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L’ammiraglio Neil Walters condusse la Kennedy su Giove per la terza volta, dopo avere completato il collaudo della seconda delle enormi astrocisterne. L’ammiraglio Gordon, a bordo della New Republic, la gemella della Kennedy, fece le corse con lui nel lungo tragitto fino al pianeta gassoso, e vide con piacere la vecchia nave battere la nuova di due ore e trentadue minuti.

Fu un lungo viaggio noioso quello per Dom, perché Doris era sulla Terra, a progettare un computer che avrebbe collegato gli elettori qualificati a un centro per referendum di Washington. Quando Dom tornò con la sua nave sulla Luna, negli Stati Uniti già dieci milioni di cittadini si erano qualificati elettori ed erano in condizioni di far sentire la loro voce su tutti i problemi, non solo su quello dell’elezione del Presidente. A poco a poco si stava instaurando una nuova forma di governo del popolo, fatta dal popolo stesso.

Quando andò incontro alla nave spola che aveva appena riportato Dom sulla Terra, Doris era in alta uniforme. A Dom parve più bella che mai, e quando l’abbracciò sollevandola da terra trovò deliziosa toccarla e sentire l’odore della sua pelle. Aveva un programma in mente, che riguardava solo lui e Doris. Non vedeva l’ora di stare con lei in pace, senza nessuno attorno. Pensò che in futuro, se lei non fosse partita, non sarebbe partito nemmeno lui.

— Cerca di darti un po’ più di contegno, ammiraglio — disse Doris, sistemandosi l’uniforme che lui le aveva stropicciato. — Ci stanno riprendendo.

Dom alzò gli occhi e vide l’occhio di una telecamera.

— Di nuovo? — disse.

— Questa è una trasmissione speciale — disse Doris. — È stata tolta la censura dai mass media. Adesso abbiamo di nuovo una stampa libera, e la Tv vuole preparare un documentario esauriente sul primo volo della Kennedy.

— Dopo disse Dom, prendendo Doris per un braccio e cercando di condurla via.

— Gli ordini dall’alto sono di collaborare — disse Doris.

— J.J.? — chiese. Lei annuì.

— Oh, cavoli — disse Dom. — Che si faccia intervistare lui. Dài andiamo a casa.

Ma fu bloccato da un’altra telecamera e da una giovane donna. — Ammiraglio Gordon, non vi porteremo via molto tempo.

— D’accordo — disse Dom.

— Dite.

— Vorremmo girare parte del film sul luogo della costruzione — disse la giovane donna. Nello spazio vicino alla Luna stavano costruendo una terza astrocisterna. — Potremmo girarlo dopo che avrete avuto il tempo di riposarvi dal viaggio…

— Oh, come siete buoni — disse Dom.

John Marrow, l’uomo che doveva intervistare Dom, gli si mise alle costole. — Immagino che vogliate sapere cosa appare nel documentario prima dell’intervista — disse. — Ci vorrà solo un minuto. — Piazzò davanti a Dom un monitor portatile.

Il documentario si apriva con alcune immagini d’effetto, delle foto a distanza ravvicinata di Giove. Sovrapposta a quello sfondo c’era la sagoma della Kennedy. La voce narrante, quella di Marrow, raccontava come fosse ridotto il mondo all’epoca del primo viaggio della Kennedy e come uomini e donne coraggiosi si fossero imbarcati su una nave non collaudata per portare a termine una missione destinata a cambiare il mondo.

— A questo punto arriva l’intervista — disse Marrow. — cominciamo. — Si rivolse alle telecamere. — E adesso si sta finendo di costruire una terza astrocisterna del tipo Kennedy, nello spazio vicino alla Luna. Abbiamo qui con noi l’uomo che ha progettato la prima Kennedy, un uomo che è appena tornato dalla sua terza spedizione su Giove. I suoi amici lo chiamano Flash Gordon.

— Voi non siete un mio amico — disse Dom. — Per voi sono l’ammiraglio Gordon.

— Tagliate — disse Marrow.

