Poco prima dell'inizio dell'estate vera e propria, non appena terminato di compilare il rapporto finanziario dell'anno fiscale, Homir Munn si accerto di essere stato sostituito da un abile bibliotecario e diede disposizioni perche la sua astronave Unimara, questo nome si riferiva a un tenero episodio accaduto piu di vent'anni prima, venisse fatta uscire dagli hangar dove era rimasta custodita tutto l'inverno.
Lascio Teminus pieno di risentimento.
Nessuno era venuto a salutarlo alla partenza.
Era una cosa perfettamente naturale visto che nemmeno in passato gli amici l'avevano accompagnato allo spazioporto.
Sapeva perfettamente che era importante che questo viaggio non fosse diverso dagli altri che aveva fatto, eppure era seccato.
Lui, Homir Munn, si accingeva a una missione dove avrebbe rischiato l'osso del collo, eppure era costretto a partire da solo.
Perlomeno, cosi pensava lui.
E appunto perche le sue supposizioni erano sbagliate il giorno seguente sia sull'Unimara sia nella villetta del dottor Darell, accaddero molti imprevisti.
Se ne accorse per primo il dottor Darell, per mezzo di Poli, la cameriera, ormai tornata dalla vacanza.
Poli s'era precipitata giu dalle scale gridando.
Il buon dottore le era andato incontro e la poverina aveva cercato di balbettare qualcosa finendo poi per consegnare al dottore, senza una parola, un oggetto cubico e un foglio di carta.
Il dottor Darell la guardo sorpreso e disse: – Che cosa succede? – Se n'e andata, dottore.
– Chi? – Arcadia! – Che cosa stai dicendo? Andata dove? Che modo di spiegarsi! Lei batte il piede spazientita. – Non lo so.
Se n'e andata.
S'e portata via una valigia e pochi vestiti e poi c'e questa lettera.
Perche non la leggete, invece di stare li impalato? Oh questi uomini! Il dottor Darell scosse la testa e apri la busta.
La lettera non era lunga, ed era stata scritta, eccetto la firma, con il nuovo transcrittore.
Caro papa sarebbe stato troppo doloroso salutarti di persona.
Forse mi sarei messa a piangere come una bambina e tu ti saresti vergognato di me.
Per cui ho deciso di scriverti una lettera per dirti quanto mi mancherai, anche se passero un'estate meravigliosa con lo zio Homir.
Saro brava e non tardero a tornare a casa.
Nel frattempo, ti lascio qualcosa di mio.
Lo potrai usare fino al mio ritorno.
Con affetto, tua figlia Arcady
Rilesse la lettera parecchie volte diventando sempre piu pallido. – Poli – disse cercando di controllarsi, – hai letto la lettera? Poli si mise immediatamente sulla difensiva. – Non potete certo rimproverarmelo, dottore.
Sulla busta c'era scritto Poli e non avevo modo di sapere che la lettera era indirizzata a voi.
Non sono una ficcanaso, dottore.
Sono dieci anni che sono qui.
Darell alzo la mano per fermare quel fiume di parole. – D'accordo, Poli, d'accordo.
Non ha importanza.
Volevo solo sapere se avevi capito quello che era successo.
Stava pensando rapidamente.
Era inutile dirle di dimenticare l'episodio: dare un consiglio del genere era come rendere l'episodio piu importante, ottenendo l'effetto contrario.
Disse invece: – E' sempre stata una strana ragazza.
Molto romantica.
Da quando avevamo deciso di mandarla in vacanza con lo zio questa estate non riusciva a stare tranquilla.
– Perche non mi avete detto che partiva? – L'avevamo deciso quando tu eri via, e poi ce ne siamo dimenticati.
Non c'e niente di piu normale.
Poli era indignata. – Semplicissimo? E la poverina adesso e partita con una sola valigia, senza nemmeno un guardaroba decente.
E quanto stara via? – Non vedo perche ti preoccupi, Poli.
Sull'astronave avra un mucchio di abiti pronti.
Avevamo preparato gia tutto.
Puoi chiamarmi il signor Anthor per favore, vorrei parlargli.
E questo l'oggetto che mi ha lasciato Arcadia? – se lo giro fra le mani.
Poli scosse la testa. – Non lo so.
La lettera era sopra questa scatola, non so altro.
Dimenticato di dirmelo eh gia! Se fosse viva la povera mamma…
Darell la interruppe: – Per favore, chiamami il signor Anthor.
Il punto di vista di Anthor era completamente differente da quello del padre di Arcadia.
Dopo le prime parole, salto su gesticolando.
– Per la Galassia che cosa stiamo aspettando? Andiamo inmmediatamente allo spazioporto e mettiamoci in contatto con l'Unimara.
– Vacci piano, Anthor, si tratta di mia figlia.
– No, si tratta della Galassia.
– Calmati.
Arcadia e una ragazza intelligente, Pelleas, e ha pensato a tutto per bene.
E' meglio che seguiamo i suoi consigli.
Sai cos'e questo? – No.
Che importanza ha? – E' un ricevitore di suoni.
– Quella scatola li? – E' stata fatta da un dilettante, ma funziona.
L'ho provato.
Non vedi? E' un modo per avvertirci che ha ascoltato la nostra conversazione.
Lei sa dove sta andando Homir Munn e perche.
E ha deciso che sarebbe stato eccitante andare con lui.
– Per la Galassia – ruggi il giovane. – Un'altra vittima per la Seconda Fondazione.
