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Dom guardò Jensen e si rese conto che non era ancora morto. La creatura che si stava contorcendo nell’agonia della morte non sembrava più un essere umano.

Dom esaminò in fretta il pannello dell’equilibramento della pressione e vide che era stata gettata solo una piccolissima parte del carico. Chiuse i fori di scarico e cominciò a guardare se Jensen avesse effettivamente manomesso i dispositivi di sicurezza del motore. In quel momento si aprì il portello, e piombarono dentro Neil e J.J.

— Tutto bene — disse Dom.

— Basta non aumentare l’energia finché non si siano fatte le necessarie riparazioni.

— Cos’è successo? — disse Neil.

— Stava buttando nello spazio la broda di J.J. — disse Dom. — Era un terrista.

Con un grido di apprensione, J.J. si precipitò a guardare il pannello e a controllare il contenuto della stiva. Quando vide che solo una minima parte del carico era andata persa, disse:

— Ancora una volta ti devo molto, Flash.

— Non l’ho fatto per salvare la tua brodaglia — disse Dom.

— L’ho fatto perché non volevo lasciare la mia vita e la vita degli altri nelle mani di un pazzo.

— Avrai quella promozione, Flash — disse J.J.

— Va’ al diavolo — disse Dom. — Tu e Art fate pulizia.

— Indicò il cadavere. — Aiuterò Neil a fare le riparazioni.

Ellen si mise al lavoro con Dom e Neil, e si dimostrò piuttosto brava con gli arnesi. Lavorando, Dom riuscì a non pensare alla follia di J.J. Quando ebbero finito, parecchie ore dopo, era stanco e sporco e non vedeva l’ora di farsi un bagno e una dormita di dieci ore. Stava proprio per mettersi a dormire, quando entrò nella sua cabina J.J., non invitato.

— Jensen è nella cella frigorifera — disse. — Ci sarà un’inchiesta, quando torneremo.

Dom annuì.

— Ho passato un po’ di tempo in cambusa, Flash.

Dom si tirò su a sedere. J.J. prese un vassoio da un carrello che era nascosto dietro le sue spalle, e porse a Dom una tazza di caffè.

— Zucchero? Panna? — gli chiese, tutto gentile.

Dom scosse la testa.

— Prova questo — disse J.J., alzando il coperchio di un vassoio d’argento sul quale c’erano pezzettini di qualcosa che somigliava molto al burro.

— Che roba è?

— Tu prova a mangiare. — J.J. prese un pezzetto di quella sostanza e se lo infilò in bocca.

Dom ne prese uno a sua volta e lo guardò. Era leggermente granuloso e al tatto era soffice come pane bianco. Lo assaggiò poco convinto, poi ne prese un bel boccone e lo masticò con aria pensierosa. Non somigliava a nessuna delle cose commestibili che conosceva; aveva un buon sapore, sano, dolce, gradevole.

— Adesso vuoi stare ad ascoltarmi un attimo, Flash? — disse J.J., con un gran sorriso.

— J.J. — disse Dom — devo ammettere che a questo punto ti sei guadagnato tutta la mia attenzione.

13

I carboidrati non saranno il cibo più sano, quando sono il punto centrale di una dieta, ma gli affamati non si preoccupano tanto di fare una dieta sana, quanto di riempire la pancia. I carboidrati sono utilizzabili facilmente dal corpo e hanno un alto contenuto energetico. Quando si mangiano carboidrati, il livello dello zucchero nel sangue sale immediatamente, e ci si sente subito più in forza.

In un primo tempo fu necessario il razionamento, ma, razionamento o no, quando tonnellate di carboidrati cominciarono a essere trasportate dalla Luna alla Terra per rimediare alla sempre maggiore scarsità di cibo, fu chiaro che nella battaglia contro la fame era stato raggiunto un traguardo importantissimo.

Le prime volte non si badò molto all’igiene. Piccole razioni di carboidrati vennero distribuite sia ai combattenti sia ai civili che non si facevano un problema della pulizia, ma si preoccupavano solo che il cibo, in forma di stecche mal tagliate, avesse un buon sapore.