— Scusate, ammiraglio. Proviamo un’altra volta? — Terminò la sua introduzione. — E adesso, ammiraglio Gordon, potete dirci quali sono i risultati del vostro ultimo viaggio su Giove?

— Abbiamo portato a casa la pagnotta, come le altre volte — disse Dom.

— Un’espressione appropriata, ammiraglio, perché in un certo senso è esattamente quello che avete fatto, vero?

— L’ho appena detto.

— Perché la stiva della New Republic contiene abbastanza materia prima da fornire cibo a milioni di persone.

— Per essere esatti — disse Dom — la stiva contiene molte centinaia di migliaia di tonnellate di nube carbonigena, presa da quello strato gassoso del pianeta Giove che si trova a tremila atmosfere di pressione.

— Ammiraglio Gordon, torniamo adesso all’inizio, a quando voi e J.J. Barnes progettaste la prima Kennedy.

— J.J. non progettò affatto la nave — disse Dom. — Era l’organizzatore, ma il progetto di costruzione fu fatto da me e dalla mia squadra, che comprendeva Larry e Doris Gomulka…

— Tagliate — disse Marrow. — Torniamo a dove dico «torniamo all’inizio». Bene. Torniamo all’inizio, ammiraglio, a quando voi e la vostra squadra stavate progettando la costruzione della prima Kennedy. Ho sentito dire che ignoravate la vera funzione della nave. È così?

— Ci fu detto che c’era una nave aliena nell’atmosfera di Giove — disse Dom.

— È vero che solo uno o due uomini conoscevano il vero scopo della prima spedizione?

— Non so quanti ne fossero a conoscenza — disse Dom. — Certo J.J. Barnes era fra questi.

— Ma voi, ammiraglio, appena vi trovaste dentro l’atmosfera di Giove capiste subito che J.J. Barnes era un uomo lungimirante, dotato di grande acume e discernimento?

— Pensai che fosse pazzo — disse Dom.

— Certo non la penserete più così adesso, immagino — rise Marrow.

— Penso ancora che sia matto, ma un matto ispirato e molto fortunato. Ha giocato d’azzardo, e gli è andata bene. È stata una giocata molto fortunata, e dobbiamo molto a J.J.

— Dareste il vostro voto perché J.J. Barnes diventasse Presidente degli Stati Uniti?

— No — disse Dom.

— Tagliate — disse Marlow.

— Che cavolo di domanda è questa? — disse Dom.

— Non sapete che J.J. si presenta candidato per la Presidenza, alle prossime elezioni? — disse Marrow.

— No, non lo sapevo.

— Votereste per lui?

— No.

— Lasciate stare — disse Marrow. — Taglieremo in un secondo tempo. — Rifletté un attimo. — Siete un elettore qualificato, ammiraglio Gordon?

— Non ancora. Probabilmente dovrò farmi dare lezioni da mia moglie per superare la prova scritta.

Marrow stava per formulare un’altra domanda, quando Dom lo interruppe. — Ma cos’è, J.J. ha organizzato questa intervista perché esprimessi la mia stima per lui e il mio appoggio alla sua candidatura?

— Lasciate — disse Marrow. — Taglieremo in seguito. — Cambiò tattica. — In quanto progettista delle Kennedy e suo Comandante nel primo viaggio potreste, ammiraglio Gordon, spiegarci quello che alcuni definiscono un miracolo?

— Be’, in realtà non si è trattato di un miracolo — disse Dom. — È capitato al momento giusto, e questo l’ha fatto apparire un miracolo. La materia prima era là. Noi siamo riusciti semplicemente a costruire un’ astrocisterna capace di andare a raccoglierla. Ciò che la maggior parte della gente trova sconcertante è in realtà semplicissimo. Questo «miracolo» si ripete ogni giorno, sulla Terra. Quando l’aria è sovraccarica di vapore si condensa e cade in forma di precipitazione. Se si sovraccarica un’atmosfera con i dovuti quantitativi e i dovuti composti di carbonio e idrogeno, la precipitazione sarà costituita da carboidrati.