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— Paul! — gridò Dom. — Potete disattivare i dispositivi di sicurezza del compartimento stagno della stiva?

— Affermativo.

— Fatelo. Il compartimento esterno dello scafo è aperto?

— Affermativo. Io sono nel vuoto.

— Quando ve lo dico, tenetevi forte da qualche parte e fate saltare il portello di questa camera stagna. Non mettetevi nel mezzo: verrà risucchiata fuori un mucchio d’acqua.

— Ho capito — disse Jensen. — Ci vorrà un minuto.

— Avete giusto poco più di un minuto — disse J.J.

— Dispositivi di sicurezza disattivati — disse Jensen. — Non funzionano bene. Hanno bisogno di qualche riparazione.

— Ci penseremo dopo — disse Dom. — Fate saltare subito questo portello.

Si piazzò contro il portello, tenendo il sacchetto stagno con la carica proteso verso il ponte. Quando il portello si fosse aperto, il vuoto nel corridoio e lo spazio dietro avrebbero risucchiato con forza tremenda tutta l’acqua del compartimento.

— Pronti — disse Jensen.

Il portello cominciò ad aprirsi. Si sentì un sibilo furioso, a causa della decompressione violenta che risucchiava l’acqua dalla camera stagna. Il risucchio fu così violento, che Dom per poco non fu trascinato via; si aggrappò con una mano a un sostegno, mentre la carica gli veniva strappata di mano dal potente risucchio. La bomba sbatté contro il portello mezzo aperto, poi fu proiettata fuori. Quindi, con la stessa rapidità con cui era cominciata, la decompressione finì, e si fece silenzio. Dom chiuse gli occhi e aspettò l’esplosione. Il portello della camera stagna continuò a salire. Dom guardò nel corridoio e vide Jensen ancora aggrappato ai sostegni. Se ci fosse stata un’altra bomba, a bordo, sarebbe scoppiata adesso.

L’esplosione avvenne nello spazio a circa cinquanta metri dalla nave e leggermente a poppa rispetto al portello esterno aperto, per cui Dom non la sentì. Quella bomba che sarebbe stata spaventosamente distruttiva se fosse esplosa nella stiva piena produsse una detonazione insignificante, nel vuoto dello spazio. Quando in seguito si esaminò lo scafo, si vide che nel rivestimento esterno c’era qualche danno di modestissima entità.

— Signor Jensen — disse Dom, molto formalmente e molto sommessamente — potete chiudere il portello esterno.

Percorse il corridoio e scoprì che ciascun membro dell’equipaggio era al suo posto, e che la notizia del lancio delle capsule gli era stata data per tranquillizzarlo. Da un lato si arrabbiò perché avevano disobbedito ai suoi ordini, dall’altro si commosse nel vedere che tutti quanti avevano rischiato la vita restando a bordo e facendo tutto il possibile per aiutarlo a salvare la nave.

— Cosa posso dire? — disse J.J. — «Un buon lavoro» sarebbe un’espressione inadeguata, data la posta in gioco che c’era.

— Potrai dire quello che hai da dire quando ti metterò a rapporto per avere ignorato gli ordini del Comandante — disse Dom.

Si sentì d’un tratto le ginocchia molli e dovette sedersi. Doris gli porse una tazza di caffè fumante.

— Credo di avere creato un mostro — disse J.J. — Concedete a un ufficiale subalterno un po’ di autorità, e il potere gli darà subito alla testa.

— Risparmiati le chiacchiere — disse Dom. — Presto avrai bisogno di tutte le tue energie. Voglio che la nave venga esaminata il più accuratamente possibile. Non voglio più sorprese. Desidero che siano controllati tutti i circuiti, tutti i componenti, tutti i centimetri quadrati che la compongono.

Doris lo stava guardando con uno strano sorrisetto sulle labbra.

— E tu? — disse Dom. — Credevo al sicuro anche te sulla capsula.

— Scusa — disse lei — ma non potevo. C’erano varie ragioni per non doverlo fare.

— Dom — disse Neil — nessuno di noi se la sarebbe mai sentita di lasciar distruggere questa nave e tornare sulla Luna con una scialuppa di salvataggio.

