile, visto che il padre era in piedi vicino alla macchina. – E l'hai lasciato acceso tutto questo tempo, Arcadia? – Papa – si lamento la ragazza, – non e bello leggere i discorsi degli altri.
– Eh no – disse il padre – e un tuo dialogo con uno straniero nella tua stanza da letto! Come padre, Arcadia, devo vigilare su di te.
– Dannazione… non e niente di tutto questo.
Pelleas sorrise. – No, no, e giusto dottor Darell.
La signorina mi stava accusando di ogni sorta di cattive intenzioni, e devo insistere che voi leggiate, se non altro per salvare la mia reputazione.
Arcadia riusci a stento a trattenere le lacrime.
Nemmeno suo padre si fidava di lei.
Quel maledetto transcrittore… se quello stupido non fosse venuto a sbirciare dalla finestra, facendole dimenticare di spegnerlo…
E adesso suo padre avrebbe cominciato a farle la solita predica su tutto cio che una signorina per bene non deve fare e, a starlo a sentire, c'erano ben poche cose permesse.
– Arcadia – disse il padre gentilmente, – mi stupisce che una signorina…
Lo sapeva gia.
Diceva sempre cosi.
– … sia cosi impertinente con le persone piu anziane di lei.
– E allora perche e venuto a curiosare alla mia finestra? Una signorina ha ben diritto a un po di tranquillita…
E ora dovro rifare tutto il tema per la seconda volta.
– Non sta a te giudicare la legittimita delle azioni di questo signore.
Avresti dovuto semplicemente non lasciarlo entrare.
Avresti dovuto venirmi a chiamare immediatamente, specialmente se pensavi che io lo stessi aspettando.
Lei rispose piagnucolando: – Sarebbe stato forse meglio che non l'avessi visto…
E capace di mandare a monte ogni cosa se insiste a passare dalle finestre invece che dalle porte.
– Arcadia, nessuno ha chiesto la tua opinione su un argomento di cui non conosci assolutamente nulla.
– Ma io so di che si tratta.
E' la Seconda Fondazione, ecco cos'e.
Nella camera piombo il silenzio piu assoluto.
Persino Arcadia avverti il nervosismo nell'aria.
Il dottor Darell chiese a bassa voce: – Chi te l'ha detto? – Nessuno, ma per che cosa d'altro sarebbe stato necessario tanto mistero? Ma non ti preoccupare, comunque, non lo diro a nessuno.
– Signor Anthor – disse il dottor Darell, – mi dovete scusare.
– Figuratevi – rispose Anthor seccato. – Non e colpa vostra, dottore, se vostra figlia ha venduto l'anima alle forze delle tenebre.
Ma vi dispiace se le faccio una domanda prima che ne andiamo? Signorina Arcadia…
– Che cosa volete? – Perche pensate che sia stupido passare dalle finestre invece che dalle porte? – Semplicissimo, perche in questo modo fate pubblicita a quello che cercate di nascondere.
Se io ho un segreto, non mi metto un cerotto sulla bocca in modo da far sapere a tutti che non voglio parlare.
Parlo invece normalmente come al solito, ma di qiualcos'altro.
Non avete mai letto qualche proverbio di Salvor Hardin? E stato il nostro primo sindaco, lo sapete? – Si, lo so.
– Bene, era solito dire che una bugia che avesse vergogna di se, non aveva possibilita di successo.
Diceva anche che niente doveva essere vero, ma che doveva sembrare vero.
Ebbene, passando dalla finestra e stato come dire una bugia che aveva vergogna di se, per cui non posso credere alla vostra sincerita.
– Allora cosa avrei dovuto fare? – Se volevate vedere mio padre in gran segreto, avreste dovuto fare in modo di incontrarlo apertamente davanti a un mucchio di testimoni.
Poi, quando tutti vi avrebbero creduto amici, sareste potuto entrare normalmente dalla porta senza che nessuno ci trovasse niente di strano.
Anthor guardo la ragazza con occhi strani, poi si rivolse al dottor Darell.
– Andiamo – disse, – devo passare in giardino a prendere la borsa.
Un momento! Ancora una domanda, Arcadia.
Hai veramente una mazza di baseball sotto il letto? – No.
– L'avevo immaginato.
Il dottor Darell si fermo sulla porta. – Arcadia – disse, – quando riscriverai il tema su Hari Seldon, non fare la misteriosa quando parli di tua nonna.
Anzi credo che non sia affatto necessario che tu parli di lei.
I due scesero le scale in silenzio.
Poi Pelleas chiese: – Scusatemi, dottore, quanti anni ha vostra figlia? – Quattordici compiuti l'altro ieri.
– Quattordici? Per la Galassia…
Ditemi, ha intenzione di sposarsi un giorno? – No, che io sappia.
– Bene, se mai le venisse in mente, sparategli, intendo dire, sparate al giovane che sta per sposare. – Guardo l'altro negli occhi. – Dico sul serio.
Dev'essere terribile vivere con lei quando avra vent'anni.
Non che voglia offendervi, dottore.
– No, non mi offendo.
Capisco che cosa intendete dire.
L'oggetto delle loro discussioni, al piano di sopra, osservava con disgusto il transcrittore. – Sviluppi futuri del Progetto Seldon – disse farfugliando.
Il transcrittore, con grande eleganza trascrisse chiaramente quel borbottio: Sviluppi futuri del Progetto Seldon.
8. Il piano di Seldon
Matematica…
La sintesi del calcolo di n-variabili e di n-geometrie dimensionali e la base di quello che Seldon una volta chiamo «la mia piccola algebra dell'umanita»…
Prendiamo in considerazione una stanza.
Dove si trovi questa stanza non ha importanza.
E' sufficiente dire che in quella stanza, piu che in ogni altro luogo, esisteva la Seconda Fondazione.
Era una stanza che, per secoli, era stata il ricettacolo della scienza pura tuttavia in quel luogo non v'erano alcuni di quegli strumenti che, da millenni, si trovavano in ogni laboratorio scientifico.
Era una scienza che si occupava esclusivamente di concetti matematici, in forma simile alle speculazioni di quelle antiche razze che erano vissute in tempi preistorici prima che la tecnologia facesse la sua comparsa, prima che l'Uomo popolasse la Galassia partendo da un singolo mondo ora ignoto.
In quella stanza, protetto da quella scienza mentale, cosi inaccessibile che tutta la potenza fisica del resto della Galassia non sarebbe bastata ad attaccarlo, si trovava il Radiante Fondamentale che conteneva in se tutto il Piano Seldon.