Una delle donne delle pulizie ha trovato The Worker infilato dietro una colonna e l’ha portato giù nella cripta mentre noi smontavamo dal primo turno di guardia.
— Sporchi comunisti — ha detto Bence-Jones. — Aiutano Hitler. Parlano contro il re, aizzano la gente nei rifugi. Traditori, ecco che cosa sono.
— Amano l’Inghilterra proprio come lei — ha detto la donna delle pulizie.
— Quelli non amano altri che se stessi, maledetti egoisti. Non mi sorprenderei se telefonassero a Hitler — ha detto Bence-Jones. — «Ciao, Adolf, ecco qui dove devi far lanciare le bombe».
Il bricco sul fornello a gas ha cominciato a fischiare. La donna delle pulizie si è alzata e ha versato l’acqua bollente nella teiera sbreccata, poi si è seduta di nuovo. — Anche se dicono quello che pensano, non significa che sarebbero capaci di bruciare San Paolo, vero?
— No, certo — ha detto Langby che stava scendendo la scala. Si è seduto e si è sfilato gli stivali, agitando le dita nelle calze di lana. — Chi non sarebbe capace di bruciare San Paolo?
— I comunisti — ha detto Bence-Jones, guardandolo diritto in faccia, e io mi sono domandato se anche lui sospettava di Langby.
Langby non ha battuto ciglio. — Non mi preoccuperei di loro, se fossi in te — ha detto. — Sono i crucchi, quelli che stanno facendo di tutto per bruciarlo, stanotte. Sei bombe incendiarie, finora, e per poco una non è finita in quel grosso buco sopra il coro. — Ha teso la tazza alla donna delle pulizie, e lei gli ha versato il tè.
Avrei voluto ucciderlo, schiacciarlo nella polvere e nei calcinacci sul pavimento della cripta, mentre Bence-Jones e la donna delle pulizie stavano a guardare impotenti e sbalorditi; avrei voluto ucciderlo e gridare a tutti gli altri: — Sapete che cosa hanno fatto i comunisti? — volevo urlare. — Lo sapete? Dobbiamo fermarlo! — Mi sono persino alzato per avvicinarmi a lui, e Langby era lì seduto con i piedi allungati e la giacca di asbesto ancora sulle spalle.
E poi il pensiero della Galleria invasa dalla luce dorata, il comunista che usciva dalla stazione della metropolitana con il pacco tenuto con noncuranza sotto il braccio mi hanno dato lo stesso senso di vertigine travolgente, carica di rimorso e d’impotenza; e mi sono seduto di nuovo sull’orlo della mia branda e ho cercato di pensare cosa dovevo fare.
Loro non si rendono conto del pericolo. Persino Bence-Jones, nonostante tutti i suoi discorsi sui traditori, crede che siano capaci soltanto di parlare contro il re. Loro non sanno, non possono sapere che cosa diventeranno i comunisti. Stalin è un alleato. Comunisti vuol dire Russia. Non hanno mai sentito parlare di Karinsky o della Nuova Russia o delle cose che trasformeranno «comunista» in un sinonimo di «mostro». Non lo sapranno mai. Quando i comunisti diventeranno quello che diventeranno, non ci saranno servizi antincendio. Soltanto io so cosa significa sentir pronunciare con tanta noncuranza il nome «comunisti» in San Paolo.
Un comunista. Avrei dovuto saperlo. Avrei dovuto saperlo.
22 dicembre — Di nuovo i doppi turni. Non ho dormito, e stento a reggermi in piedi. Questa mattina è mancato poco che cadessi nel buco, e mi sono salvato soltanto perché mi sono buttato in ginocchio. I miei livelli dell’endorfina oscillano all’impazzata, e so che ho bisogno di dormire un po’ al più presto, altrimenti diventerò uno dei morti ambulanti di cui parlava Langby; ma ho paura di lasciarlo solo sui tetti, solo nella chiesa con il suo dirigente comunista, solo dappertutto. Ho preso l’abitudine di sorvegliarlo anche quando dorme.
Se riuscissi a procurarmi una sostanza artificiale, credo che potrei indurre una trance, nonostante le mie condizioni. Ma non posso neppure uscire per andare in un pub. Langby è sempre sui tetti, in attesa dell’occasione buona. Quando tornerà Enola, devo convincerla a procurarmi il brandy. Mi restano soltanto pochi giorni.