– Non cie ragione perche la Seconda Fondazione dovrebbe a priori sospettare di una ragazzina di quattordici anni, a meno che non si faccia qualcosa per attirare l'attenzione su di lei, come chiamare indietro una nave dallo spazio per nessun'altra ragione che per farla tornare qui.
Sta, dimenticando chi sono i nostri nemici? Quanto sia facile per loro scoprirci? E quanto inutili sarebbero le nostre azioni dopo? – Ma non possiamo far dipendere tutto da una bambina malata di mente.
– Mia figlia non e matta, e non abbiamo altra scelta.
Avrebbe potuto anche non scrivere la lettera, ma l'ha fatto per impedirci di andare alla polizia per far ricercare una bambina perduta.
La sua lettera ci suggerisce come dobbiamo comportarci.
Lei e stata invitata a passare le vacanze con Munn.
E perche no? Siamo amici da vent'anni.
Lui la conosce da quando aveva tre anni, quando mi sono trasferito qui da Trantor.
E' una cosa perfettamente naturale, anzi, dovrebbe far diminuire i sospetti.
Una spia non si porta dietro nipoti quattordicenni.
– Capisco.
Ma che dira Munn quando la trovera? Il dottor Darell abbasso le palpebre. – Non saprei… ma sono sicuro che lei sapra convincerlo.
Ma la sera si senti solo in casa e scopri che il destino della Galassia gli interessava assai poco ora che la vita di sua figlia era in pericolo.
L'eccitazione sull'animare, malgrado il ristretto numero di persone, fu considerevolmente piu intensa.
Arcadia s'era accomodata alla meno peggio nello scomparto dei bagagli.
Sopporto con pazienza la nausea che le procuro l'accelerazione iniziale e il primo balzo nell'iperspazio.
Non era la prima volta che viaggiava nello spazio, e quindi c'era abituata.
Sapeva inoltre che lo scomparto dei bagagli era compreso nel sistema di ventilazione della nave e che, volendo avrebbe potuto persino accendere la luce.
Preferi tuttavia rimanere ai buio, come si conviene a un perfetto cospiratore, respirando lievemente e ascoltando tutti i rumori.
Si sentivano i passi di Homir Munn, il tintinnare del metallo, il cigolio di una sedia che cedeva sotto il peso, lo scatto di una unita di controllo, o il leggero urto del palmo di una mano su una cellula fotoelettrica.
Arcadia aveva calcolato tutto tranne alcuni elementi base.
Nei libri e alla televisione il clandestino sembrava avere una serie di luoghi per tenersi nascosto.
Naturalmente c'era sempre il pericolo di tradirsi facendo cadere qualcosa o starnutendo: nel video, generalmente li scoprivano per uno starnuto.
Ma lei questo l'aveva calcolato e faceva attenzione.
Si rendeva anche conto che la sete o la fame avrebbero potuto costringerla a uscire.
Per questa ragione s'era portata dei viveri da casa.
Ma c'e un'altra cosa che nei film dimenticano sempre di descrivere, e proprio cio accadde ad Arcadia.
Malgrado le migliori intenzioni, s'accorse che non poteva stare chiusa nello scompartimento piu di un tempo limitato.
Su un'astronave con un uomo d'equipaggio, come l' Unimara, lo spazio abitabile consisteva essenzialmente di una sola stanza, in modo che non c'era nemmeno la possibilita di scivolare fuori dallo scomparto bagagli quando Munn fosse stato impegnato in un'altra stanza.
Cosi si dispose ad aspettare con impazienza che lui si addormentasse.
Se l'avesse sentito russare, avrebbe potuto localizzare la cuccetta e avrebbe saputo quando uscire.
Senti un lungo respiro e uno sbadiglio.
Aspetto ancora un poco.
Senti che cambiava posizione.
La porta dello scompartimento si apri facilmente e lei si sporse a guardare.
Homir Munn era sveglio, naturalmente, e stava leggendo a letto, illuminato dalla luce di una lampadina.
Giro la testa e infilo un braccio sotto il cuscino.
Arcadia ritiro la testa velocemente.
La luce si spense e Munn con voce tremante disse: – Ho in mano un fulminatore e per la Galassia, sparero…
Arcadia rispose debolmente: – Sono solo io.
Non sparare.
Si accesero tutte le luci su tutta la nave, e Munn si mise seduto sul letto.
Arcadia usci dal suo nascondiglio riparandosi dietro la sua giacchetta di metallene che era garantita contro le pieghe.
Munn rimase per un istante immobile, poi quasi salto dal letto.
Riprendendosi, tiro su le lenzuola fino al mento. – C…c…osa…
Le sue parole erano incomprensibili.
– Ti dispiace aspettare un momento – disse Arcadia con una vocetta gentile, – devo andare a lavarmi le mani. – Sapeva dove dirigersi, aveva ispezionato l'astronave prima di nascondersi, e si dileguo velocissima.
Quando torno, Homir Munn era in piedi nella stanza e indossava una vestaglia a colori sgargianti.
Era furioso.
– Che cosa…a dia…volo f…ai qui s…ull'astronave? C…ome hai fat…to a s…alire a bordo? C…he f…accio adesso? Avrebbe continuato a fare domande all'infinito se Arcadia non l'avesse interrotto. – Avevo voglia di venire con te, zio Homir.
– M…ma ma io n…on sto andando da n…nessuna parte! – Stai andando su Kalgan a cercare informazioni sulla Seconda Fondazione.