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Il vecchio se l'e portato in ufficio per interrogarlo.

Tutti sono convinti che si tratti di una spia.

– Vai a dire al vecchio che lo conosco, se veramente e quello che afferma di essere.

Mi assumo io ogni responsabilita.

Il capitano Dixyl, sulla nave ammiraglia della Terza flotta, osservava accuratamente il Gran Rivelatore.

Nessuna nave non avrebbe potuto evitare di essere una fonte di energia subatomica nemmeno se l'astronave fosse rimasta inerte nello spazio, e ogni punto focale di questa radiazione si tramutava in una piccola scintilla nel campo tridimensionale.

Tutte le astronavi della Fondazione erano state contate e non esistevano altre scintille, ora che la piccola astronave spia che diceva di essere neutrale era stata intercettata e catturata.

Per un momento quella nave estranea aveva creato confusione.

Forse era necessario cambiare tutte le tattiche.

– Siete sicuro di aver capito? – disse.

Il comandante Cenn annui. – Mandero il mio squadrone nell'iperspazio: raggio dieci parsec, theta, 268,52 gradi, phi, 84.15 gradi.

Tornero alla base alle tredici e trenta.

Rimarro assente un totale di undici ore e ottantatre centesimi.

– Esatto.

Mi raccomando, noi contiamo proprio sulla vostra precisione sia di spazio sia di tempo.

Capito? – Si, capitano. – Guardo il suo orologio da polso. – Le mie astronavi saranno pronte per la una e quaranta centesimi.

– Bene – disse il capitano Dixyl.

Lo squadrone kalganiano non era ancora entro il raggio del Rivelatore ma non avrebbe tardato.

Avevano ricevuto un'informazione attendibile.

Senza lo squadrone di Cenn, le forze della Fondazione erano inferiori di numero, ma il capitano aveva fiducia.

Molta.

Preem Palver si guardava intorno con aria triste.

Prima era stata la volta dell'ammiraglio alto e magro; poi gli altri, tutti in uniforme; e ora c'era quest'ultimo, alto e grosso, con il colletto aperto e senza cravatta – ben diverso dagli altri – che voleva parlare con lui.

Jole Turbor stava dicendo: – Mi rendo perfettamente conto, ammiraglio, della situazione delicata in cui vi trovate, ma io vi dico che se mi permettete di parlargli per pochi minuti, forse saro in grado di eliminare ogni dubbio.

– E per quale ragione non volete interrogarlo in mia presenza? Turbor strinse le labbra e poi rispose ostinato. – Ammiraglio – disse – da quando sono stato aggregato alla vostra flotta, la Terza flotta ha avuto un ottimo trattamento stampa.

Voi potete benissimo mettere due uomini di guardia fuori dalla porta, se volete, e tornare fra cinque minuti.

Se mi fate questo favore, state pur certo che le vostre relazioni pubbliche non ne soffriranno.

Mi capite? L'ammiraglio capi.

Appena rimasto solo, Turbor si rivolse a Palver e disse: – Presto, come si chiama la ragazza che tenete a casa vostra? Palver riusci semplicemente a spalancare gli occhi sorpreso e a scuotere la testa.

– Niente sciocchezze – l'avverti Turbor. – Se non rispondete sarete considerato una spia, e le spie in tempo di guerra vengono fucilate.

– Arcadia Darell – borbotto Palver.

– Bene.

Avanti, continuate.

E' sana e salva? Palver annui.

– Sara meglio che diciate la verita, altrimenti non garantisco della vostra, incolumita.

– E in ottima salute, e non e affatto in pericolo – ripete Palver.

L'ammiraglio torno.

– Ebbene? – Quest'uomo, signore, non e una spia.

Potete credere alle sue parole.

Ne rispondo personalmente.

– Bene – l'ammiraglio s'acciglio. – Allora e vero che rappresentate una cooperativa agricola di Trantor che ha intenzione di allacciare rapporti commerciali con la Fondazione per trasportare rifornimenti di grano e patate? Bene, ma per ora non se ne potra andare.

– E perche no? – Perche siamo nel pieno di una battaglia.

Quando sara finita, se saremo ancora in vita, verra scortato su Terminus.

La flotta kalganiana intercetto le navi della Fondazione da una distanza incredibile e a sua volta venne intercettata.

Apparvero come minuscole lucciole sugli schermi dei Gran Rivelatori di ambedue le flotte.

Si avvicinarono lentamente.

L'ammiraglio della Fondazione corrugo la fronte. – Pare che facciano sul serio.

Guarda quanti sono. – Poi dopo una pausa aggiunse: – Non ce la faranno, no di certo se lo squadrone di Cenn arriva in tempo.

Il comandante Cenn era partito gia da parecchie ore prima che avvenisse il primo contatto.

Ormai non si poteva piu cambiare il piano.

O andava o non andava.

Ma l'ammiraglio sembrava tranquillo.

E cosi gli ufficiali, come gli uomini di truppa.

Di nuovo si chino a osservare quelle lucciole.

Come in un balletto foriero di morte, luccicavano in precisa formazione.

La flotta della Fondazione indietreggio impercettibilmente.

Le ore passavano e la flotta arretrava lentamente, portando il nemico leggermente fuori corso.

Nella mente di coloro che avevano elaborato il piano, la flotta kalganiana doveva occupare una certa porzione di spazio.

Le astronavi della Fondazione si allontanavano da quello spazio mentre le navi kalganiane vi entravano in numero sempre maggiore.