28 dicembre — Enola è venuta stamattina mentre ero sotto il portico ovest a rialzare l’albero di Natale. Per tre notti consecutive lo spostamento d’aria l’ha abbattuto. Avevo raddrizzato l’albero e mi stavo chinando per raccogliere i fili d’argento quando all’improvviso Enola è uscita dalla nebbia come una santa sorridente. Si è curvata in fretta e mi ha dato un bacio sulla guancia. Poi si è raddrizzata, con il naso arrossato dal solito raffreddore e mi ha dato una scatola avvolta nella carta colorata.
— Buon Natale — ha detto. — Su, apri. È un regalo.
I miei riflessi erano andati quasi completamente. Sapevo che la scatola era troppo piatta per contenere una bottiglia di brandy. Comunque ho creduto che si fosse ricordata, che mi avesse portato la salvezza. — Sei un tesoro — ho detto, e ho strappato la carta.
Era una sciarpa. Di lana grigia. L’ho fissata per mezzo minuto buono senza capire cosa fosse. — Dov’è il brandy? — ho chiesto.
Lei c’è rimasta male. Il naso le è diventato ancora più rosso, e le si sono appannati gli occhi. — Hai più bisogno di questa. Non hai la tessera dell’abbigliamento e devi stare sempre all’aperto. Fa tanto freddo.
— Avevo bisogno del brandy — ho detto, rabbiosamente.
— Io volevo solo essere gentile — ha cominciato a rispondere lei, ma l’ho interrotta.
— Gentile? — ho detto. — Ti avevo chiesto il brandy. Non ricordo di aver mai parlato d’aver bisogno d’una sciarpa. — Gliel’ho ridata e ho incominciato a districare una fila di lampadine colorate che si erano rotte quando era caduto l’albero.
Ha assunto la stessa espressione da martire che riesce così bene a Kivrin. — Io sono in pensiero per te che stai sempre lassù — ha detto tutto d’un fiato. — Stanno cercando di far fuori San Paolo, lo sai. Ed è così vicino al fiume. Non pensavo che bevessi. È… è un delitto che tu non sappia badare a te stesso quando stanno cercando di ammazzarci tutti. È come se fossi d’accordo con loro. Ho tanta paura che un giorno salirò a San Paolo e non ti troverò più.
— Bene, e che cosa dovrei farmene di una sciarpa? Tenerla sopra la testa quando sganciano le bombe?
Lei ha girato sui tacchi ed è scappata via, è sparita nella nebbia grigia prima di aver disceso due gradini. Ho fatto per rincorrerla, continuando a tenere in mano la fila di lampadine rotte, sono inciampato e sono caduto fin quasi in fondo alla scalinata.
Langby mi ha rimesso in piedi. — Ti tolgo dai turni di guardia — ha detto con aria decisa.
— Non puoi fare una cosa simile — ho detto io.
— Oh, sì che posso. Non voglio morti ambulanti, sui tetti con me.
Ho lasciato che mi conducesse quaggiù nella cripta e mi preparasse una tazza di té e mi mettesse a letto. Era tutto premuroso. Non si capiva se era proprio ciò che stava aspettando. Starò qui sdraiato fino a quando suoneranno le sirene. Quando sarò sui tetti non potrà mandarmi via senza destare sospetti. Sapete che cosa ha detto prima di andarsene, con la giacca di asbesto e gli stivali di gomma, il bravo responsabile del servizio antincendio? — Voglio che dorma un po’. — Come se potessi dormire, con Langby sui tetti. Finirei bruciato vivo.
30 dicembre — Mi hanno svegliato le sirene, e il vecchio Bence-Jones ha detto: — Dovrebbe averti fatto bene. Hai dormito per tutto il giro dell’orologio.
— Che giorno è? — ho chiesto, prendendo gli stivali.
— Il ventinove — mi ha risposto lui e poi, mentre correvo verso la porta: — Non c’è fretta. Stanotte sono in ritardo. Forse non verranno neppure. Sarebbe una vera benedizione. C’è la bassa marea.
Mi sono fermato sulla porta della scala, aggrappandomi alla pietra fredda. — San Paolo è ancora intero?