In seguito, quando il paese cominciò a tornare alla normalità e le truppe del Fronte Unito di Shaw furono a poco a poco respinte nella California del sud e sterminate le razioni vennero racchiuse in involti igienici accuratamente pesate, ma distribuite però in abbondanza.

Quando l’ammiraglio Dominic Gordon tornò da Giove con un altro carico di materia prima, ormai negli Stati Uniti c’era già un governo in grado di funzionare al meglio. Piccoli quantitativi di materia prima potevano bastare per molto tempo, perché quel cibo era altamente nutritivo. Appena veniva scaricata dalla stiva della John F. Kennedy, l’atmosfera di Giove si trasformava in tonnellate e tonnellate di buon cibo.

L’industria spaziale incrementò la sua attività. I danni prodotti dalla guerra rallentarono la ripresa, ma lo spazio ormai era diventato un campo a cui si dava la precedenza assoluta. Vicino alla faccia nascosta della Luna si stava costruendo un’altra nave come la Kennedy. I piani di costruzione dell’astrocisterna furono dati ai governi della Gran Bretagna, del Giappone, della Germania e dell’Unione Sovietica, e nel giro di qualche mese anche questi paesi cominciarono a costruire astrocisterne. C’era un mucchio di spazio per costruirle vicino alla Luna.

Donare i piani di costruzione della Kennedy e distribuire gratistonnellate di carboidrati all’India, all’Africa e all’Asia fu un atto che il governo di Washington non compì senza prima essere sicuro di avere una contropartita. Nessuno dà niente per niente, e il prezzo fu imposto dal governo stesso, un governo deciso che funzionava con un Congresso che contava solo cinquantadue membri, uno per stato, in buona parte militari. La regola era che ogni paese industriale che voleva costruire un’ astrocisterna doveva prima istituire un programma molto rigido di controllo delle nascite. Nei paesi non industriali bisognosi di cibo, il governo doveva stabilire pene severe per chi non si atteneva alle regole del controllo demografico. La libertà di procreare fu definitivamente bandita, e quando succedeva che milioni di persone affamate protestassero, s’interrompevano gli invii di cibo, finché quelle stesse persone capivano l’antifona e obbedivano ai decreti del governo sul controllo delle nascite. Alla Borsa di New York,ititoli delle società produttrici di contraccettivi andarono alle stelle.

La democrazia parlamentare non era popolare, negli Stati Uniti. I politici, che per secoli si erano gingillati al governo senza risolvere nemmenoiproblemi più pressanti, furono rispediti a casa, a lavorare la terra e aiutare la ripresa dell’agricoltura, per la quale c’erano di nuovo speranze, ora che la manna proveniente dal cielo si era rivelata un eccellente fertilizzante. In realtà solo alcuni degli ex politici si diedero al lavoro manuale; la maggior parte di loro invece si misero in testa di fare il gentiluomo di campagna, e la cosa fece molto ridere quando venne raccontata alla stampa da J.J. Barnes, ministro dei Rifornimenti della Seconda Repubblica.

L’ammiraglio Gordon non era del tutto soddisfatto del nuovo governo di Washington, ma pensava che fosse il migliore che gli americani avessero avuto dall’epoca dell’ultimo dei Presidenti decisi, Harry Truman, che era stato in carica intorno alla metà del ventesimo secolo. Parlando con i suoi colleghi tradizionalisti, Dom aveva cominciato a coltivare la speranza che si potesse evitare una rigida dittatura militare e che sarebbe stato mantenuto un certo grado di libertà, da aumentarsi in futuro a poco a poco. Ma una cosa preziosa come il diritto di voto non sarebbe mai più stata estesa alla gente che viveva nell’ignoranza e nell’indolenza. Il diritto di voto sarebbe stato sì alla portata di tutti, ma ciascuno avrebbe dovuto guadagnarselo, e non con la ricchezza e la proprietà. Il diritto di voto avrebbe potuto essere esercitato solo da quelli che avessero dimostrato, tramite una prova scritta, di capire a fondo cosa significasse per un uomo libero scegliere. Il voto, in una parola, sarebbe stato di chi se lo meritava, e non un diritto concesso da Dio. Le elezioni in futuro non sarebbero state vinte dall’uomo più telegenico, né dall’uomo che doveva i suoi voti al fatto che suo padre e il padre dell’elettore erano da sempre populcratici.