Quelle navi che tentavano di uscire dalla zona prestabilita venivano attaccate senza risparmio.

Le altre erano lasciate passare.

Tutto dipendeva dall'esitazione delle navi di Kalgan a prendere l'iniziativa dal loro non voler essere attaccate.

Il capitano Dixyl guardo il suo orologio da polso.

Erano le 13.10.

– Abbiamo ancora venti minuti – disse.

Il tenente che gli stava a fianco annui tutto teso. – Sembra che finora le cose si mettano bene, capitano.

Piu del novanta per cento sono dentro la sacca.

Se riusciamo a tenerle a bada…

– Eh gia.

Se…

Le navi della Fondazione ora avanzavano lentamente, molto lentamente.

Non abbastanza da spingere i kalganiani in ritirata ma abbastanza da scoraggiare la loro avanzata.

Preferivano aspettare.

I minuti passavano.

Alle 13.25 il campanello d'allarme suono in tutte le settantacinque astronavi in formazione che partirono tutte contemporaneamente all'attacco del grosso della flotta kalganiana, forte di trecento astronavi.

I kalganiani misero in azione gli scudi protettivi.

Li concentrarono tutti nella medesima direzione, verso i folli attaccanti che s'erano lanciati alla disperata in avanti…

Alle 13,30, cinquanta astronavi, al comando di Cenn, comparvero dal nulla, in formazione serrata attraverso l'iperspazio nella zona calcolata e al momento esatto.

Si lanciarono in un assalto furioso alle spalle delle forze kalganiane prese alla sprovvista.

La trappola funziono alla Perfezione.

I kalganiani avevano altre navi libere ai lati, ma non avevano modo di riorganizzarle.

Presi dal panico, si disposero a fuggire e la formazione, una volta spezzata, divenne piu vulnerabile, mentre le stesse navi in fuga si intralciavano a vicenda.

Dopo pochi istanti, la battaglia era diventata una semplice caccia al topo.

Delle trecento navi kalganiane, il nucleo e l'orgoglio di tutta la flotta, solo sessanta o poco piu, molte delle quali in condizioni pietose, tornarono alla base.

La Fondazione aveva perso otto navi delle centoventicinque che avevano preso parte allo scontro.

Preem Palver atterro su Terminus nel pieno delle celebrazioni per la vittoria.

La confusione gli fece perdere un bel po di tempo ma prima d'aver lasciato il pianeta, era riuscito a concludere due cose e aveva ricevuto un messaggio.

In primo luogo aveva concluso un accordo per il quale la cooperativa di Palver si impegnava a spedire venti astronavi al mese cariche di prodotti agricoli per un anno a un prezzo di guerra, senza, grazie alla recente battaglia dover correre un corrispondente rischio adeguato.

In secondo luogo, aveva trasmesso lo strano messaggio di Arcadia, composto da sei parole al dottor Darell.

Per un momento, il dottor Darell l'aveva guardato sorpreso, poi gli aveva dato una risposta da trasmettere ad Arcadia.

Il messaggio era: – Torna ora.

Non c'e pericolo.

Stettin era fuori di se.

Vedeva tutta la sua meravigliosa macchina militare sgretolarsi.

Non poteva porvi rimedio e lo sapeva.

Non dormiva tranquillo ormai da settimane.

Da tre giorni non si radeva piu.

I suoi ammiragli erano abbandonati a se stessi e nessuno meglio di lui sapeva che fra breve non ci sarebbe stato bisogno di un'altra sconfitta, per esser costretto a dover fronteggiare una ribellione interna.

Lev Meirus, il Primo Ministro, non gli era d'aiuto.

Rimaneva in piedi davanti a lui, calmo e indecentemente vecchio, passandosi nervosamente la mano sulla riga che gli correva dal naso al mento.

– E allora – gli grido Stettin, – pensate anche voi a qualcosa.

Vi rendete conto che siamo stati sconfitti? Sconfitti! E perche? Il perche non lo so.

Siamo stati sconfitti e non ne so il perche.

E voi sapete darmi una risposta? – Penso di si – rispose Meirus senza perdere la calma.

– Il tradimento! – urlo Stettin. – Voi sapevate che c'era qualcuno che tradiva e non me l'avete detto.

Voi avete servito prima di me il Primo Cittadino che io ho detronizzato, e ora pensate di servire il prossimo che detronizzera me.

Se e cosi, vi strappero le budella e le brucero davanti ai vostri occhi.

Meirus non si scompose. – Vi ho fatto presente i miei dubbi, non una ma molte volte.

Vi ho urlato nelle orecchie ma voi avete preferito ascoltare i consigli di altri che solleticavano la vostra vanita.

Se non volete ascoltarmi neanche adesso, Signore, me ne andro, e mi preparero a trattare con il vostro successore, la cui prima azione, senza dubbio, sara quella di firmare la pace.

Stettin lo guardo con gli occhi iniettati di sangue, stringendo i pugni.

– Parlate, vecchia rapa.

Parlate! – Vi ho spesso ripetuto, Signore, che voi non siete il Mulo.

Potete controllare astronavi e armi ma non potete controllare le menti dei vostri sudditi.

Vi rendete conto, Signore, contro chi state combattendo? Siete in guerra contro la Fondazione, che non e mai stata sconfitta, la Fondazione protetta dal Progetto Seldon, la Fondazione destinata a costruire un nuovo Impero.