Dom pensò alle «varie ragioni» che Doris aveva avuto per restare sulla nave finché lui era lì a bordo e correva un pericolo.

— D’accordo — disse. — Immagino che dovrei esservi riconoscente. In effetti lo sono, ma come Comandante di questa nave, desidero che si sappia che non voglio altri ammutinamenti. Chiaro?

— Sissignore — disse J.J. sorridendo.

— Ammiraglio — disse Dom — cominciamo il controllo. Tu puoi cominciare dalle traverse.

E tutti gli angolini furono controllati negli estenuanti giorni che seguirono. Alla fine, l’equipaggio constatò con soddisfazione che la Kennedy non riservava più spiacevoli sorprese. Si rivelò esatta l’ipotesi che i circuiti dei portelli degli sbarramenti stagni di riserva fossero stati bruciati con una carica acida regolata col timer. Il danno non era grave. A poche ore dall’esplosione della bomba nello spazio, i terristi che si erano impadroniti della stazione otto-cinque furono uccisi. Intanto, nei giorni successivi, durante i quali sulla Kennedy si procedette al controllo delle apparecchiature, Marte cessò di apparire come una stella e divenne un piccolo globo, un disco rosso poco appariscente che cresceva rapidamente a mano a mano che le attività a bordo si stabilizzavano nella consueta routine.

9

Nello spazio profondo le navi diventano come piccoli mondi. Anche se sono sempre in contatto radio con la Luna e con le stazioni più potenti di Houston e delMINESPOV, tale contatto è limitato alle comunicazioni ufficiali e formali. I messaggi radio della Kennedy avrebbero dovuto essere più numerosi di quelli di una nave ordinaria, dato che la grande astrocisterna aveva un computer di una tale potenza da valere quelli delle due principali stazioni di controllo messe insieme. Ma poiché chiunque avesse avuto sulla Terra un ricevitore potente avrebbe potuto controllare i canali della nave, la Kennedy si limitava a fornire le informazioni che poteva spedire senza pericolo.

Tuttavia, quando si ricominciò con la normale routine e i turni di guardia si fecero lunghi e noiosi, il passatempo preferito divenne ascoltare lo scambio di informazioni tra le navi nello spazio e le basi di controllo sulla Terra.

Trovarsi nello spazio profondo significava non sapere nulla degli avvenimenti sulla Terra, perché le trasmissioni quotidiane rivolte agli spaziali provenivano dalle stazioni controllate dal governo. Il contenuto di tali programmi consisteva per lo più di sfrontata pubblicità fatta all’attuale politica dei populcratici, e di promesse sull’Utopia prossima ventura.

Mai, in nessuna occasione, si accennò al tentativo che era stato fatto di distruggere la Kennedy, né alla morte dei terristi sulla Luna.

Ai vecchi tempi gli spaziali che compivano un’impresa erano trattati con ogni attenzione. Nel corso dei primi voli su Marte la noia veniva in parte scacciata da trasmissioni su un canale speciale, e gli spaziali avevano modo di ascoltare notizie e musica e di fare delle chiacchierate con parenti e amici, passando così le lunghe ore tediose del volo. Adesso, in nome dell’economia, le trasmissioni erano alquanto limitate e consistevano soprattutto di propaganda della politica del governo.

Nessuno, a bordo della Kennedy, si disturbava ad ascoltare le stazioni del governo. La nave aveva una nastroteca sufficientemente completa di pellicole cinematografiche e di cassette di buona musica. Poiché si aveva a disposizione un’energia illimitata, c’era una discreta biblioteca di libri, ma una molto più grande di microfilm. Tuttavia una delle occupazioni preferite dall’equipaggio era quella di ascoltare le voci fredde e professionali degli spaziali che mandavano rapporti a Houston. Per lecomunicazioni più importanti, la Kennedy era fornita di uno spray, un congegno che condensava i messaggi verbali in scariche di energia di una frazione di secondo e li spediva alMINESPOVdove venivano registrati, ampliati, e decodificati. Nello stesso modo venivano ricevuti i messaggi della Kennedy, e solo J.J. aveva accesso al decodificatore. Grazie allo spray, si teneva informato sulle notizie più importanti.